Paolo Martinucci, Cristianità n. 343-344 (2007)
Marco Invernizzi (a cura di), 18 aprile 1948. L'”anomalia” italiana, Ares, Milano 2007, pp. 360, € 22,00. Eugenio Guccione (a cura di), I cattolici, la Sicilia, il 18 aprile 1948, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2006, pp. 164, € 14,00
Con le elezioni politiche del 18 aprile 1948 — che registrarono la sconfitta del Fronte Democratico Popolare e la clamorosa affermazione della DC, la Democrazia Cristiana — l’Italia fece una scelta di civiltà, restando ancorata ai valori occidentali e cristiani. Due convegni hanno voluto ricordare tale evento epocale. Il primo, organizzato dall’ISIIN, l’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale, e dall’Istituto di Storia Moderna e Contemporanea dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con il titolo Milano e il 18 aprile 1948. Chiesa, forze politiche e società civile, si è svolto a Milano il 3 e 4 dicembre 2004; il secondo ha avuto luogo a Palermo, per iniziativa della Facoltà Teologica di Sicilia, il 9 novembre 2005. Gl’interventi, rielaborati e rivisti dagli autori, sono stati raccolti in due volumi: 18 aprile 1948. L’”anomalia” italiana, a cura di Marco Invernizzi, e I cattolici, la Sicilia, il 18 aprile 1948, a cura di Eugenio Guccione.
Nella Presentazione (pp. 7-8) di 18 aprile 1948. L’”anomalia” italiana, Invernizzi, presidente dell’ISIIN e studioso della storia del movimento cattolico italiano, indica la necessità di avviare la riflessione su un avvenimento d’importanza fondamentale, di cui però la DC, che ne trasse giovamento, “[…] sembrò come vergognarsi” (p. 7). La tesi è condivisa da Ettore Adalberto Albertoni, presidente del Consiglio Regionale della Lombardia e professore ordinario di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università degli Studi dell’Insubria (Varese-Como), il quale afferma nell’Introduzione (pp. 9-12) che la sconfitta elettorale del socialcomunismo “[…] è stata volutamente trascurata o rimossa” (p. 10).
Nella prima parte — Premesse e quadro generale (pp. 13-42) — vengono delineati il contesto nazionale e quello internazionale con i contributi di Oscar Sanguinetti, direttore dell’ISIIN e docente di Metodologia della Ricerca Storica all’Università Europea di Roma, su Il dopoguerra: l’Italia del 1948, fra la Costituente e la morte di Alcide De Gasperi (pp. 13-33), e di Eugenio Di Rienzo, ordinario di Storia Moderna all’Università La Sapienza di Roma , dal titolo Soltanto un anno prima. Gli storici italiani e il Trattato di Parigi del febbraio 1947 ( pp. 35-42). Nel dopoguerra, e sino alla fine degli anni 1970, ma la prospettiva era sine die, s’instaura “un “governo del Cln” [Comitato di Liberazione Nazionale], dal carattere “consociativo”” (p. 16) e ispirato all’unità antifascista, nuova versione dell’elitarismo risorgimentale. Il disegno viene ostacolato da un’“”Italia sommersa”” (p. 17), espressa politicamente dal Movimento dell’Uomo Qualunque e che non si riconosce nei governi del Cln. Gli esponenti della DC, pur rinunciando a inserire nella Costituzione i princìpi della dottrina sociale della Chiesa, cercano di ricuperare l’”Italia sommersa” soprattutto con Alcide De Gasperi (1881-1954), presidente del Consiglio, che dà corso alla stagione del primo centrismo, incrinando il rapporto consociativo con le sinistre. Alle elezioni del 18 aprile 1948 la mobilitazione eccezionale del mondo cattolico — in particolare dei CC, i Comitati Civici di Luigi Gedda (1902-2000) — determina il successo schiacciante dello schieramento anticomunista. Tuttavia il legame fra la DC e il mondo cattolico si allenta fino a sfilacciarsi e la vittoria del 18 aprile non sarà mai “indossata” (p. 30) dal partito d’ispirazione cristiana; la mancata ricaduta sullo scenario politico italiano di quel successo costituisce, paradossalmente, la più grande affermazione delle sinistre nel dopoguerra.
