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“Mettere in comune”

22 Agosto 2019 - Autore: Michele Brambilla

di Michele Brambilla

Riprende, dopo una pausa ulteriore, il ciclo delle udienze generali del mercoledì di Papa Francesco, che da alcune settimane sta seguendo il filo conduttore degli Atti degli Apostoli. Il 21 agosto il Papa riflette dunque in particolare sull’espressione «Fra loro tutto era comune» (At 4,32), chiarendone il significato.

La prima precisazione è di tipo lessicale. «C’è un dinamismo di solidarietà che edifica la Chiesa come famiglia di Dio, dove risulta centrale l’esperienza della koinonia. Cosa vuol dire, questa parola strana? È una parola greca che vuol dire “mettere in comunione”, “mettere in comune”, essere come una comunità, non isolati». «Questa», stando alla narrazione degli Atti degli Apostoli, «è l’esperienza della prima comunità cristiana, cioè mettere in comune, “condividere”, “comunicare, partecipare”, non isolarsi». Si tratta della descrizione di qualcosa che i cattolici di ogni tempo sperimentano quotidianamente nella dimensione sacramentale: «nella Chiesa delle origini, questa koinonia, questa comunità rimanda anzitutto alla partecipazione al Corpo e Sangue di Cristo. Per questo, quando facciamo la comunione noi dichiamo “ci comunichiamo”, entriamo in comunione con Gesù e da questa comunione con Gesù arriviamo alla comunione con i fratelli e le sorelle».

È dalla fraternità che sorge dal condividere il medesimo Pane eucaristico che venne l’impulso a creare delle “casse comuni” (nei primi secoli gestite meticolosamente dai diaconi) nelle quali ognuno poteva versare una quota destinata all’azione caritativa della Chiesa. Il Papa ricorda in particolare la celebre colletta delle comunità fondate da san Paolo per soccorrere i cristiani poveri di Gerusalemme (cfr Rm 12,13; 2Cor 8-9): «Sempre la Chiesa ha avuto questo gesto dei cristiani che si spogliavano delle cose che avevano in più, delle cose che non erano necessarie per darle a coloro che avevano bisogno. E non solo dei soldi: anche del tempo. Quanti cristiani – voi, per esempio, qui in Italia – quanti cristiani fanno volontariato! Ma questo è bellissimo!».

Prosegue il Pontefice: «la comunità, o koinonia, diventa in tal modo la nuova modalità di relazione tra i discepoli del Signore. I cristiani sperimentano una nuova modalità di essere tra di loro, di comportarsi. Ed è la modalità propria cristiana, a tal punto che i pagani guardavano i cristiani e dicevano: “Guardate come si amano!”». Qualsiasi attentato alla comunione ecclesiale, come quello di Anania e Saffira (cfr At 4,36-37), che trattennero parte dei beni promessi alla Chiesa perché non si fidavano fino in fondo degli Apostoli, viene da «[…] un’appartenenza ecclesiale “negoziata”, parziale e opportunista. L’ipocrisia è il peggior nemico di questa comunità cristiana, di questo amore cristiano: quel far finta di volersi bene ma cercare soltanto il proprio interesse».

Giovedì, 22 agosto 2019

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