Il Papa ribadisce la centralità di Cristo, vera Luce del mondo, nel giorno in cui si festeggiano i 500 anni dall’evangelizzazione delle Filippine
di Michele Brambilla
«In questa quarta domenica di Quaresima», rimarca Papa Francesco all’inizio dell’Angelus del 14 marzo, «la liturgia eucaristica inizia con questo invito: “Rallegrati, Gerusalemme…” (cfr Is 66,10). Qual è il motivo di questa gioia?». Il motivo «ce lo dice il Vangelo di oggi: Dio “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16)».
La nostra gioia è quindi lo stesso Cristo, che viene interpellato privatamente da un autorevole membro del Sinedrio, «Nicodemo», il quale, «come ogni membro del popolo d’Israele, attendeva il Messia, identificandolo in un uomo forte che avrebbe giudicato il mondo con potenza. Gesù invece mette in crisi questa aspettativa presentandosi sotto tre aspetti: quello del Figlio dell’uomo esaltato sulla croce; quello del Figlio di Dio mandato nel mondo per la salvezza; e quello della luce che distingue chi segue la verità da chi segue la menzogna».
Il Papa analizza il primo epiteto: «il testo allude al racconto del serpente di bronzo (cfr Nm 21,4-9), che, per volere di Dio, fu innalzato da Mosè nel deserto quando il popolo era stato attaccato dai serpenti velenosi; chi veniva morso e guardava il serpente di bronzo guariva». Passando dalla figura veterotestamentaria alla realtà del Nuovo Testamento, «analogamente, Gesù è stato innalzato sulla croce e chi crede in Lui viene sanato dal peccato e vive», nel senso che ha la vita eterna.
Venendo al secondo epiteto, il Pontefice ricorda che «Dio Padre ama gli uomini al punto da “dare” il suo Figlio: lo ha dato nell’Incarnazione e lo ha dato nel consegnarlo alla morte. Lo scopo del dono di Dio è la vita eterna degli uomini: Dio infatti manda il suo Figlio nel mondo non per condannarlo, ma perché il mondo possa salvarsi per mezzo di Gesù» morto e risorto. Segue, poi l’analisi del terzo, “luce”: «dice il Vangelo: “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce” (Gv 1,19). La venuta di Gesù nel mondo provoca una scelta: chi sceglie le tenebre va incontro a un giudizio di condanna, chi sceglie la luce avrà un giudizio di salvezza. Il giudizio sempre è la conseguenza della scelta libera di ciascuno: chi pratica il male cerca le tenebre, il male sempre si nasconde, si copre. Chi fa la verità, cioè pratica il bene, viene alla luce, illumina le strade della vita».
La Chiesa percorre instancabilmente il mondo intero per annunciare la Luce che illumina ogni uomo. Il Papa celebra in mattinata una Messa in S. Pietro per i pellegrini provenienti dalle Filippine. Si commemorano, infatti, i 500 anni dall’evangelizzazione dell’arcipelago asiatico. L’occasione è propizia per ribadire che il cattolico è intrinsecamente missionario. Una missione da condurre opportune et importune, senza condizionamenti e senza pigrizia, come il Santo Padre ammonisce nell’omelia. Francesco riserva un saluto speciale ai filippini anche durante l’Angelus.
Venerdì prossimo sarà la festa di san Giuseppe, proprio nell’Anno dedicato allo sposo di Maria. Il 19 marzo segnerà l’inizio anche dell’anno dedicato alla riflessione su Amoris laetitia: «invito a uno slancio pastorale rinnovato e creativo per mettere la famiglia al centro dell’attenzione della Chiesa e della società. Prego perché ogni famiglia possa sentire nella propria casa la presenza viva della Santa Famiglia di Nazaret, che ricolmi le nostre piccole comunità domestiche di amore sincero e generoso, fonte di gioia pur nelle prove e nelle difficoltà».
Il Papa non dimentica il decennale della guerra in Siria, che ebbe inizio nel marzo 2011: «dieci anni fa iniziava il sanguinoso conflitto in Siria, che ha causato una delle più gravi catastrofi umanitarie del nostro tempo: un numero imprecisato di morti e feriti, milioni di profughi, migliaia di scomparsi, distruzioni, violenze di ogni genere e immani sofferenze per tutta la popolazione, in particolare per i più vulnerabili, come i bambini, le donne e le persone anziane. Rinnovo il mio accorato appello alle parti in conflitto, affinché manifestino segni di buona volontà, così che possa aprirsi uno squarcio di speranza per la popolazione stremata. Auspico altresì un deciso e rinnovato impegno, costruttivo e solidale, della Comunità Internazionale, in modo che, deposte le armi, si possa ricucire il tessuto sociale e avviare la ricostruzione e la ripresa economica». Il Pontefice fa immediatamente pregare un’Ave Maria per il popolo siriano.
Lunedì, 15 marzo 2021