Nella seconda parte — Realtà e personalità cattoliche, forze politiche e società civile di fronte al 18 aprile (pp. 43-146) — vengono studiati alcuni organismi istituzionali o sociali protagonisti dell’evento. Mario Casella, ordinario di Storia Contemporanea all’università di Lecce, descrive La posizione dell’Azione Cattolica (pp. 45-58). Di fronte all’esistenza nella DC di “una preoccupante debolezza organizzativa e un’eccessiva arrendevolezza nei confronti di socialisti e comunisti” (p. 52), Papa Pio XII (1939-1958) suggerisce a Gedda, presidente degli Uomini di Azione Cattolica, la costituzione dei CC, la cui attività, nonostante le resistenze all’interno dell’associazione, avrà “dell’incredibile” (p. 57). L’impegno dei CC e del loro fondatore sono descritti più ampiamente dal giornalista e saggista Giacomo de Antonellis e da Invernizzi rispettivamente in Un protagonista: Luigi Gedda (pp. 59-70) e in I Comitati Civici (pp. 71-91), dove viene sottolineato l’importante contributo fornito da Gedda e dai CC non solo all’organizzazione della vittoria elettorale del 1948, ma anche “alla formazione culturale, civile e politica di migliaia di cittadini nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, attraverso i tanti corsi di formazione organizzati” (p. 71). Tuttavia, a partire dall’elezione a segretario nazionale di Amintore Fanfani (1908-1999) nel 1954, i vertici del partito democristiano cominciano a negare l’appoggio ai CC, anche se il “”silenziamento” definitivo” (p. 89) avverrà solo negli anni 1980. Giuseppe Brienza, saggista e corrispondente dell’ISIIN, nella ricerca su Mons. Roberto Ronca e Civiltà Italica (pp. 93-120) illustra il ruolo non marginale svolto nel mondo cattolico da mons. Ronca (1901-1977), significativamente nominato arcivescovo di Lepanto per il contributo dato alla “vittoria delle difficilissime elezioni del 1948” (p. 94) e all’associazione Civiltà Italica, da lui fondata per sopperire alle carenze culturali e organizzative della DC e per garantire un “coordinamento delle iniziative di difesa degli interessi della Chiesa, nonché dei vari cattolici militanti nei diversi partiti” (p. 109). La linea politica seguita da Civiltà Italica, non funzionale agl’interessi della DC, e l’ostilità dell’Azione Cattolica ne causano il declino. Infine, Sandro Rogari, preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’università di Firenze, e Ugo Finetti, giornalista, scrittore e caporedattore in Rai, descrivono Il mondo azionista (pp. 121-127) e La posizione dei socialisti riformisti (pp. 129-146).
Nella terza parte — Il mondo cattolico milanese e il 18 aprile (pp. 147-353) — vengono presentate significative istituzioni o personalità milanesi di quel periodo. Monsignor Ennio Apeciti, docente di Storia della Chiesa nel seminario di Venegono dell’arcidiocesi di Milano, delinea L’azione pastorale del beato card. Ildefonso Schuster (1880-1954) (pp. 149-218). Il presule, condannando ripetutamente il comunismo, il nazionalsocialismo, il laicismo e la statolatria, denuncia il “[…] “piano prestabilito” di rivoluzione […] in modo da rendere l’Italia “un satellite di più attorno al radioso sole moscovita”” (p. 179) e ricorda che, ove lo Stato è diventato “[…] unico padrone, si è irreggimentato un immenso popolo di nulla tenenti, forzati a lavorare per il governo” (p. 207). Scendono in campo anche i parroci di Milano, i quali, in un appello pre-elettorale, ammoniscono: “Un tratto di matita segnerà se vorrete essere con Cristo o contro Cristo. Temete di essere contro di lui” (p. 210). Daniele Bardelli, docente di Storia Contemporanea e Storia dello Sport all’Università Cattolica del Sacro Cuore, presenta L’Ambrosianeum (pp. 219-240), centro culturale fondato a Milano da uomini “molto diversi per provenienza, indole e cultura” (p. 221) — fra cui Enrico Falck (1899-1953), monsignor Ernesto Pisoni (1920-1993) e Giuseppe Lazzati (1909-1986) — per rispondere alle necessità della ricostruzione, anzitutto spirituale, del secondo dopoguerra. Giovanni Gregorini, ricercatore di Storia Economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, nello studio L’imprenditoria cattolica milanese (pp. 241-262), illustra l’impegno dell’UCID, l’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, nel richiamare l’attenzione dei politici sui temi economico-sociali del momento, con un riferimento costante ai princìpi della dottrina sociale e ai radiomessaggi di Papa Pio XII. Maria Bocci, docente di Storia Contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ne La mobilitazione della cultura: il caso dell’Università Cattolica (pp. 263-309), si sofferma sulla figura di Agostino Gemelli O.F.M. (1878-1959), artefice di una “controffensiva organizzata” (p. 265) non solo per liberare l’Italia dall’“[…] ipoteca comunista, ma pure per unificare “governo” e “popolo”” (p. 266). L’azione culturale dell’ateneo milanese mira a sconfiggere quell’elitarismo politico ancora presente nella prospettiva democratica e azionista, che aveva già caratterizzato la storia del Paese, dal Risorgimento al Ventennio fascista, con la pretesa di “[…] costruire l’”italiano nuovo” della modernità” (p. 263). Nel saggio “Un Piave di riserva”. I monarchici milanesi di fronte al 18 aprile (pp. 311-353) Luca Ceriotti, ricercatore di Storia Moderna e Contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore, presenta l’“affollato microcosmo” (p. 317) dei gruppi monarchici milanesi che, in prossimità del 18 aprile, confluiscono nel Blocco Nazionale Monarchico, di cui l’avvocato Cesare Degli Occhi (1893-1971) è la figura di maggior spicco. I monarchici, malgrado l’insuccesso elettorale delle loro liste, considerano il risultato come una vittoria del popolo italiano, che “[…] ha sempre un Piave di riserva” (p. 352). L’opera si chiude con le Notizie sugli autori (pp. 354-358).
