di Michele Brambilla
Il 13 maggio 2018 è una data particolarmente densa dal punto di vista liturgico: nell’Italia di rito romano e all’estero corrisponde alla solennità dell’Ascensione del Signore, ma è al contempo la VII domenica di Pasqua là dove il rito ambrosiano ha celebrato l’Ascensione il giovedì precedente nella corrispondenza esatta del 40° giorno dalla Risurrezione di Cristo. Il tutto senza dimenticare che ricorre al contempo il 101° anniversario della prima apparizione della Madonna a Fatima.
Come accade da alcuni anni, Papa Francesco sceglie di adeguarsi alle norme stabilite dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 1977 circa lo spostamento alla domenica delle festività infrasettimanali; pertanto, alla recita del Regina Coeli il Santo Padre esordisce ricordando che «oggi, in Italia e in tanti altri Paesi, si celebra la solennità dell’Ascensione del Signore. Questa festa racchiude due elementi. Da una parte, orienta il nostro sguardo al cielo, dove Gesù glorificato siede alla destra di Dio (cfr Mc 16,19). Dall’altra parte, ci ricorda l’inizio della missione della Chiesa», poiché la prima lettura della liturgia del giorno è uno dei primi passaggi degli Atti degli Apostoli (cfr. At 1, 1-11) nei quali l’evangelista san Luca amplia i particolari dell’episodio già narrato al termine del proprio Vangelo (cfr. Lc 24, 46-53), dove si limita a dire: «poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo» (vv. 50-51).
Il luogo dell’Ascensione è tutt’ora segnalato, a Gerusalemme, da una piccola moschea-edicola, che prima della conquista araba della Città Santa, nel 638, era una chiesa circolare lasciata volutamente senza il tetto affinché i fedeli potessero alzare anche loro lo sguardo verso il Redentore nei Cieli (la cupola edificata dai musulmani nei secoli successivi serve proprio a impedirlo).
Tuttavia, gli Apostoli non rimasero troppo a lungo con il naso all’insù. Spiega il Pontefice infatti che «[…] l’Ascensione ci esorta ad alzare lo sguardo al cielo, per poi rivolgerlo subito alla terra, attuando i compiti che il Signore risorto ci affida». A questo spinge la pagina di Vangelo del giorno, che è invece tratta dall’evangelista san Matteo (cfr. Mt 28,16-20), in cui «[…] l’evento dell’Ascensione viene subito dopo la missione che Gesù affida ai discepoli. Si tratta di una missione sconfinata – cioè letteralmente senza confini – che supera le forze umane. Gesù infatti dice: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15)».
Sembra un incarico sconfinato, «eppure questa sparuta compagnia, irrilevante di fronte alle grandi potenze del mondo, è inviata a portare il messaggio d’amore e di misericordia di Gesù in ogni angolo della terra» senza paura e senza “ansia del risultato”. Gesù ripete quelle parole a tutti i cattolici. «Ciascuno, infatti, in forza del Battesimo che ha ricevuto, è abilitato per parte sua ad annunciare il Vangelo», il che significa, afferma il Papa, diventare diffusori di «[…] segni concreti e visibili di speranza» mentre si attende alle occupazioni quotidiane della vita. I Sacramenti ci donano la grazia necessaria a dare attuazione alla nostra intrinseca vocazione missionaria. «Ci purifichi, o Padre, l’offerta che dedichiamo al Tuo nome e la grazia di questo sacrificio ci porti a vivere in modo ogni giorno più degno della nostra dignità di figli di Dio» (Messale Ambrosiano, VII domenica di Pasqua, orazione sui doni).
14 maggio 2018