di Michele Brambilla
Domenica 3 giugno, Papa Francesco inizia il discorso alla recita dell’Angelus ricordando che «oggi in molti Paesi, tra i quali l’Italia, si celebra la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, o, secondo la più nota espressione latina, la solennità del Corpus Domini», mentre altrove (per esempio in Spagna, in Polonia, in gran parte dell’America Latina e nello Stato del Vaticano stesso) questo è avvenuto nella data tradizionale, ovvero il giovedì successivo la SS. Trinità.
Come accade ormai da due anni, il Papa aderisce in toto al calendario liturgico italiano, riformato nel 1977. Il beato Paolo VI (1897-1978) introdusse la modifica del calendario con queste parole, pronunciate in San Paolo fuori le Mura il 12 giugno di quello stesso anno: «noi celebriamo oggi la festa del “Corpus Domini”, non già nel giorno che le era tradizionalmente prefisso […], e ciò per uniformare a quello civile il nostro calendario liturgico; ma dichiariamo subito che questo spostamento di ricorrenza puramente cronologica, reso opportuno anche in Italia, non vuole e non deve minimamente significare una diminuzione del culto alla santissima Eucaristia».
Si perdeva il parallelismo Giovedì Santo-giovedì del Corpus Domini, ma si guadagnava una sottolineatura ancora più potente del momento centrale della settimana del cristiano, la Messa domenicale. Papa Francesco rammenta ai fedeli del 2018 che «ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, mediante questo Sacramento così sobrio e insieme così solenne, noi facciamo esperienza della Nuova Alleanza, che realizza in pienezza la comunione tra Dio e noi. E in quanto partecipi di questa Alleanza, noi, pur piccoli e poveri, collaboriamo a edificare la storia come vuole Dio».
Una comunità che celebra l’Eucaristia assume inevitabilmente l’obbligo di darLe testimonianza anche nelle situazioni più difficili, motivo per cui il Pontefice si reca, poche ore dopo l’Angelus, a celebrare la Messa del Corpus Domini in una delle periferie più tribolate della città di Roma, Ostia, un tempo porto dell’impero romano, oggi sinonimo di mafia e corruzione. Gesù non si occupa solo della salvezza eterna, ma nella Messa «[…] ci prepara un posto quaggiù, perché l’Eucaristia è il cuore pulsante della Chiesa, la genera e la rigenera, la raduna e le dà forza».
Cristo «[…] non predilige luoghi esclusivi ed escludenti. Egli ricerca posti non raggiunti dall’amore, non toccati dalla speranza» in cui appaia ancora più chiaro che «l’Eucaristia è un alimento semplice, come il pane, ma è l’unico che sazia, perché non c’è amore più grande». Gesù ci chiede di entrare nei cenacoli delle nostre città per uscirne, poi, ancora più radicati nel mandato missionario. «Al termine della Messa, saremo anche noi in uscita. Cammineremo con Gesù, che percorrerà le strade di questa città. Egli desidera abitare in mezzo a voi. Vuole visitare le situazioni, entrare nelle case, offrire la sua misericordia liberatrice, benedire, consolare» sia di persona per mezzo dell’ostensorio, sia nella quotidianità tramite le persone dei suoi discepoli.