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«Non temete», dice il Papa

18 Novembre 2019 - Autore: Michele Brambilla

Di Michele Brambilla

Il discorso escatologico contenuto nel Vangelo secondo san Luca (cfr. Lc 21, 5-19), pagina assegnata alla XXXIII domenica del Tempo ordinario, «usa», spiega Papa Francesco all’Angelus del 17 novembre, «due immagini apparentemente contrastanti: la prima è una serie di eventi paurosi: catastrofi, guerre, carestie, sommosse e persecuzioni (Lc 21,9-12); l’altra è rassicurante: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” (Lc 21,18)».

Nel commentare questi passaggi il Pontefice propone una riflessione: «pensiamo a tante guerre di oggi, a tante calamità di oggi». Non è un invito ad accostamenti semplicistici tra la pagina evangelica e la cronaca, ma a gettare lo sguardo sulla lotta tra bene e male che attraversa i secoli. Prendendo l’immagine del capello, Francesco spiega che essa «[…] ci dice l’atteggiamento che deve assumere il cristiano nel vivere questa storia, caratterizzata da violenza e avversità. E qual è l’atteggiamento del cristiano? È l’atteggiamento della speranza in Dio, che consente di non lasciarsi abbattere dai tragici eventi. Anzi, essi sono “occasione di dare testimonianza” (Lc 21,13)» a Lui, presente nei nostri fratelli più bisognosi, nella carità. «Oggi», infatti, «celebriamo la Giornata Mondiale dei Poveri, che ha per tema le parole del salmo “La speranza dei poveri non sarà mai delusa” (Sal 9,19). Il mio pensiero va a quanti, nelle diocesi e nelle parrocchie di tutto il mondo, hanno promosso iniziative di solidarietà per dare concreta speranza alle persone più disagiate».

Ergo, «i discepoli di Cristo non possono restare schiavi di paure e angosce; sono chiamati invece ad abitare la storia, ad arginare la forza distruttrice del male, con la certezza che ad accompagnare la sua azione di bene c’è sempre la provvida e rassicurante tenerezza del Signore. Questo è il segno eloquente che il Regno di Dio viene a noi, cioè che si sta avvicinando la realizzazione del mondo come Dio lo vuole. È Lui, il Signore, che conduce la nostra esistenza e conosce il fine ultimo delle cose e degli eventi».

Il Santo padre lo ripete una seconda volta: «il Signore ci chiama a collaborare alla costruzione della storia, diventando, insieme a Lui, operatori di pace e testimoni della speranza in un futuro di salvezza e di risurrezione. La fede ci fa camminare con Gesù sulle strade tante volte tortuose di questo mondo, nella certezza che la forza del suo Spirito piegherà le forze del male, sottoponendole al potere dell’amore di Dio. L’amore è superiore, l’amore è più potente, perché è Dio: Dio è amore», è invincibile anche per questo. «Ci sono di esempio i martiri cristiani – i nostri martiri, anche dei nostri tempi, che sono di più di quelli degli inizi – i quali, nonostante le persecuzioni, sono uomini e donne di pace. Essi ci consegnano una eredità da custodire e imitare: il Vangelo dell’amore e della misericordia». Francesco cita in particolare un suo confratello martire, appena salito agli onori degli altari: «ieri a Riobamba, in Ecuador, è stato proclamato Beato padre Emilio Moscoso (1846-97), sacerdote martire della Compagnia di Gesù, ucciso nel 1897 nel clima persecutorio contro la Chiesa Cattolica» che fu scatenato dalla Massoneria dopo la presidenza del cattolico Gabriel Garcia Moreno (1821-1875). 

Lunedì, 18 novembre 2019

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