Di Marina Casini Bandini da Avvenire del 01/07/2021
Caro direttore,
il Trattato di Lisbona propone all’Europa il valore che fonda la sua stessa identità, cioè la dignità umana e il rispetto dei diritti umani. Analogamente dispone la Carta dei diritti fondamentali nell’Unione Europea dove è prevista anche la libertà di coscienza, ripresa e valorizzata nel 2010 da una risoluzione del Consiglio d’Europa (organismo che coinvolge non 27 Paesi come la Ue, ma ben 47) nella quale si legge che «nessuna persona, nessun ospedale o altro istituto sarà costretto, reso responsabile o sfavorito in qualsiasi modo a causa di un rifiuto a eseguire, facilitare, assistere o essere sottoposto a un aborto, all’esecuzione di un parto prematuro, o all’eutanasia o a qualsiasi atto che potrebbe provocare la morte di un feto o di un embrione umano, per qualsiasi ragione». Queste basi d’Europa sono tradite quando l’uomo, nella fase più debole e povera della sua vita, quella embrionale, viene eliminato e tale pratica viene considerata un progresso civile tanto da esortare «a eliminare e combattere gli ostacoli all’aborto legale».
Ciò è, purtroppo, avvenuto con l’approvazione della risoluzione del Parlamento Europeo «sulla situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nella Ue, nel quadro della salute delle donne» (cosiddetto rapporto Matic) che chiede di riconoscere l’aborto come «prestazione sanitaria essenziale» invitando i Paesi membri «a rivedere le loro posizioni giuridiche nazionali sull’aborto e ad allinearle alle norme internazionali sui diritti umani»; che definisce l’obiezione di coscienza come «negazione all’assistenza medica», che bolla come «campagna di disinformazione» ogni discorso critico verso l’aborto, che introduce l’«identità di genere » nell’ambito della «riproduzione medicalmente assistita». Questi solo alcuni passaggi.
Non è la prima volta che vengono presentate proposte di risoluzione di analogo tenore, ma in altre occasioni hanno prevalso la ragione e la coerenza con l’anima dell’Europa culla dei diritti dell’uomo. Con grande fatica, sono state ottenute risoluzioni favorevoli ai diritti del concepito in materia di procreazione artificiale e ingegneria genetica, con intenso lavoro di vigilanza e attenzione è stata evitata l’approvazione di testi come quello approvato pochi giorni fa (per ben due volte fu rigettata la proposta di risoluzione Estrela) e scongiurata una risoluzione sull’eutanasia.
Questa volta, però, nonostante l’impegno di molti, l’esito è stato opposto. Bisogna considerare la forte pressione che da anni viene sistematicamente esercitata sulle massime istituzioni internazionali per introdurre l’aborto nel catalogo dei diritti umani, attraverso espressioni edulcorate come quella, appunto, «salute e diritti sessuali e riproduttivi» e che stravolge i concetti di dignità, uguaglianza, diritti, famiglia. Il clima culturale determinato dalle lobby pro-aborto, con tutto ciò che ne consegue, ha esercitato una influenza su tutti, e quindi anche sui parlamentari. Perciò diventa sempre più difficile anche nel Parlamento Europeo resistere alla ‘congiura contro la vita’. Va anche detto che spesso vengono presentati documenti che contengono molte parti positive (sui diritti dell’uomo, sull’eguaglianza, sui diritti delle donne e dei bambini, sull’aiuto allo sviluppo, etc.), ma all’interno sono inseriti anche articoli molto negativi perché esprimono un giudizio favorevole all’aborto, alla «cultura dello scarto» e dell’autodeterminazione a oltranza.
La maggioranza dei parlamentari si lascia ingannare dalle parti positive e comunque teme che il proprio elettorato ritenga che il rifiuto del rapporto in questione sia stato causato non dalla questione dell’aborto, ma delle altre parti positive. L’amaro risultato non deve far dimenticare la gratitudine per l’impegno da tanti profuso – tra essi la Federazione europea One of us (Uno di noi) nata proprio per portare una cultura alternativa a quella che presente nella risoluzione Matic – né deve far scoraggiare. Anzi, è necessario migliorare la nostra azione in uno spirito di unità di obiettivi e strategie, sapendo che non si può raggiungere tutto subito, ma che la via della gradualità non accetta compromessi. È altrettanto necessario stare lontani da un linguaggio polemico, offensivo, giudicante perché il superamento della ‘guerra culturale’ esige il dialogo, cioè la ricerca comune della verità.
Presidente Movimento per la Vita italiano