Congregazione per la Dottrina della Fede, Quaderni di Cristianità, anno I, n. 1, primavera 1985
Notificazione sul volume Chiesa: Carisma e Potere. