Di Marco Invernizzi da Tempi del 17/03/2021
Così scriveva il presidente dell’Istat Giancarlo Blangiardo l’1 febbraio scorso: «I primi dati sulla nuzialità, disponibili in via provvisoria per il periodo gennaio-ottobre, segnalano per il 2020 circa 85 mila matrimoni, a fronte dei 170 mila nei primi dieci mesi del 2019 e dei 182 mila nello stesso intervallo del 2018». Credo siano dati sui quali valga la pena riflettere. Se non ci si sposa è difficile immaginare che il trend demografico inverta la propria rotta e torni a salire, anche in un’epoca in cui le convivenze sembrano crescere e i matrimoni diminuire. E la situazione demografica è drammatica, come attesta sempre l’Istat, perché nel 2019 sono nati 420.084 bambini (meno 20.000 rispetto al 2018) e nel 2020 il numero diminuirà ancora avvicinandosi alla quota di 400.000, il minimo storico nella vita dell’Italia da 150 anni.Il ricambio generazionale è oggi 1,27 figli per coppia, assai lontano da quei 2,1 che appunto lo garantirebbe. Il trend è tipico di tutti i paesi occidentali, ma in Italia è particolarmente accentuato, anche perché non esistono (né sono mai esistite nella storia italiana dopo la fine della Seconda guerra mondiale) politiche familiari a sostegno della maternità. Il problema è certamente anzitutto culturale, ma se ci fossero incentivi economici e un sostegno sociale, come per esempio nella provincia di Bolzano (dove infatti la natalità è più alta), le cose potrebbero migliorare.Perché il problema è culturale? Per il semplice fatto che la cultura dominante non prevede la famiglia come la cellula fondamentale della società né il matrimonio come una meta desiderata dalla maggioranza dei giovani. Un’ideologia ostile alla famiglia è stata diffusa dagli anni Sessanta del secolo scorso e ha cambiato il senso comune delle generazioni successive. oggi, nell’epoca della “dittatura del relativismo”, l’ostilità non è più accanita e “frontale” come dopo il 1968, ma il modello di famiglia naturale, padre, madre e figli, sta diventando uno dei diversi modelli familiari, accanto a modelli di famiglia alternativi e soprattutto alla “non famiglia”. Stiamo entrando dentro non solo a una società “post-familiare”, come titola il Rapporto 2020 sulla famiglia del Centro Internazionale Studi Famiglia, ma stiamo diventando una società caratterizzata dal trans-umanesimo nella quale «la famiglia trans-umana non è più riconoscibile come famiglia, agli occhi del presente», scrive Pierpaolo Donati nel Rapporto 2020 già citato. C’è un’altra considerazione da fare, leggendo sempre quanto scrive Blangiardo: «La variazione negativa del numero di matrimoni è stata nel complesso del 50,3 per cento – rispetto al 2019 e a parità di periodo – ma il calo raggiunge la punta del 69,6 per cento se ci si limita a quelli religiosi. Questi ultimi rappresentavano il 49,5 per cento del totale delle unioni nei primi dieci mesi del 2019 (erano il 51,8 nello stesso periodo del 2018) e sono scesi al 30,3 per cento nel 2020». I matrimoni diminuiscono e i matrimoni religiosi sono il 30,3 per cento dei matrimoni celebrati nel 2020. Pochi si sono sposati e fra questi i 2/3 col rito civile.
Ecologia e antropologia
Il secolarismo e il relativismo sono penetrati in profondità. ripartiamo da qui, cioè da quelle poche famiglie che ci sono ancora e che ritengono il matrimonio una cosa seria, una scelta vocazionale. Sono le “famiglie relazionali”, così le chiama sempre Donati nel Rapporto 2020 sulla famiglia, nelle quali «le relazioni fra uomini e donne, così come fra le generazioni, sono caratterizzate dalla fiducia, cooperazione e reciprocità come progetto riflessivo di vita». Sono poche ma diventano sempre più consapevoli di vivere in un mondo che ha altri punti di riferimento, che segue una cultura diversa e ha un’idea molto alternativa di famiglia. Un mondo “strano”, che appare molto preoccupato di preservare l’ambiente e molto distratto riguardo alla famiglia, un mondo che può essere aiutato dalle parole di papa Francesco: «Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia. (…) non si può proporre una relazione con l’ambiente a prescindere da quella con le altre persone e con Dio. Sarebbe un individualismo romantico travestito da bellezza ecologica e un asfissiante rinchiudersi nell’immanenza» (Laudato si’, 118-119).
Foto da articolo