Francesco: «Io sono con il popolo ucraino Non si parla abbastanza del suo martirio»
Una croce missionaria, un libro di preghiere e una corona del Rosario. Erano di padre Ivan Levytskyi e padre Bohdan Haleta, i due sacerdoti redentoristi in mano russa dal novembre 2022 quando sono stati arrestati a Berdyansk, città occupata nella regione di Zaporizhzhia. L’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, li dona a papa Francesco. «Testimoniano – spiega – la sofferenza della nostra Chiesa e del suo popolo di fronte agli orrori della guerra causata dall’aggressione russa. Come tesoro inestimabile, dicono anche la speranza che presto giunga una pace giusta in Ucraina ». Il gesto conclude l’udienza del Pontefice ai vescovi che partecipano al Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina. È il secondo al tempo di guerra, convocato quest’anno a Roma. Quarantacinque i presuli presenti in Italia. Le bombe dettano l’agenda dei lavori, come evidenzia il tema dell’assemblea: “L’assistenza pastorale delle vittime della guerra”. Ieri l’incontro con Francesco. «Io sono con il popolo ucraino», dice il Papa ribadendo ancora una volta la sua vicinanza alla nazione sotto attacco da diciannove mese. Un “abbraccio” testimoniato anche al termine dell’udienza generale in piazza San Pietro accennando alla Natività di Maria che si celebra domani: «A lei, donna della tenerezza, affidiamo le sofferenze e le tribolazioni della cara e martoriata Ucraina». Non ci sono dubbi sulla posizione di Francesco. Ecco perché, spiega ai presuli ucraini, «il fatto che abbiate dubitato con chi sia il Papa è stato particolarmente doloroso per il popolo ucraino». Era inevitabile che si facesse riferimento alle frasi sulle figure dell’imperialismo russo (Pietro il Grande e Caterina II) e all’invito ai giovani russi – durante un videocollega-mento – a non dimenticarsi di essere eredi del patrimonio culturale della “Grande madre Russia”. «I nostri vescovi – sottolinea Shevchuk – hanno affermato che alcune dichiarazioni e gesti del Papa e della Santa Sede sono dolorosi e difficili per un popolo che lotta per la dignità e l’indipendenza». Non solo. Le incomprensioni tra Ucraina e Santa Sede «vengono utilizzate dalla propaganda russa per giustificare e sostenere l’ideologia omicida del “mondo russo” ». Chiarisce il Pontefice: «Di ritorno dalla Mongolia ho detto che il vero dolore è quando il patrimonio culturale di un popolo è sottoposto alle manipolazioni da parte di un certo potere statale, a seguito delle quali esso si trasforma in un’ideologia che distrugge e uccide». Fin dall’inizio del con-flitto, il Papa è accanto alla gente sotto i missili. A cominciare dai più piccoli, fa sapere citando quelli incontrati alle udienze. «Loro ti guardano e hanno dimenticato il sorriso». E aggiunge: «Questo è uno dei frutti della guerra: togliere il sorriso ai bambini».
Un’attenzione confermata dall’impegno vaticano a restituire alle famiglie i ragazzi “deportati” in Russia. È una delle linee d’azione della missione di pace del cardinale Matteo Zuppi di cui i vescovi ucraini ringraziano il Papa. Nelle due ore di colloquio Francesco confida il suo dolore per il senso di impotenza davanti alla guerra. «Una cosa del diavolo, che vuole distruggere», ammonisce. E riafferma i suoi sentimenti di partecipazione alla tragedia che vivono gli ucraini, con una «dimensione di martirialità » di cui non si parla abbastanza, sottoposti a crudeltà e criminalità. Per ribattere alla logica delle armi, c’è bisogno di più preghiera. Così, rispondendo a una richiesta emersa nell’incontro, il Papa annuncia che nel mese di ottobre, soprattutto nei santuari di tutto il mondo, si dedichi la preghiera del Rosario alla pace, in particolare alla pace in Ucraina.
Sono gli stessi pastori a raccontare i drammi delle loro comunità e a ringraziarlo per il suo costante sostegno all’Ucraina a livello internazionale e per le sue azioni umanitarie. Come la “mediazione” per la liberazione dei prigionieri di guerra, altro ambito dell’iniziativa del presidente della Cei (che ha già fatto tappa a Kiev, Mosca e Washington e che prossimamente sarà a Pechino). Fra loro i due preti catturati i cui sono nomi sono stati messi in diverse liste per lo scambio ma senza esito. Un tema richiamato dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, nel suo intervento al Sinodo in cui ha ricordato come gli appelli e i gesti «ripetuti e significativi » del Papa rendano «ingiusto dubitare del suo affetto per il popolo ucraino e del suo sforzo, non sempre compreso e apprezzato, di contribuire a porre fine alla tragedia in atto e ad assicurare una pace giusta e stabile attraverso il negoziato».
Venerdì, 8 settembre 2023
da Avvenire on-line di giovedì, 7 settembre 2023