Da Avvenire del 27/03/2021
In soli dodici mesi quasi 16mila nascite in meno, 112mila decessi in più, matrimoni e movimenti migratori in forte calo. Al 31 dicembre 2020 la popolazione residente in Italia è diminuita di circa 384mila unità rispetto all’inizio dello stesso anno. È come se una città della grandezza di Firenze fosse stata cancellata dalla cartina geografica della Penisola. Il declino demografico in atto dal 2015 nel nostro Paese, con una significativa riduzione delle nascite – sono state nell’anno in cui è scoppiata la pandemia 404.104 – che perdura da circa trent’anni, sembra dunque inarrestabile anche se è stato il diffondersi del Covid-19, questa volta, ad accelerare la discesa della curva verso minimi storici.
Le cifre diffuse ieri dal rapporto dell’Istat, parlano chiaro: alla fine dell’anno scorso i cittadini italiani erano 59 milioni e 257mila, cioè lo 0,6% in meno del 2019, mentre la quota in negativo dei nuovi nati su base annua è stata del 3,8%. La geografia delle nascite mostra, nei grafici proposti dall’Istat, un calo generalizzato, più accentuato al Nord-ovest (-4,6%) e al Sud (-4,0%). I tassi di natalità mettono la Provincia autonoma di Bolzano al primo posto con 9,6 nati per mille abitanti e la Sardegna all’ultimo con il 5,1 per mille.
A fare un balzo in avanti nel 2020 sono stati invece i decessi con una crescita del 17,6% di cancellazioni all’anagrafe causa morte. In totale i decessi sono stati 746.146, il numero più alto mai registrato dal 1945, con un aumento rispetto alla media 2015-2019 di oltre 100mila unità (+15,6%).
Il 2020 si è rivelato dunque un annus horribilis pure per i tre fattori demografici che lo hanno segnato e che condizioneranno presumibilmente lo sviluppo socio-economico dell’Italia nei prossimi decenni, come Avvenire aveva già drammaticamente annunciato alle prime avvisaglie del declino demografico, sei anni fa. Ecco allora, oggi, un nuovo minimo storico di nascite (poco più di 400mila, appunto) che non si manifestava dall’Unità d’Italia (1861), un record di morti, mai così tanti dal secondo dopoguerra ad oggi, come si è detto, e una sensibile riduzione dei movimenti migratori. Fenomeno, questo, che si accompagna in modo preoccupante all’emergenza denatalità.
Crolla anche il numero dei matrimoni che risultano il 47,5% in meno sul 2019 (nel dettaglio, si tratta del 68,1% in meno delle nozze celebrate con rito religioso e di un calo del 29% di quelle civili).
Dal bilancio stilato dall’istituto statistico risulta poi che durante la prima e la seconda ondata dell’epidemia di coronavirus e il lockdown di marzo, a causa dei blocchi della mobilità, nell’anno da poco trascorso si contano più cancellazioni (1.628.172) che iscrizioni (1.586.292) alle anagrafi. Ma le ripercussioni più rilevanti dell’emergenza sanitaria si sono verificate sui movimenti migratori internazionali: le iscrizioni di cittadini provenienti dall’estero sono state solo 220.533. Ma su questo fronte, il dato più interessante che emerge dalla ricerca dell’Istat è che nell’arco di 18 anni gli stranieri residenti in Italia superano i 5 milioni e rappresentano l’8,4% della popolazione.
Un’occhiata, infine, va data al tasso di crescita naturale, ovvero il rapporto tra saldo naturale (differenza tra nati e morti) dell’anno e popolazione media: quello nazionale individuato dall’istituto statistico è pari al -5,8 per mille e varia dal -0,6 per mille di Bolzano al -11,3 per mille della Liguria. Le Regioni che più delle altre vedono peggiorare il saldo naturale (oltre il 4 per mille in meno rispetto al 2019) sono la Valle d’Aosta (-8,6 per mille) e la Lombardia (-6,7 per mille); solo la Calabria (-3,9 per mille) si assesta su valori simili a quelli del 2019. Decrescita piena e diffusa. E siamo tra i primi in Europa dove il trend negativo tocca anche Germania e Spagna lasciando fuori, per il momento, la Francia con un tasso sopra lo zero. Ma bisognerà vedere anche in questi Paesi, pur ‘men vecchi’ di noi, quale è stato l’effetto Covid.
Foto da ilsole24ore.it