Lo stile è l’insieme dei vari modi e aspetti che ci caratterizzano nel mostrarci e nell’esprimerci. Vale anche nel continente digitale, che è popolato da persone reali. Qualche indicazione, tra il serio e il faceto (ma con stile).
di Stefano Chiappalone
Con il termine «stile» il vocabolario online Treccani intende, tra le varie accezioni, un «particolare modo dell’espressione letteraria, in quanto siano riconoscibili in essa aspetti costanti (nella maniera di porsi nei confronti della materia trattata, di esprimere il pensiero, nelle scelte lessicali, grammaticali e sintattiche, nell’articolazione del periodo, ecc.), caratteristici di un’epoca, di una tradizione, di un genere letterario, di un singolo autore».
Lo stile è l’insieme dei vari modi e aspetti che ci caratterizzano nel mostrarci e nell’esprimerci, prima ancora che nell’agire, e come tutte le espressioni estetiche esprime e al contempo plasma la nostra personalità. Nell’accezione letteraria è ciò che rende riconoscibile una penna dall’altra, per cui lo stile del tale scrittore è differente dal talaltro; similmente nel campo delle arti visive. Il termine assume comunemente un’accezione positiva: si dice infatti che la tale persona «ha stile» (per esempio nel vestirsi). Poiché nessuna attività è neutra, o non del tutto, esso è richiesto per qualificare anche lo studio o il lavoro. Esistono dunque i cosiddetti “manuali di stile”, utili a chi deve compilare una tesi o chi deve pubblicare un testo, non importa se letterario o scientifico, se in veste di autore o di curatore.
Ora, dal momento che al giorno d’oggi si riscontra la curiosa situazione per cui l’evolversi della tecnologia ci ha resi tutti scrittori e tutti a diretto (benché virtuale) contatto con i propri lettori, appare quanto mai opportuno e urgente redigere un “manuale di stile” sui social, che si possa almeno sintetizzare nelle brevi considerazioni a seguire, e sempre valido quali che siano le scelte e l’uso che ne fa ciascuno, non importa se professionale o impegnato sul piano civico-culturale e persino religioso o soltanto ludico.
La prima regola per chi scrive è… saper scrivere: non dico di controllare i refusi anche per un semplice post, ma che almeno – perbacco! – ci si esprima con frasi di senso compiuto. Correlata a questa è la raccomandazione di evitare quelle forme di comunicazione tipicamente infantili o adolescenziali e disgraziatamente invalse anche tra gente in età da pensione, che consistono nell’uso di «ke» o «x» in luogo di «che» e «per», e massime l’aborrita simbiosi «xké» in luogo di «perché». Dio ci scampi altresì da quei post la cui grammatica scarsa è compensata dal brulicar di cuoricini (ammissibili solo come reazione al posto dell’impersonale «like» e comunque in quantità misurata e tra persone che nutrono vicendevole confidenza).
Nel gestire la propria bacheca si eviti la produzione seriale di contenuti al ritmo di decine al giorno, come sogliono fare alcuni: lo suggeriscono ragioni tecniche, giacché il successivo finisce per oscurare il precedente; nonché ragioni di decoro, affinché il vostro pubblico non abbia a convincersi che la vostra giornata sia interamente vuota e oziosa. Si mantenga un certo stile (per l’appunto) anche riguardo ai contenuti fotografici. A titolo esemplificativo e non esaustivo, la fine dell’estate ha il merito di spazzar via il flagello delle “foto dei piedi in riva al mare”: si eviti parimenti l’analogo flagello autunnale con i calzettoni a righe.
Nell’interagire con gli altrui profili si tenga in conto il tono e il “genere letterario” di questi ultimi. Lo stile non consiste sempre e solo nel parlare dei massimi sistemi, ma nell’esprimersi secondo ciò che si va a commentare. Se il nostro amico pubblica un post improntato a garbata ilarità (opera meritoria nell’epoca in cui troppi si prendono sul serio) si eviti di appesantire i toni cercando l’erudizione o la polemica laddove non è richiesta. Se non siete interessati passate oltre: non vi ha prescritto il medico di intervenire semper et ubique.
Specialmente sulle bacheche altrui i commenti siano – generalmente – pochi e misurati: a una risposta si può replicare ulteriormente e poi basta: si prosegua in privato. I recidivi saranno considerati logorroici, salvo un particolare livello di confidenza che ci lega all’interlocutore. Anche nei contesti più “impegnati” o infuocati si eviti in ogni caso di intervenire bacchettando o polemizzando a gamba tesa, peggio ancora se lo si fa con altri commentatori (che magari neanche conosciamo): cosa pensereste se i vostri ospiti a cena si azzuffassero tra loro sotto i vostri occhi, dimenticando persino di non essere in casa loro?
La “sindrome della maestrina con la penna rossa” è infatti una delle patologie più diffuse e capaci di rovinare antichi rapporti d’amicizia persino tra coloro che si stimano al di qua dello schermo. Tra le sue manifestazioni vi è la tendenza a intervenire deliberatamente laddove si sa già di essere in dissenso, allo scopo di istigare nell’autore di un post o di un commento risposte piccate e virulente. Altrimenti detto: a cercare la rissa. Una variante specifica si riscontra in coloro che vanno commentando appositamente sulle pagine di giornali o partiti o personaggi che detestano, finendo per non convincere nessuno, ma ottenendo quale unico risultato di farsi mandare a quel proverbiale “Paese” in cui nessuno vuole andare…
Si rispetti altresì l’ammonizione “evangelica” (benché apocrifa): «Non taggare se non vuoi essere taggato»: altra funzione di cui si è soliti abusare a sproposito, nella speranza (il più delle volte vana) che il tag richiami l’attenzione. Spesso è invece il modo migliore perché il taggato passi oltre e non trovi tempo per leggervi.
Quale regola generale, a conclusione di queste note (solo in apparenza facete), ci si figuri di parlare e interagire come se andassimo fisicamente a trovare l’interlocutore, mai dimenticando che il continente digitale è popolato da persone reali – che, in quanto tali, detestano di ricevere nel loro salotto ospiti pedanti o logorroici o in vena di correggerli, apprezzandone piuttosto il rispetto, la cortesia e (appunto) lo stile.
Sabato, 24 settembre 2022