Marco Respinti, Cristianità n. 252-253 (1996)
Massimo Introvigne, Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare, con una prefazione di Marco Invernizzi, Mimep-Docete, Pessano (Milano) 1995, pp. 128, £ 10.000
Primo volume della sezione La nuova religiosità della collana Per una nuova evangelizzazione, diretta dallo storico del movimento cattolico Marco Invernizzi, esponente di Alleanza Cattolica e autore della Prefazione (pp. 7-8), Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare raccoglie, «[…] rielaborandoli e — dove necessario — aggiornandoli» (p. 10), tre saggi di Massimo Introvigne — direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ed esponente di Alleanza Cattolica —, dedicati a NMR, Nuovi Movimenti Religiosi, venuti alla ribalta perché protagonisti di episodi di violenza collettiva. Nella loro versione originaria, gli articoli sono stati pubblicati in Cristianità.
Il volume si apre con una Introduzione (pp. 9-16), che inquadra sinteticamente i rapporti fra NMR e violenza, e la questione del movimento anti-sette di marca laicista, affrontando anche la vexata quaestio relativa al possesso privato di armi da fuoco negli Stati Uniti d’America.
Il primo capitolo — Jonestown (pp. 17- 36) — tratta del suicidio di massa, avvenuto nel 1978 nell’omonima cittadina della Guyana e praticato dagli aderenti del Tempio del Popolo, guidato dal «reverendo» Jim Jones. In realtà, non si trattava di un movimento religioso, ma di una setta atea e marxista: «Siamo comunisti. Siamo comunisti oggi. Siamo comunisti oggi e ne siamo felici», recita il ritornello di un inno composto da Jim Jones in occasione della visita alla comune nella giungla da parte di Feodor Timofeyev, dell’Ambasciata sovietica in Guyana, paese a governo socialista (p. 30, nota 32). Tale setta viene efficacemente descritta da Massimo Introvigne — sulla scorta di Giovanni Cantoni, L’apogeo della rivoluzione: il suicidio della Guyana, conferenza inedita del 9-3-1979 — come un fenomeno di «monachesimo rivoluzionario». Con questa espressione, l’autore suggerisce la funzione «ascetica», «contemplativa» e «mistica», ma d’impronta sovversiva, svolta dal fenomeno-limite «Tempio del Popolo» rispetto all’«essoterico» movimento socialcomunista mondiale; da esso, comunque,«meno separato […] di quanto non si creda» (pp. 29-30), dal momento che non risulta essere assolutamente assurdo, secondo la logica rivoluzionaria, il suicidio come esito coerente del parossismo rivoluzionario (cfr. Alfredo Mantovano, Il suicidio come esito coerente del parossismo rivoluzionario, in Cristianità, anno XI, n. 101-104, novembre-dicembre 1983, pp. 7-17).
Il secondo capitolo — Waco (pp. 37- 61) — descrive la tragedia vissuta dal NMR dei Branch Davidians, guidati da David Koresh, periti, nel 1993, nel rogo del ranch che il gruppo possedeva nei pressi della cittadina di Waco, nel Texas. Ovvero, un episodio in parte ancora avvolto dal mistero, soprattutto relativamente alle responsabilità e alle cause dell’incendio, nonché per il ruolo decisamente «singolare» che noti esponenti del movimento anti-sette nordamericano di matrice laicista hanno svolto sulla scena dei fatti. Emblematico il caso di Rick Ross, del CAN, il Cult Awareness Network, «Rete di consapevolezza nei confronti delle sette», ex guardia del corpo, ex ladro di gioielli, uomo privo di qualsiasi esperienza psichiatrica o psicologica, ma membro di due comitati della Union of American Hebrew Congregations e di una commissione del B’nai B’rith International, «organismi del mondo ebraico americano che svolgono attività di lobby contro le “sette”» (p. 46).
Altri interrogativi inquietanti sollevati dall’intera vicenda riguardano l’intervento — per molti versi brutale, avventato e di per sé attuabile in precedenza con modalità certamente diverse — degli agenti dell’ FBI, il Federal Bureau of Investigation, e dell’ATF, il Bureau of Alcohol, Tobacco and Firearms, che, assaltando in maniera quanto meno «avventata» il ranch del NMR, hanno provocato una dura e disperata reazione degli assediati. La vicenda si è poi conclusa in un bagno di sangue che, in tutto, ha causato 85 morti, fra assalitori e assaliti. E chi ha dato l’ordine, Janet Reno, ministro della Giustizia del governo liberal guidato da Bill Clinton, e lo stesso presidente sono stati destinatari di una poesia amaramente ironica composta da un giovane superstite della tragedia, che ha visto morire il padre nell’incendio (cfr. «Un olocausto cristiano», trad. it. in Cristianità, anno XXI, n. 218-219, giugno-luglio 1993, p. 17).
