Da Avvenire del 31/01/2020
Parigi
In appello, il castello d’accuse contro il cardinale Philippe Barbarin si è sbriciolato, accrescendo ancor più le perplessità sul prolungato sensazionalismo attorno al caso delle presunte responsabilità dell’arcivescovo di Lione per omessa denuncia di abusi su minori. Ieri, nel capoluogo dell’Est francese, i giudici della Corte d’appello hanno pienamente assolto il porporato dall’accusa di aver ostacolato la giustizia non segnalando i crimini di Bernard Preynat, ex sacerdote dimesso dallo stato clericale, che come cappellano di gruppi scout si macchiò di ripetuti atti di pedofilia fino al 1991: un periodo anteriore di oltre un decennio all’arrivo a Lione di Barbarin come arcivescovo, nel luglio 2002.
Al di là delle questioni cronologiche, i magistrati hanno seguito la mai mutata linea della procura della Repubblica di Lione, che nel 2016 aveva archiviato i sospetti già in fase d’indagine preliminare, prima che le vittime di Preynat impugnassero il caso ricorrendo a una speciale procedura d’accusa contemplata in Francia e in pochi altri ordinamenti: la citazione diretta a giudizio su iniziativa delle vittime.
Poco dopo il verdetto di ieri, il cardinale Barbarin ha dichiarato: «Questa decisione permette di voltare pagina e per la Chiesa di Lione è l’occasione di aprire un nuovo capitolo. Per questo, rimetterò nuovamente la mia carica di arcivescovo di Lione nelle mani di papa Francesco. Naturalmente, se il Santo Padre desidera vedermi, mi recherò a Roma. Lo scorso marzo, aveva rifiutato le mie dimissioni, accettando che restassi in ritiro durante la procedura giudiziaria. Adesso, posso serenamente rinnovargli la mia domanda». Per Barbarin, primate delle Gallie, l’attenzione verso le vittime della spaventosa piaga della pedofilia non può ammettere deroghe: «Oggi, i miei pensieri vanno sempre verso le vittime. Con molti altri fratelli e sorelle, continuo e continuerò a pregare per loro e per le loro famiglie, quotidianamente».
Nel pomeriggio, Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa vaticana, ha diffuso un comunicato ufficiale: «Unitamente alla Conferenza episcopale francese, la Santa Sede riafferma la propria vicinanza a tutte le vittime di abusi, nella loro sofferenza, e alle loro famiglie e comunità, ed è al fianco della Chiesa di Lione, duramente provata». Circa la rinnovata richiesta di Barbarin, il Papa «comunicherà la propria decisione a tempo debito».
Per Jean-Félix Luciani, l’avvocato del porporato, un’«ingiustizia è oggi riparata», con riferimento al verdetto di condanna in primo grado del marzo 2019, in un clima di forti pressioni mediatiche. Sempre sul piano processuale, intanto, si è appreso che l’accusa porterà il caso in Cassazione. «Attraverso questa procedura giudiziaria, promuoviamo un progetto di società», ha ribadito ai microfoni di France Info François Devaux, vittima di Preynat e presidente dell’associazione “La parola liberata”. Negli ultimi anni, fra le anomalie che hanno caratterizzato il caso, figura il fatto che il cardinale Barbarin sia stato giudicato prima dello stesso Preynat. Il procedimento penale a carico di quest’ultimo, separato da quello riguardante Barbarin, si è svolto infatti dal 14 al 17 gennaio scorsi. Nei confronti dell’ex sacerdote, come detto dimesso dallo stato clericale, è stata chiesta una condanna ad almeno otto anni di carcere per abusi sessuali commessi su ragazzi di età compresa tra i 7 e i 15 anni. Episodi, terribili, che Preynat ha ammesso durante una testimonianza dai contenuti agghiaccianti resa al tribunale di Lione. «Per me, all’epoca, non si trattava di aggressioni sessuali, ma di carezze, di coccole. Mi sbagliavo – ha aggiunto –. A farmelo capire sono state le accuse delle vittime». Il verdetto nei confronti di Preynat sarà emesso il 16 marzo.
Ma il porporato rimette di nuovo il mandato di guida della diocesi nelle mani del Papa. La Santa Sede: a tempo debito la decisione del Pontefice «Vicinanza alle vittime, alle loro famiglie e alla Chiesa di Lione»