Da La bianca Torre di Ecthelion del 23/12/2017. Foto da articolo
“I regali te li porta Babbo Natale o Gesù Bambino?”. L’imbecillità del nostro mondo molesta i nostri figli tutti gli anni in Avvento. Bene inteso, “Avvento” lo diciamo noi giacché l’imbecillità ignora il calendario liturgico, accorgendosi che è maturo il tempo solo quando i negozi sono aperti la domenica e le strade più intasate. Ma, sia come sia, la guerra civile del Natale torna puntuale ogni dicembre.
Partiamo dal principio, i regali. In dicembre se ne scambiavano già gli antichi Romani che, tra il 17 e il 24, celebravano i Saturnalia, le feste del dio Saturno precedenti il giorno del Sol Invictus, il 25. Come racconta Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.), a istituire lo scambio dei doni fu il re dei Sabini Tito Tazio (morto attorno al 745 a.C.), quello che per cinque anni regnò sui Romani assieme al loro primo sovrano, Romolo, in seguito al famoso ratto delle donne che di fatto fuse i due popoli. Lo fece per augurare il bene con l’omaggio (religioso) di un ramoscello colto nel bosco sacro a Strenia (o Strenua), dea della prosperità e del buon auspico, da cui il sostantivo “strenna”. I cristiani hanno fatto però molto di più. Guidati dalla Stella, gli umili (i pastori) e i potenti (i magi) si sono inchinati al vero Dio fattosi uomo nella grotta di Betlemme donando i propri tesori: armenti i pastori, e oro, incenso, mirra i magi. Il gesto del vassallaggio al re dei re è, nel profondo, il dono di sé al Dio vero incarnato. Dando sé a Dio, l’uomo corrisponde a Dio il quale all’uomo dà il proprio Figlio sino alla morte in Croce. Gli uomini che si scambiano doni a Natale si ridonano a Dio riconoscendo Gesù nel prossimo. La guerra civile dei grandi magazzini non c’entra, ma vediamone lo stesso i combattenti.
Anzitutto Babbo Natale, che va liberato dalla schiavitù del “buone feste”. È infatti un grande santo, un grande vescovo. La sua tradizionale livrea rossa è il manto dei successori degli Apostoli. Nacque nel 270 in Licia, che oggi è parte della Turchia, con il nome di Nicola. Fu vescovo di Myra (oggi Demre) dove morì nel 343, il 6 dicembre, data fissata dalla Chiesa per la sua memoria liturgica (allora, vigente il calendario giuliano, era il 19). Quando i suoi facoltosi genitori morirono di peste, Nicola distribuì le ricchezze ai poveri diventando l’“uomo dei doni a dicembre”. Si narra che abbia pure risuscitato tre bambini, uccisi da un oste per essere divorati. Per questo nel Medioevo è diventato l’uomo che in Avvento porta i regali ai più piccoli, proprio il 6 dicembre.
Diffusasi parecchio nell’Europa Settentrionale, questa pia tradizione dicembrina ha trasformato il nome di san Nicola nel fiammingo “Sint Nikolaas”, familiarmente abbreviato in “Sinter Klaas” e quindi divenuto, in forma anglicizzata, Santa Claus. Cosa ne abbia poi fatto la Coca Cola o chi per essa è tutt’altro affare. Tant’è che il “Babbo Natale vescovo” con tanto di mitria e pastorale gira ancora nelle strade di mezza Europa a incontrare i bambini, persino nel Benelux postcristiano e nella Londra secolarizzata. Per inciso, le persecuzioni islamiche hanno sfrattato san Nicola dall’Anatolia e le sue reliquie sono giunte nel 1087 a Bari, nella cui cattedrale sono venerabili proprio come lo sono quelle dei magi nella cattedrale di Cologna, in Germania.
Veniamo al secondo combattente di questa guerra civile. Non tutti sanno che l’usanza del Gesù Bambino portatore dei regali a Natale è protestante. Nacque da Martin Lutero (1483-1546) che bollò d’idolatria il culto cattolico e medioevale dei santi, spostando la data dei doni ai bambini in dicembre dal 6 al 25 e sostituendo san Nicola. Al suo posto, il fondatore del protestantesimo inventò la figura del Christkind, il “Cristo Bambino” (o “Bambino cristico”), detto anche Christkindl (in tedesco kindl è un diminutivo un po’ vezzeggiativo di kind, qualcosa tipo “bambinello”). Originariamente parrebbe una sorta di spirito angelico né maschio né femmina (kind è di genere neutro) che rende più o meno l’idea della personificazione del Natale, ma presto è stato sovrapposto proprio al Pargolo divino della mangiatoia. Tant’è che, pur diffuso soprattutto nelle aree di lingua tedesca e nella Mitteleuropa, il Christkind protestante ha trovato sponde favorevoli anche nei Paesi latini dove senza esitazione viene tradotto con “Gesù Bambino” e dove, a partire dall’Ottocento, si è imposto anche tra i cattolici. Bene inteso, Gesù Bambino è assai più antico del protestantesimo, attestato abbondantemente nella devozione e nell’iconografia. Ma il suo arruolamento come spirito del Natale elargitore di regali ai piccoli meritevoli è opera recente, luterana e in sé anticattolica.
E questo, infine, ci riporta al principio, i regali. Non vi è alcuna ragione religiosa per cui i nostri bambini debbano preferire quelli di Gesù Bambino a quelli di “Babbo Natale”. Quel che va preferito sempre è dire religiosamente la verità ai bambini, dando anche a noi stessi una occasione in più per ascoltarla: e cioè che il vero regalo di Natale è il vero Dio che ogni 25 dicembre rinasce vero uomo per gli uomini; che ogni 25 dicembre noi siamo il più prezioso regalo di compleanno che possiamo fare e che facciamo al vero Dio fattosi vero uomo; e che i doni che troviamo accanto al presepe e sotto l’albero sono il gesto con cui noi uomini veniamo abbracciati nel giorno del Suo compleanno da altri uomini che vedono in noi l’immagine e la somiglianza con il vero Dio fattosi vero uomo. Poi l’unico vero Dio che ogni Natale diventa vero uomo riconoscerà i suoi.
Marco Respinti