Il terzo capitolo, Il Tempio Solare (pp. 63-107), riguarda il caso di nuovo misterioso del gruppo omonimo guidato da Luc Jouret e delle morti di leader ed esponenti di questo movimento neo-templare, avvenute nel 1994 in Canada e in Svizzera. L’analisi di Massimo Introvigne si apre con una dettagliata ricostruzione della storia della corrente neo-templare all’interno dei NMR e dei nuovi movimenti magici: dopo aver fatto riferimento ai gradi «templari» nella massoneria; al templarismo autonomo; nonché al movimento neo-templare dal secolo XIX a oggi, egli dedica poi particolare attenzione alle vicende di questa corrente successive al 1970 e a certi suoi rapporti con taluni servizi segreti. Dunque, lo studioso espone con dovizia di particolari, e ben oltre certe semplicistiche presentazioni giornalistiche «a caldo», la vicenda del gruppo di Luc Jouret fino al consumarsi della tragedia che ha visto morire — il 4 ottobre 1994 — cinque persone, fra cui un bambino, a Morin Heights, in Canada e — il 5 ottobre — ventitrè persone, fra cui un altro bambino, alla Ferme des Rochettes presso Cheiry, nel cantone svizzero di Friburgo, nonché altre venticinque persone in tre chalet a Les Granges sur Salvan, nel cantone del Vallese. In tutti e tre i casi il fuoco di incendi appiccati volontariamente dal gruppo neo-templare, tramite congegni elettronici, ha carbonizzato i corpi delle vittime, per alcune delle quali, però, sono risultate evidenti cause di decesso precedenti e non determinate dal rogo. Tale scoperta, del resto, appare coerente con la logica del «suicidio-omicidio» propria alla visione della reintegratio gnostico-esoterica coltivata dal Tempio Solare e basata sull’idea che, per alcuni iniziati particolarmente evoluti, sia giunta l’ora del passaggio «[…] a uno stato superiore di esistenza (“non un suicidio nel senso umano del termine”) in cui gli adepti depongono i loro corpi umani e subito ne assumono altri, invisibili, gloriosi e “solari”, con cui presiedono alla dissoluzione del mondo da un’altra dimensione, sconosciuta ai profani […]. Esiste poi una seconda categoria di adepti del Tempio Solare, meno evoluti, che non sono in grado di capire che è necessario “deporre” il corpo mortale per rivestire il “corpo solare”. Di questi adepti meno evoluti i documenti affermano che devono essere aiutati a compiere la loro “transizione” (cioè “aiutati” a morire), nel modo meno violento possibile» (p. 99-100). A questi il Tempio Solare aggiunge i nemici e le spie — fra i quali viene individuata anche l’associazione cattolica Opus Dei —, che «meritano» senz’altro la morte.
Collegando episodi lontani come la tragedia di Jonestown e quella del Tempio Solare, Massimo Introvigne nota: «Jonestown […] rappresenta il suicidio di una Rivoluzione, che nella scuola contro-rivoluzionaria cattolica si è soliti chiamare Terza Rivoluzione, la Rivoluzione social-comunista. In questa fine di ventesimo secolo — in cui nodi secolari stanno venendo al pettine — la tragedia del Tempio Solare rappresenta ora il suicidio (con elementi di omicidio, presenti peraltro come sappiamo anche a Jonestown) di un’altra Rivoluzione, la Seconda, connotata dal relativismo nella sua versione “pura” illuminista e non ancora nella sua versione “riformata” e aggressiva social-comunista. Entrambe le tragedie si situano, fra l’altro, nel quadro di quella rivoluzione culturale in interiore homine che viene chiamata Quarta Rivoluzione, che forse contribuisce a spingere a gesti estremi piccoli gruppi che vivono la Seconda e la Terza Rivoluzione in modo panico e monastico. I sinistri bagliori dei roghi “elettronici” del Tempio Solare illuminano da questo punto di vista un cammino plurisecolare, e rappresentano uno dei possibili esiti, in termini insieme grandiosi e diabolici, di un itinerario estremo improntato al più assoluto relativismo» (pp. 106-107).
Il volume si chiude con Una conclusione (pp.109-120), con Orientamenti bibliografici (pp. 121-123), nonché con una Nota bio-bibliografica (pp. 125-127) sull’autore.
Di fronte a casi come quelli descritti nello studio di Massimo Introvigne, i mass media si lanciano spesso in un turbinio d’immagini e di parole, che finiscono non solo per confondere, ma anche per aggravare certe situazioni già tese, come nel caso del ranch di Waco.
Lo studioso, dunque, mette in guardia da certi atteggiamenti grossolani, che criticano in maniera indiscriminata e radicale — e spesso ignara di fatti importanti — il proprium dell’esperienza religiosa, strumentalizzando episodi-limite come quelli descritti in Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare, che restano, peraltro, un’esigua minoranza nell’ambito dei NMR.
