Di Andrea Morigi da Libero del 04/09/2024
Un tribunale venezuelano ha emesso ieri un mandato di cattura nei confronti dell’ex candidato presidente dell’opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia, accogliendo la richiesta della procura generale, arrivata nel quadro di un’indagine penale sui risultati delle presidenziali dello scorso luglio. Gonzalez, ex diplomatico, è accusato di diversi reati, come cospirazione, falsificazione di documenti e usurpazione di poteri. L’opposizione ha rivendicato la vittoria alla presidenziali mostrando l’80% dei certificati elettorali, mentre il regime di Caracas ha sancito la rielezione dell’attuale capo di Stato, Nicolas Maduro, senza presentare le prove. Il mandato di cattura è stato chiesto dopo che per la terza volta Gonzalez non si era presentato per rispondere alle domande del procuratori. L’ex diplomatico, 75 anni, non è più apparso in pubblico dal giorno successivo alle elezioni e vive in clandestinità per non finire in carcere come altri duemila oppositori (fra cui più di venti italiani). Il suo avvocato, Josè Vicente Haro, in un’intervista rilasciata all’emittente colombiana W Radio, assicura che l’ipotesi di chiedere asilo «non è contemplata in nessun modo», in quanto la decisione «personale» presa da Gonzalez Urrutia è quella di «proteggersi» ma di «rimanere in territorio venezuelano, per poter difendere» causa sostenuta dalla «maggioranza dei venezuelani». Una scelta «a mio giudizio molto valorosa a ammirabile», ha sottolineato Haro: «Adesso, entrare in un’ambasciata straniera in qualità di ospite, significherebbe affidarsi a un tipo di protezione che lo allontanerebbe dai venezuelani. Al contrario, il suo maggior desiderio è quello di rimanere a stretto contatto con il popolo», ha sottolineato l’avvocato. La persecuzione giudiziaria contro l’esponente dell’opposizione non fa che accrescere l’isolamento internazionale intorno al regime di Maduro. In una dichiarazione congiunta, sette Paesi dell’America latina (Argentina, Costa Rica, Guatemala, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana e Uruguay) hanno condannato l’azione repressiva del governo di Caracas, seguiti dagli Stati Uniti. «Le accuse emesse nei suoi confronti sono false: il presidente Nicolas Maduro vuole mantenere il potere con la forza», ha detto il coordinatore per le comunicazioni strategiche al Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby, durante un briefing con la stampa., aggiungendo che le azioni del governo di Caracas «avranno conseguenze: stiamo valutando varie opzioni». «In Venezuela è in atto un tentativo di soffocare la libertà», ha ribadito il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ieri ha fatto convocare alla Farnesina l’incaricata d’affari dell’ambasciata di Caracas a Roma, occasione durante la quale particolare attenzione è stata dedicata ai detenuti di cittadinanza italiana, confermando la viva aspettativa di protezione e garanzia di accesso consolare. In un delirio di onnipotenza, il dittatore venezuelano ieri è arrivato ad annunciare di aver anticipato per decreto il Natale al primo ottobre. Lo ha comunicato durante una diretta trasmessa dalla tv nazionale, per sfidare la Chiesa cattolica, dopo che due cardinali venezuelani, Baltazar Porras e Diego Padròn, che vivono all’interno del Paese, hanno denunciato i meccanismi che il regime sta usando per negare la sconfitta elettorale. «Siamo già a settembre e c’è aria di Natale. Sì, c’è aria di Natale e per questo, in omaggio e ringraziamento a tutti voi, vi annuncio che decreterò di spostare questa festività al primo ottobre. Sarà Natale per tutte e tutti il primo ottobre. È arrivato Natale con pace, felicità e sicurezza», ha detto Maduro. Non si tratta della prima iniziativa del genere: nel 2020 il presidente aveva annunciato per il 15 ottobre l’inizio delle festività e nel 2021 lo aveva anticipato al 4 ottobre. Prima di Natale, il governo venezuelano è solito intensificare gli aiuti e i bonus, soprattutto attraverso la distribuzione di pacchi alimentari, pratica iniziata negli anni peggiori della crisi economica.