Marco Respinti, Cristianità n. 256-257 (1996)
Massimo Introvigne, Mille e non più mille. Millenarismo e nuove religioni alle soglie del Duemila, Gribaudi, Milano 1995, pp. 254, £. 28.000
Mentre si approssima lo scadere del secondo millennio dell’era cristiana la nota tendenzialmente dominante e comune alle «offerte speciali» del supermercato delle religioni è — o ritorna a essere — caratterizzata dall’attesa della fine del mondo — o della fine di questomondo — oppure, ancora, dall’avvento di un’«età nuova» variamente caratterizzata.
È quanto va sotto il nome di «millenarismo», ossia l’attesa di una prossima venuta del Salvatore — magari preceduta dalla comparsa dell’Anticristo, al cui potere però verranno sottratti gli eletti — e dell’instaurazione del suo regno di mille anni, prima dell’ultima grande tentazione a cui gli uomini verranno sottoposti e prima del loro giudizio finale. Questo fenomeno — che sembrava confinato alle eresie e alle dottrine eterodosse dei primi cinque secoli cristiani — torna di preponderante attualità; e di un’attualità «insospettata» nell’epoca ipertecnologica contemporanea, anche se, peraltro, nella teologia protestante nordamericana questo ritorno data già da diverso tempo e anche se i dibattiti e gli studi scientifici a esso dedicati in quell’ambito risalgono ad almeno un secolo fa.
Studia e descrive il fenomeno, con la cura e la scientificità consuete, il sociologo e storico delle religioni Massimo Introvigne, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ed esponente di Alleanza Cattolica, in Mille e non più mille. Millenarismo e nuove religioni alle soglie del Duemila. L’acclarata e indiscussa competenza dell’autore su tematiche d’ ambito neo-religioso e neo-magico viene qui, se possibile, irrobustita dalla sua partecipazione al gruppo di studio sul «millenarismo», organizzato nell’ambito dell’American Academy of Religion e dalla continua frequentazione scientifica con il professor Ted Daniels — pure membro del medesimo gruppo di studio —, autore di alcuni fra i più completi repertori bibliografici sull’argomento, nonché direttore, a Filadelfia, del Millenium Watch Institute, organismo editore della newsletter Millenial Prophecy Report, ossia la fonte bibliografica più attendibile e aggiornata su tale fenomeno religioso.
Il volume si apre con una sezione intitolata Che cos’ è il millenarismo (pp. 9-61), dove trova spazio la discussione scientifica — proponendo distinguo e chiarificazioni tutt’altro che accademiche — circa le definizioni e le tipologie del fenomeno che, quanto alla seconda voce contemplata, si articola in tipi di millenarismo messianico, avventista e gnostico, e dove l’autore non tralascia di trattare anche il premillenarismo classico e il postmillenarismo. Così, attraverso una carrellata densa, vasta e precisa, seppur leggibilissima, il volume intende rispondere al quesito circa l’origine del «millenarismo», al di là dello specifico riguardante quanti s’industriano a divinare, «con precisione» puntualmente finora smentita, la data dell’avvento della nuova era, e pure al di là dell’appuntamento con il «Grande Due e Triplo Zero» (p. 9) — come i millenaristi indicano, un po’ «cabalisticamente», l’anno 2000 — attualmente la scadenza più gettonata.
Di suo, l’attesa della fine del mondo non coincide soltanto con la «questione dell’anno Duemila»; si tratta, infatti, d’un atteggiamento che s’è ripetuto con una certa continuità nel corso della storia occidentale, soprattutto — magari con «orrore» dell’intelligentsia laicista — nell’epoca moderna, e che si rinnova a ogni fin de siècle — espressione nata proprio in ambiti millenaristi ottocenteschi —, spesso in concomitanza di avvenimenti politicamente e storicamente forti, dalla rivolta protestante di Martin Lutero alle lotte politiche inglesi, dalla Rivoluzione francese a tutto il secolo XIX soprattutto francese, fra secolarismo laico-massonico e reazione cattolica.
È, infatti, un falso d’origine illuministica, oramai abbondantemente smitizzato, quello della grand peur dell’anno Mille, nell’Europa medioevale occidentale. Massimo Introvigne afferma che l’attesa d’una fine del mondo «[…] è collegata alle dinamiche e ai processi della società complessa moderna, e si ripete continuamente dai tempi del cardinale Pierre d’Ailly [il diplomatico francese non millenarista vissuto fra i secoli XIV e XV, che pure guardò con interesse all’Apocalisse, alle rivelazioni private e alle stelle] ai giorni nostri» (p. 15).
