Di Michel Houellebecq da Il Foglio del 19/01/2023
“Iniziamo con un piccolo paragrafo malvagio. Guy Debord ha scelto di uccidersi alla vecchia maniera; Jean-Luc Godard – ‘il più stupido maoista svizzero ‘, secondo le parole del divertente slogan d’ispirazione situazionista – ha scelto il suicidio assistito; il prossimo provocatore di genio opterà senza dubbio per l’eutanasia medicalizzata. L’asticella, come si suol dire, continua a scendere”.
Si apre così un nuovo saggio di Michel Houellebecq sull’eutanasia che non mancherà di far discutere. Lo scrittore francese ha scelto le colonne del magazine americano Harper’s per condannare “la via europea alla morte”. L’autore di “Annientare” e “Sottomissione”, che sembra l’ultimo grande romanziere desideroso di piantare grane culturali, elogia il vecchio giuramento di Ippocrate: “Ippocrate visse molto prima dell’avvento del cristianesimo: un fatto significativo. Tutti gli oppositori dell’eutanasia che conosco sono ferventi cristiani; come unico agnostico tra loro, a volte mi sento incompreso. Non perché dubitano delle mie convinzioni, che ho espresso fin troppo coerentemente, ma perché le mie motivazioni sfuggono loro, o almeno così mi sembra. La dignità è diventata una parola senza senso, una battuta di cattivo gusto. Ho persino l’impressione che per i miei contemporanei l’idea di legge morale sia diventata piuttosto oscura. E’ difficile e faticoso vivere in un paese in cui le leggi sono disprezzate, sia che sanzionino atti che non hanno nulla a che fare con la morale, sia che condonino atti moralmente abietti. Ma è peggio vivere tra persone che si cominciano a disprezzare per la loro sottomissione a queste leggi che disprezzano e per la loro avidità nel chiederne di nuove”.
Il suicidio assistito con un metodo o un altro è stato legalizzato in gran parte degli Stati Uniti e in Svizzera. In Francia siamo vicini all’approvazione dell’eutanasia somministrata dal medico, dopo Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Spagna. “In altre parole, sta diventando il modo europeo di morire. Stiamo dimostrando ancora una volta il nostro debole rispetto per la libertà individuale e un malsano appetito per la microgestione, uno stato di cose che chiamiamo ingannevolmente welfare ma che è più precisamente descritto come servitù. Questa miscela di estrema infantilizzazione, con la quale si concede a un medico il diritto di porre fine alla vita, e un desiderio petulante di ‘libertà finale’, è una combinazione che, francamente, mi disgusta”.
Sarò fortunato, scrive Houellebecq, “ma in tutti i casi di agonia fisica che ho sperimentato, la morfina è stata sufficiente ad alleviare il dolore. Ai giorni nostri – questo va detto chiaramente e ripetuto costantemente – il dolore fisico può essere sconfitto”. Ma c’è un’altra menzogna peggiore. “In quasi tutti i paesi, le epoche storiche, le religioni, le civiltà e le culture, l’agonia è stata considerata un aspetto cruciale della nostra esistenza. Non mancano gli studi sulla morte: per l’occidente cristiano, consiglio l’opera di Philippe Ariès. Che crediate o meno nell’esistenza di un Creatore che vi chiamerà a rendere conto del vostro operato, questo è il momento dell’addio, l’ultima occasione per vedere certe persone. Troncarlo è empio (per chi crede) e immorale (per chiunque). Questo è quanto ci dicono civiltà, religioni e culture che ci hanno preceduto, ed è ciò che il cosiddetto progressismo si prepara a distruggere”. Non è compito dei medici porre fine alla vita. Anzi, è l’esatto contrario del loro compito. Houellebecq conclude citando “The test”, un racconto di Richard Matheson. Gli anziani sono sottoposti a test di competenza che devono superare per evitare di essere soppressi. Nel frattempo, i loro discendenti siedono a casa, sperando nel test che li libererà dal peso dell’invecchiamento. “Una volta letto ‘The test’ mi sembra che non ci sia altro da dire contro l’eutanasia; la storia dice tutto”.