Nella Presentazione (pp. 5-8) della seconda opera il curatore, Eugenio Guccione, docente di Storia delle Dottrine Politiche all’università di Palermo, ricorda che il 18 aprile 1948 ha rappresentato una vittoria della “Sicilia cattolica […] in difesa dei valori cristiani e democratici dalla barbarie bolscevica” (p. 7). Il successo, scrive nell’Introduzione (pp. 9-10) don Antonino Raspanti, preside della Facoltà Teologica di Sicilia, è stato il frutto maturo di una fede vissuta, espressione del “[…] movimento incarnazionista del cristianesimo: incarnazione in Dio e incarnazione di coloro che lo seguono, contraria ad ogni fuga dalla storia” (p. 9). Nell’Apertura dei lavori (pp. 11-15) l’on. Alessandro Pagano, assessore ai Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana, sostiene che il disegno politico di Luigi Gedda non ebbe continuità perché la DC ingannò l’anticomunismo della gente, realizzando “il progetto politico del cattolicesimo democratico” (p. 13), che “[…] da un punto di vista culturale e politico era a tutti gli effetti il traghettatore delle tesi comuniste tra i cattolici” (ibidem). Fu un’opera di svuotamento dell’identità cristiana: il corpo sociale fu aggredito “con la rivoluzione dei costumi, con la rivoluzione culturale, con la rivoluzione sociale” (ibidem).
L’azione svolta dai CC e dal loro fondatore è presentata da Lucio Migliaccio O.M.D., l’Ordine della Madre di Dio, già assistente ecclesiastico nazionale dei Comitati stessi e quindi testimone autorevole di quelle vicende, nello studio Luigi Gedda e l’attività dei Comitati Civici (pp. 17-23), dove si ricorda che Papa Pio XII e Papa Paolo VI (1963-1978) hanno sempre avuto in grande considerazione l’operato dei CC, esplicitando il loro apprezzamento in più occasioni, con parole sul laicato anticipatrici di concetti espressi nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo “Gaudium et spes”, dell’8 dicembre 1965. Filippo Gangere, già Direttore Tecnico Nazionale dei CC e dunque anch’egli protagonista di primo piano, nella relazione Antiastensionismo e anticomunismo (pp. 25-33) descrive l’allarme suscitato nel mondo cattolico dall’astensionismo in occasione delle elezioni regionali siciliane del 1947 e dalle violenze socialcomuniste, da cui nascerà un’organizzazione capillare in grado di contrastare i due fenomeni. Nonostante il successo delle varie iniziative, le correnti di sinistra democristiana agiranno per “[…] la smobilitazione del Comitato Civico poiché disturbava l’autonomia e l’indipendenza della DC” (p. 31). Invernizzi, nel saggio Ruolo e caratteristiche dei Comitati Civici (pp. 35-51), mostra come i CC, dopo aver contribuito in modo determinante alla vittoria elettorale della DC, diventino un importante punto di riferimento per le attività sia di formazione sia “di pressione e di controllo sulla DC” (p. 36). Nondimeno “[…] la scelta di appartenenza alla civiltà occidentale e cristiana del popolo italiano […] non verrà mai celebrata dal partito di maggioranza relativa” (p. 35), e i CC prima saranno osteggiati, poi dimenticati, anche a causa del contrasto nel mondo cattolico fra quanti sostenevano la necessità di un solo partito cattolico e quanti erano invece favorevoli alla costituzione di diverse formazioni cattoliche o di un partito conservatore. Quando Gedda riceve dalla Santa Sede l’incarico di contattare monarchici e missini al fine di costituire una lista comune di centro-destra guidata da don Luigi Sturzo (1871-1959) in vista delle elezioni amministrative di Roma del 1952, l’opposizione dell’Azione Cattolica e della DC e le incertezze degli stessi partiti di destra determinano il fallimento dell’operazione e il Papa dichiarerà a Gedda: “[…] l’Azione Cattolica collabora non con la Chiesa ma con la Democrazia Cristiana” (p. 46). Robertino Ghiringhelli, direttore dell’Istituto di Storia Moderna e Contemporanea dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, presenta Il 18 