I teologi delle denominazioni religiose un tempo maggioritarie — come la Chiesa cattolica e le comunità protestanti del Consiglio Mondiale delle Chiese — prestano generalmente poca attenzione a un fenomeno in continua crescita, rappresentato dal fatto che, nel mondo, più di 500 milioni di credenti attendono l’avvento del Millennio come prossimo. Il fenomeno, peraltro, caratterizza particolarmente, in ambito cristiano, i gruppi evangelici fondamentalisti o pentecostali, i quali contendono il terreno alle Chiese maggioritarie, attraverso una strenua offensiva — si pensi all’elevatissimo numero di conversioni dal cattolicesimo alle nuove denominazioni protestanti nell’America Meridionale, un fattore che ha suscitato domande come quella che titola lo studio di David Stoll, Is Latin America Turning Protestant? The Politics of Evangelical Growth (University of California Press, Berkeley-Los Angeles-Oxford 1990) — a suon di migliaia di fedeli per volta.
Se n’è accorto — e Massimo Introvigne aggiunge «con onestà» (cfr. p. 10) — anche il teologo americano Harvey Cox, già «profeta» del dissenso negli anni 1950 e annunciatore di una ventura «città secolare», il quale — in Fire from Heaven. The Rise of Pentecostal Spirituality and the Reshaping of Religion in the Twenty-First Century (Addison-Wesley, Reading [Massachusetts] 1995) — ammette che l’esplosione pentecostale ha completamente smentito le sue previsioni sulla fine della religione e l’avvento del mondo della morte di Dio di cui egli stesso si fece interprete (cfr. anche M. Introvigne, «Fuoco dal Cielo». Harvey G. Cox, il pentecostalismo e la «fine» della secolarizzazione, in Cristianità, anno XXIII, n. 245, settembre 1995, pp. 5-12).
Le pagine di Mille e non più mille. Millenarismo e nuove religioni alle soglie del Duemila si dipanano, dunque, una dopo l’altra, portando numerosi e diversi esempi d’atteggiamenti millenaristi proposti da nuovi movimenti religiosi d’origine cristiana o d’origine giapponese. Si tratta di sguardi panoramici ed esaurienti — con ampie e opportune puntualizzazioni sulle dottrine professate — su alcuni nuovi movimenti religiosi particolarmente significativi a livello sociologico e tipologico.
Nella sezione La routinizzazione del millenarismo nelle nuove religioni di origine cristiana (pp. 63-149), Massimo Introvigne presenta quei nuovi movimenti religiosi dove l’attesa della fine diviene, appunto, routine: dai testimoni di Geova e dai mormoni alla Grande Fratellanza Bianca ucraina che, nel novembre 1993, annunciò l’apocalisse a Kiev nel momento in cui il gruppo s’apprestava ad assistere alla crocifissione, morte e risurrezione dopo tre giorni di Marina Tsvigun, leader della fratellanza ed ex funzionario a tempo pieno del Komsomol, l’organizzazione giovanile del PCUS, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica. In quell’occasione, peraltro, si verificarono incidenti seguiti da arresti; ma le voci di «suicidio di massa» — che comportarono il sostanziale smembramento del gruppo — indicarono forse più i timori della polizia che non le reali intenzioni del gruppo, apparendo inoltre assai prossime ai giudizi superficiali e pregiudiziali del laicismo comunque antireligioso a cui le forze dell’ordine ucraine sembrarono allora prestare orecchio.
Lo sguardo di Massimo Introvigne, poi, si sposta in Estremo Oriente, dove proliferano nuovi movimenti religiosi d’origine buddhista e non buddhista, frequentemente e attivamente missionari anche in Occidente e soprattutto in Europa, messi a tema nella sezione Un millenarismo festoso: le nuove religioni giapponesi (pp. 151-200). In questo quadro, un capitolo specifico — non fosse altro che per colmare colossali falle aperte dalle inesattezze dei reportage giornalistici — viene opportunamente dedicato al gruppo Aum Shinri-kyo, la «Società della verità suprema AUM», accusato d’aver compiuto vari attentati in patria a partire da quello oramai famoso del 20 marzo 1995, quando la metropolitana di Tokyo venne invasa da gas nervino di tipo sarin che causò dieci morti e più di 5.000 feriti. Fu questa, infatti, un’occasione clamorosa — l’ultima, in ordine di tempo, di una serie che prese il via nel 1978, in Guyana, con la «setta» suicida, pseudo-religiosa e in realtà comunista, del Tempio del Popolo guidato dal «reverendo» Jim Jones, e di cui la ricordata Grande Fratellanza Bianca di Kiev è un altro esempio non isolato, passato all’onore delle cronache —, dove la stravaganza delle dottrine e degli atteggiamenti — stravaganze giudicate, però, soprattutto da occhi ubriachi di materialismo e gonfi di scherno borioso radicalmente scettico — è servita per muovere accuse dure e infamanti non tanto su questo o quel nuovo movimento religioso, quanto piuttosto sulla religiosità in quanto tale.
