Di Michele Brambilla
Come afferma Papa Francesco all’inizio dell’Angelus del 1 novembre, «l’odierna solennità di Tutti i Santi ci ricorda che siamo tutti chiamati alla santità». Il Pontefice puntualizza subito dopo: «i Santi e le Sante di ogni tempo, che oggi celebriamo tutti insieme, non sono semplicemente dei simboli, degli esseri umani lontani, irraggiungibili. Al contrario, sono persone che hanno vissuto con i piedi per terra; hanno sperimentato la fatica quotidiana dell’esistenza con i suoi successi e i suoi fallimenti, trovando nel Signore la forza di rialzarsi sempre e proseguire il cammino».
Il pericolo, infatti, è quello di considerare i Santi che vediamo sugli altari come delle figure “eteree” vissute in epoche lontane, che non hanno nulla a che spartire con i nostri tempi o con la nostra quotidianità, oppure degli “eroi” che hanno raggiunto il vertice della gloria grazie a sforzi “titanici”. Invece, assicura il Papa, leggendo le biografie dei santi canonizzati «[…] si comprende che la santità è un traguardo che non si può conseguire soltanto con le proprie forze, ma è il frutto della grazia di Dio e della nostra libera risposta ad essa. Quindi la santità è dono e chiamata». “Dono” perché grazia immeritata proveniente da Dio, “chiamata” perché «[…] è una vocazione comune di tutti noi cristiani, dei discepoli di Cristo; è la strada di pienezza che ogni cristiano è chiamato a percorrere nella fede, procedendo verso la meta finale: la comunione definitiva con Dio nella vita eterna. La santità diventa così risposta al dono di Dio, perché si manifesta come assunzione di responsabilità» nella quale si converte il proprio agire al dettato del Vangelo.
Si comprende allora meglio una frase del Papa che sui media laici è stata subito associata alle feste in maschera della notte di Halloween, ma ha in realtà un valore molto più profondo: «in questi giorni, in cui, purtroppo, circolano anche messaggi di cultura negativa sulla morte e sui morti, invito a non trascurare, se possibile, una visita e una preghiera al cimitero. Sarà un atto di fede». A ben vedere, la denuncia di Francesco mette sotto accusa l’intera ottica con la quale l’Occidente secolarizzato guarda alla morte, non escluso il fenomeno dell’eutanasia di cui tanto si è discusso nel 2019. Una società che misconosce il senso religioso non è più in grado di interpretare la morte come passaggio e, di conseguenza, priva di stimoli la stessa vita terrena. Se la vita non vale nulla perché costruire, mettere su famiglia, o condurre una politica che vada oltre il tornaconto immediato?
Ammonisce allora il Papa: «fratelli e sorelle, il ricordo dei Santi ci induce ad alzare gli occhi verso il Cielo: non per dimenticare le realtà della terra, ma per affrontarle con più coraggio, con più speranza. Ci accompagni, con la sua materna intercessione, Maria, la nostra Madre santissima, segno di consolazione e di sicura speranza», quella del Figlio risorto, che nei secoli ha già illuminato molte esistenze concrete e spinge anche noi ad una santità «[…] della porta accanto, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 7)».
Sabato, 2 novembre 2019