aprile 1948 nel contesto della situazione internazionale (pp. 53-62) e le difficoltà, spesso insormontabili, causate dalla politica aggressiva dell’Unione Sovietica, cui gli Stati Uniti d’America rispondono con la dottrina del presidente Harry S. Truman (1884-1972) “[…] di opposizione e di lotta contro ogni tentativo sovietico o di forze alleate dell’Urss di estendere la loro influenza” (p. 55) e di aiuto economico e finanziario all’Europa Occidentale. La nascita dei ventiduemila CC, diffusi in tutte le parrocchie, è provvidenziale, perché fa comprendere ai cattolici “[…] quale scelta dovessero fare per continuare a coniugare fede e libertà” (p. 61). Guccione si sofferma su La vittoria del 18 aprile ’48 nel giudizio di Luigi Sturzo (pp. 63-72), il fondatore del Partito Popolare Italiano, secondo il quale la vittoria della DC fu un fatto politico di rilevanza internazionale, che impedì la discesa della Cortina di Ferro sull’Italia ed evitò alla Francia la minaccia di “una crisi bolscevica” (p. 65). Don Francesco Lomanto, docente di Storia della Chiesa presso la Facoltà Teologica di Sicilia, nel corposo contributo sulle Emergenze pastorali in Sicilia all’indomani della seconda guerra mondiale (pp. 73-103) traccia un quadro della situazione religiosa nell’isola, soffermandosi sulle preoccupazioni e sugl’indirizzi pastorali in vista del 18 aprile. In prossimità sia delle elezioni per l’Assemblea Costituente e del referendum istituzionale, sia delle elezioni politiche del 1948, sotto la guida del card. Ernesto Ruffini (1888-1967), arcivescovo di Palermo dal 1946 al 1967, i vescovi invitano tutti i cattolici a recarsi a votare e a sostenere candidati fedeli ai princìpi sociali della Chiesa. La vittoria del 1948 è davvero schiacciante e sembra favorire “la restaurazione della società cristiana” (p. 101). Ma non sarà così. L’arcivescovo di Palermo, che auspicava l’avvento di una classe politica sensibile alle indicazioni della gerarchia ecclesiastica, deve rassegnarsi: i rapporti fra il mondo cattolico e la DC cambiano a partire dal 1954, con l’affermazione della corrente fanfaniana Iniziativa Democratica e, in seguito, con la costituzione dei primi governi di centro-sinistra. Claudia Giurintano, professore associato di Storia delle Dottrine Politiche all’università di Palermo, nel documentato saggio La stampa palermitana e le elezioni del 18-19 aprile 1948 (pp. 105-135), prende in esame la campagna elettorale dei mezzi d’informazione e, in particolare, della pubblicistica. I giornali palermitani si combattono a colpi di slogan, con toni talvolta apocalittici, diventando un mezzo straordinario di propaganda e di persuasione.
Rosanna Marsala, assegnista presso la cattedra di Storia delle Dottrine Politiche all’università di Palermo, presenta uno dei protagonisti principali delle prime elezioni politiche in Sicilia, Padre Antonino Gliozzo [S.J. (1907-1993)]: “Lo stratega della campagna elettorale in Sicilia” (pp. 137-149). Convinto della intrinseca perversità del comunismo, il padre gesuita organizza la mobilitazione generale delle forze cattoliche a Palermo in modo così convincente da meritare il soprannome de “Il generalissimo” e da vedersi affidare la supervisione della campagna per le elezioni regionali del 1951. Negli anni seguenti fonda un centro studi di problemi sociali, “una vera e propria scuola di formazione politica in funzione anticomunista” (p. 147), e collabora con Riccardo Lombardi S.J. (1908-1979) nell’organizzazione de Il Mondo Migliore. Padre Gliozzo, preposito generale di Sicilia, muore nel 1993 a Roma, dove aveva trascorso gli ultimi anni “come un generale indomito, attivissimo, instancabile, sempre pronto a qualsiasi battaglia” (p. 149).
Lo studio si conclude con l’intervista rilasciata da Gedda a Piero Amici de L’Osservatore Romano in occasione del cinquantenario delle elezioni del 18 aprile 1948 (pp. 151-155) e con l’Indice dei nomi (pp. 157-161).
Paolo Martinucci