La sezione Un supermarket del millenarismo: il New Age (pp. 201-239) descrive, poi, quel vero e proprio supermarket in forte espansione — anche in pericolosa versione «doppia appartenenza» trasversale rispetto alle denominazioni cristiane maggiori, segnatamente il cattolicesimo —, che è il network del New Age, del quale, peraltro, Massimo Introvigne ha tracciato l’unica descrizione storica esaustiva in lingua italiana con il suo Storia del New Age. 1962- 1992 (Cristianità, Piacenza 1994).
In codesta sezione, particolare spazio è dato alla discussione riguardante il best-seller di James Redfield, La profezia di Celestino. Romanzo (trad. it., Corbaccio, Milano 1994) tradotto e «lanciato» con enfasi anche in Italia, a cui ha fatto seguito il volume dello stesso James Redfield e Carol Adrienne, Guida alla Profezia di Celestino (trad. it., Corbaccio, Milano 1995) — certamente anche semplice business e promozione editoriale — nuovo testo che mira a porsi come «[…] manuale di meditazione tramite il quale — di “iniziazione” in “iniziazione” — è possibile auto-formarsi a una nuova visione del mondo se non a una nuova religione» (p. 231). Secondo Massimo Introvigne, comunque, «La profezia di Celestino è un autentico centone di molte fra le idee in voga nel New Age» (p. 230), fra cui l’anti-cattolicesimo. Lo studioso conclude che «[…] non sarebbe troppo grave se tutti fossero d’accordo sul fatto che, in ogni caso, si tratta soltanto di un romanzo» (p. 231), mentre in realtà scritti e attività successive di James Redfield mostrano il volto positivamente speculativo e neo-religioso dell’avventura di Celestino, benché — come il direttore del CESNUR suggerisce — il romanzo segni l’inizio del declino del New Age, fenomeno in crisi.
Nella sezione conclusiva del volume — I cattolici e la sfida del millenarismo (pp. 241-250) — l’autore propone spunti di riflessione seria e globale in merito a un fenomeno complesso, ma tanto interessante quanto frainteso. Lo fa da sociologo qual è, ossia solo dopo un’acuta analisi dei dati e delle fonti, e senza voler invadere — come afferma espressamente — il campo teologico in senso stretto, che non gli è direttamente proprio.
Molti sorridono o scatenano assurde e laicistiche cacce alle streghe di fronte ai fenomeni millenaristi, considerandoli «[…] credenze primitive da trattare con sufficienza o da esporre come mere curiosità per intrattenere i lettori» (p. 21). Massimo Introvigne, invece, sottolineando la sagacia dell’approccio cattolico al tema, evidenzia che, se da un lato la Chiesa cattolica è «contro il millenarismo» (p. 241), giacché sospetta di qualunque sapere troppo preciso su come e quando sarà il futuro escatologico dell’uomo, dall’altro essa si pone «in difesa dei millenaristi» (p. 247), non per apprezzamento delle loro dottrine inconciliabili con l’ortodossia cattolica, ma perché si tratta di portatori di esigenze profonde, che «[…] devono essere prese assolutamente sul serio» (p. 21), milioni di persone per le quali «[…] i temi del Millennio […] sono temi su cui si è disposti a giocarsi la vita su questa terra e la vita eterna» (p. 23). Lo studioso nota anche che tale atteggiamento può pure non coincidere con i metodi personali adottati da certi teologi cattolici, rigidi, ma non rigorosi, che dismettono troppo facilmente una problematica assai rilevante, praticando riduzionismi indebiti e interessandosi solo degli aspetti secondari di codesti fenomeni.
Sfuggendo alla tentazione di semplicemente «sconfiggere» il «millenarismo» — magari con tecniche solo vagamente «spiritualizzanti» analoghi modi d’agire di marca laicistica e antireligiosa — attraverso l’uso esclusivo di un’esegesi di tipo storico-critico delle Scritture, a cui il millenarismo fa costante riferimento, e scordando l’approccio anche ermeneutico — come invece sollecita a fare il documento pubblicato dalla Pontificia Commissione Biblica nel 1993, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa —, non si possono non prendere in considerazione, come sostiene Massimo Introvigne, quelle realtà ultime dalle quali il cristiano non può distogliere lo sguardo. Né si può facilmente accantonare, aggiunge l’autore, la serietà dell’intera storia umana — storia teleologica — o il messaggio dell’Apocalisse di san Giovanni, che riguarda — come affermava sant’Agostino — la Chiesa cattolica gerarchica e militante, già vero regno di Dio sulla terra.
