Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, Cristianità, 15 (1976)
Dichiarazione del Consiglio Permanente della CEI
Il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, riunito a Roma per la sessione autunnale, mentre volge al termine la celebrazione del Giubileo, esprime la riconoscenza della Chiesa italiana al Santo Padre per il suo straordinario magistero di carità e di verità; rileva con gioia la edificazione nella grazia di tutti coloro che, in così grande numero, hanno rinvigorito la propria fede specialmente nel pellegrinaggio a Roma, auspicando un rinnovamento nelle nostre comunità ed un più vigoroso impegno di vita cristiana.
A fronte della meravigliosa testimonianza di unità del popolo di Dio, dobbiamo dolorosamente constatare come purtroppo il dono della riconciliazione non è stato da tutti generosamente accolto. Alludiamo, in particolare, a quei gruppi di contestazione, operanti ancora all’interno della comunità cristiana che, seppure ridotti di numero e di entità, anziché accogliere la grazia dell’incontro fraterno, si sono irrigiditi nel loro dissenso. Non ci limitiamo a deplorare queste fratture, ma rinnoviamo il gesto invitante della nostra fraternità, e per tutti invochiamo la grazia di un’aperta e sincera conversione, che rinsaldi l’unità della Chiesa, fuori dalla quale non può esserci né vita cristiana né fecondità evangelica.
Nel contempo non possiamo non diffidare i cristiani di buona volontà dal seguire le devianti suggestioni di coloro che, sacerdoti o laici, continuano a ferire la comunione organica e gerarchica, ponendosi in tal modo automaticamente al di fuori della Chiesa indivisibile di Cristo.
La grazia della riconciliazione che deriva dal mistero pasquale del Signore, oltre a ravvivare la Chiesa, tende a dare anche un nuovo volto al mondo, promuovendo l’uomo secondo tutta l’ampiezza del piano di Dio. Per questo dobbiamo e vogliamo innanzitutto partecipare alla difficile situazione del nostro Paese, condividendo le sofferenze dei più umili, dei più poveri, dei disoccupati, dei più esposti ai disagi economici ed alla crisi dei valori morali.
In questa prospettiva, non possiamo tacere la parola della fede cristiana, che persino coloro i quali non credono in Cristo aspettano da noi. La vera giustizia sociale va perseguita con ogni sforzo e solidale sacrificio; ma essa è un valore indivisibile da tutti gli autentici valori umani, i quali non si possono difendere ed esaltare che nella loro ordinata globalità.
Per questo sentiamo il grave dovere di coscienza, di fronte al popolo di Dio e di fronte alla storia, di fare la seguente dichiarazione, in comunione profonda col Papa e in solidarietà episcopale tra di noi.
1. Uno dei principali motivi di tensione in atto nella cattolicità, deriva da una non retta interpretazione del rapporto tra fede e prassi politica.
Nelle contraddizioni fra tante ideologie e movimenti storici da esse derivanti, solo una vera originalità cristiana, che sia autenticata nella Chiesa alla luce dei magistero dei Pastori, può garantire il responsabile apporto dei cattolici a sostegno della giustizia e dei diritti inalienabili della libertà religiosa e civile.
“Il cristiano – dice l’Octogesima adveniens – che vuol vivere la sua fede in un’azione politica intesa come servizio, non può, senza contraddirsi, dare la propria adesione a sistemi ideologici che si oppongono radicalmente o su punti sostanziali alla sua fede e alla sua concezione dell’uomo” (n. 26).
Fra tali sistemi, sono certamente da annoverare quelli che si ispirano a ideologie totalitarie, radicali o laiciste e quelli che professano una visione materialista e atea della vita. È quindi incompatibile con la professione di fede cristiana l’adesione o il sostegno a quei movimenti che, sia pure in forme diverse, si fondano sul marxismo, il quale nel nostro Paese continua ad avere la sua più piena espressione nel comunismo, già operante fra noi anche a livello culturale e amministrativo.
Anche se tali movimenti e dottrine propugnano ideali umani apprezzabili, e affermano di voler affrontare problemi di urgente necessità, tuttavia, poiché disattendono i valori primari, riguardanti la visione integrale dell’uomo, della sua storia e del suo rapporto con Dio, mancano di vera credibilità e conducono inevitabilmente ad altre forme di schiavitù, che a noi sembrano già parzialmente in atto nello stesso nostro Paese.
Non si può essere simultaneamente cristiani e marxisti.
È l’ora, invece, della coerenza, della fedeltà e di quel responsabile discernimento cristiano, che soprattutto nei momenti più impegnativi deve misurarsi nella fede della Chiesa.
2. Nel contesto di una situazione sociale complessa e difficile, caratterizzata spesso dallo smarrimento del senso morale, si inserisce la progettata legge sull’aborto.
L’aborto è un crimine, è l’uccisione dell’innocente.
A nessuno è lecito uccidere; a nessuno è consentito decidere sulla possibilità di sopprimere un essere umano innocente e indifeso.
Pertanto, rinnoviamo il nostro pressante appello ai legislatori e ai politici, perché non vogliano introdurre nella legislazione italiana quella grave ferita alla retta coscienza morale e al rispetto della vita, che è la liberalizzazione dell’aborto.
A nome dei cristiani, a nome degli uomini onesti, diciamo la nostra decisa opposizione. Non con la “regolarizzazione” di un reato, ma con adeguati provvedimenti sociali in difesa della vita e con un più deciso impegno educativo, si deve ridurre ed allontanare una piaga tanto dolorosa e umiliante.
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Chiudiamo questa breve dichiarazione con una parola di conforto.
In questi ultimi anni, e in forza di dolorose esperienze, è emerso un risveglio della coscienza di molti cattolici operanti nel settore della pastorale e anche nella vita pubblica e sono sorte iniziative notevoli, che danno alimento e sostegno alla speranza di una valida presenza cristiana.
Questa presenza sarà tanto più efficace quanto più si svilupperà nella piena adesione alla vita della Chiesa ed entrerà nella vita sociale con coerenza evangelica e convergenza di progetti e di opere.
In questo auspicio, che si fa appello e preghiera, possano tutti accogliere il messaggio di amore e di pace del prossimo Natale; e che i cristiani, nella salvezza che viene da Cristo, sappiano dare ragione al mondo della loro speranza.
Roma, 13 dicembre 1975.