di Francesca Morselli
Ristudiando le avanguardie artistiche del Novecento nella V liceo in cui insegno, mi sono imbattuta in un quadro interessante di René Magritte (1898–1967), La condizione umana, che ha suscitato un vivo interesse tra i miei allievi soprattutto sull’interpretazione di un suo possibile significato.
Magritte lo ha dipinto nel 1933. Raffigura una finestra da cui si vedono un paesaggio collinare, un albero e un cielo azzurro costellato da spumeggianti nubi bianche. Guardando meglio, ci si accorge che, davanti a questa finestra, c’è un cavalletto che sostiene una tela su cui sono dipinti un albero, il paesaggio e le nuvole che continuano la visione dalla finestra. Quello che si vede, quindi, è ciò che viene rappresentato sulla tela, non quello che si vede effettivamente dalla finestra.
Un inganno duplice, insomma: già non si sa se l’immagine dipinta vista dalla finestra (il paesaggio collinare) corrisponda alla realtà, in più una barriera ulteriore (la tela dipinta) allontana ancora più lo spettatore dal reale possibile.
A proposito di questo quadro Magritte scrisse: «Misi di fronte a una finestra, vista dall’interno d’una stanza, un quadro che rappresentava esattamente la parte di paesaggio nascosta alla vista del quadro. Quindi l’albero rappresentato nel quadro nascondeva alla vista l’albero vero dietro di esso, fuori della stanza. Esso esisteva per lo spettatore, per così dire, simultaneamente nella sua mente, come dentro la stanza nel quadro, e fuori nel paesaggio reale. Ed è così che vediamo il mondo: lo vediamo come al di fuori di noi anche se è solo d’una rappresentazione mentale di esso che facciamo esperienza dentro di noi».
L’idea del pittore è quella di analizzare il confine tra realtà e rappresentazione, pittura e materialità, sogno e realtà: i temi, cioè, cari al surrealismo, il movimento artistico nato nel 1923 a Parigi grazie al poeta, saggista e critico d’arte francese André Breton (1896-1966), e basato proprio sulla psicanalisi e sull’inconscio.
Per questo quadro si sono spese molte parole e sono state avanzate molte interpretazioni, giungendo addirittura ad adombrare l’idea di una ripresa della rappresentazione prospettica dell’architetto fiorentino Filippo Brunelleschi (1377-1446) e a citare per affinità il pensiero artistico dello scrittore irlandese Oscar Wilde (1854-1900). Per i i miei alunni, però, la tela contiene un insegnamento più contemporaneo e diretto. I ragazzi hanno infatti associato La condizione umana alla propria esperienza quotidiana: non tutto quello che viene rappresentato è riconducibile alla rappresentazione del reale. Immediata la connessione tra questo dipinto paradossale e le immagini cui i giovani sono abituati attraverso i social media.
Come nel quadro di Magritte, anche noi oggi, vedendo immagini su Instagram o su Facebook, ci dovremmo chiedere se quello che viene rappresentato sia la realtà o una finzione che ci sottrae al reale per introdurci a una mistificazione.
Ecco che quindi il quadro di Magritte diventa subito attuale, quasi profetico, grazie a degli studenti che, semplificando i concetti, riescono a trovare un riscontro tra ciò che studiano e la propria quotidianità. Sono questi gli stimoli che rendono interessante la vita dell’insegnante.
Sabato, 27 luglio 2019