«La severità — osserva Massimo Introvigne — ha certamente un posto quando si arriva al postmillenarismo secolarizzato delle ideologie, agli allegri sincretismi di certi nuovi movimenti religiosi, al supermarket dell’Età dell’Oro proposto dal New Age. Ma quando si trova di fronte a folle di decine di milioni di persone che scrutano la storia, in attesa dell’anno Duemila, attendendo il Millennio, […] chi si interessa di scienze sociali delle religioni non può tacere, e deve porre una domanda agli esegeti, ai teologi, ai pastori. Queste folle, questi milioni di persone forse si sbagliano (e su certi punti, per il cattolico, si sbagliano certamente), ma vi siete chiesti da dove vengono e dove vanno? Non stanno forse cercando di dirvi anche loro che il moderno sta finendo e che nel mondo post-moderno la storia si reincanta, il fascino del meraviglioso fa muovere intere generazioni, sparute minoranze frequentano le conferenze dei teologi e degli esegeti “scientifici” mentre le folle si accalcano per ascoltare monsignor Milingo o Vassula Ryden? Disprezzare questi milioni di cattolici — per tacere di oltre cinquecento milioni di pentecostali non cattolici, quasi tutti millenaristi, un cristiano su quattro oggi nel mondo — non è per una élite teologica “progressista” e liberal una forma odiosa di disprezzo per i poveri e i semplici, pure evocati tanto spesso e non sempre a proposito?» (pp. 249-250).
Non risponde certo a quest’interrogativo chi parla di «segni dei tempi» (p. 250), ma utilizza solo i segni d’un passato ideologico materialista morto, sepolto e vinto dalla storia, o chi intellettualisticamente spregia le rivelazioni private «popolari» (p. 250), magari anche accompagnandosi moralisticamente agli «[…] sproloqui dei teologi “progressisti” sul “primato degli ultimi”» (p. 250). Né rispondono, certo, le deviazioni tipiche dell’epoca del surplus religioso.
Sicuramente lo fa, invece, chi pone attenzione globale all’essere umano e alle sue domande riguardanti argomenti essenziali che vanno dagli elementi preliminari dell’esperienza di fede, fino alle verità ultime, secondo una gamma di argomentazioni che il magistero di Papa Giovanni Paolo II privilegia — dati i tempi — in modo straordinariamente opportuno.
Il volume — del quale alcuni capitoli costituiscono versioni rivedute, ampliate e aggiornate di interventi a congressi e di articoli già apparsi su periodici, fra cui Cristianità — è completato da pagine dedicate ai Riferimenti (p. 251) e a una Postilla bibliografica (pp. 252-253).
A lato e in conclusione, è doveroso notare che le vicende della Grande Fratellanza Bianca ucraina e dell’Aum Shinri-kyo giapponese, descritte accuratamente in Mille e non più mille. Millenarismo e nuove religioni alle soglie del Duemila, offrono ulteriore spunto all’acceso e significativo dibattito sul cosiddetto «movimento anti-sette», sull’approccio laicista verso i nuovi movimenti religiosi e su un’adeguata critica costruttiva nei confronti degli stessi, di cui Massimo Introvigne è uno dei più accorti protagonisti e di cui costituiscono ampia testimonianza e utile documentazione le sue numerose pubblicazioni in diverse lingue — specificamente, per esempio, le considerazioni svolte in Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare (con una prefazione di Marco Invernizzi, Mimep-Docete, Pessano [Milano] 1995; cfr. anche la mia recensione, in Cristianità, anno XXIV , n. 252-253, aprile-maggio 1996, pp. 20-22) e, specificamente, articoli comparsi in Cristianità.
Certamente, infatti, la nuova religiosità — pur con tutta la cautela del caso — è de facto un passo diverso su quel cammino della secolarizzazione che sembrava essere già perfettamente pianificato a priori, nonché dato per inarrestabile e inevitabile, appena ieri. Un passo indietro, magari. O — il che è più adeguato ai fatti e più vero in essenza — un passo verso l’alto… A volte, il bicchiere «mezzo vuoto» è meglio vederlo come «mezzo pieno».
Marco Respinti