L’autore non ignora il problema posto da certe forme di nuova religiosità e dalla violenza connessa con taluni — pochi — gruppi, ma auspica una corretta attribuzione delle responsabilità di fronte a ogni singolo caso, osservando che «il People’s Temple di Jonestown e il Tempio Solare — qualunque cosa affermino i movimenti “anti-sette” — non ci dicono nulla sui pericoli dei nuovi movimenti religiosi perché non sono nuovi movimenti religiosi. Sono forme di monachesimo rivoluzionario, nel primo caso di carattere esplicitamente e aggressivamente marxista e nel secondo improntato a un esoterismo relativista che non è propriamente “religioso” e che certamente non si ritrova nei nuovi movimenti religiosi o nelle “sette”, sia che si adotti la definizione scientifica che quella meno precisa e giornalistica di questi termini. Jonestown e il Tempio Solare saranno ricordati come episodi importanti della storia del nostro secolo soprattutto — senza dimenticare la doverosa pietà per le vittime — per il loro significato simbolico e, ancor di più, metafisico. Nel rogo del Tempio Solare è bruciato il relativismo in una delle sue forme più pure. Nella giungla della Guyana le pallottole e il veleno hanno ucciso l’illusione di un marxismo portato alla perfezione sognata dai suoi fondatori. Tutto questo è estremamente significativo, ma ha pochissimo a che fare con le “sette”. Quanto a Waco, qualcuno potrebbe dire che mostra i pericoli a cui si espone una fase terminale della Prima Rivoluzione nelle sue forme più estreme, dove un certo fondamentalismo si mescola con un certo tipo di millenarismo. Ma sono pericoli che generano tragedie solo quando a queste forme certo malsane di spiritualità si risponde con gli elicotteri da combattimento e con i carri armati, al servizio di oscure strategie che vanno al di là del problema delle “sette”. Abbiamo visto del resto come nei tre episodi esaminati non tutto sia chiaro, e non manchino intrecci perversi con la politica: dai “consiglieri” sovietici a Jonestown al ruolo dei servizi segreti nel caso del Tempio Solare, passando per l’uso disinvolto che della tragedia di Waco è stato fatto per rafforzare l’immagine declinante dell’amministrazione Clinton. Anche Waco ci dice poco sui pericoli delle “sette” — anche se ci dice qualcosa — ma ci dice molto di più sui pericoli della gestione di problemi religiosi da parte di autorità di governo laiciste che, non comprendendo la mentalità religiosa, commettono (per usare ancora un’espressione cortese) errori su errori» (pp. 118-119).
Infine, il direttore del CESNUR nota opportunamente come sia solo un falso mito quello che vorrebbe la violenza di per sé connaturata con la religiosità, mentre è vero che «la storia degli ultimi due secoli — dalla Rivoluzione francese in poi — è piuttosto la storia della violenza contro le religioni da parte di ideologie antireligiose» (p. 111). Né — afferma ancora — si può pensare di contrastare la violenza di alcuni gruppi semplicemente estirpando il senso religioso dal cuore degli uomini, o sopprimendo le domande profonde e umane che si celano anche dietro a risposte sbagliate. La storia del materialismo moderno ha mostrato il colossale fallimento di questa pratica, offrendo appunto un esempio clamoroso di eterogenesi dei fini proprio con il proliferare dei NMR. «Come il malato non si guarisce uccidendolo — osserva acutamente l’autore —, così la fede malata che può portare alla morte non si cura e non si guarisce con un relativismo e un razionalismo che vorrebbero annientare ogni fede, ma sostituendo una religiosità inadeguata, spesso semplice maschera di ideologie, con la religione vera, con il messaggio di liberazione e di gioia che può venire soltanto dal Signore e dalla Sua buona novella che, oggi come ieri e come sempre, è la sola risposta adeguata alle domande profonde che ogni uomo e ogni donna portano nel cuore» (p. 120).
Nel gennaio del 1995, rivolgendosi a vescovi d’Oceania, Papa Giovanni Paolo II ha formulato con chiarezza una diagnosi precisa, relativa all’intero mondo contemporaneo, e ha indicato efficaci linee di azione: «So che negli ultimi anni — ha detto il Papa — c’è stato un influsso di nuovi movimenti religiosi e di sette in questa regione. Essi hanno avuto successo, almeno in parte, perché alcuni aspetti delle loro attività riempiono il vuoto lasciato dalla perdita dei valori e dello stile di vita tradizionali, una perdita che si accompagna ai massicci cambiamenti nella vita economica, politica e sociale che si verificano in tutta la Melanesia. Vi sollecito a proseguire nei vostri sforzi pastorali per affrontare questa sfida. La migliore e più adeguata risposta consiste nel far sì che ogni cattolico battezzato sia in grado di recepire con attenzione l’esortazione della Prima Lettera di Pietro: “Siate pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi la ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15)» (Discorso ai membri della Conferenza Episcopale della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone, del 17-1-1995, n. 2, in L’Osservatore Romano, 18-1-1995).
Marco Respinti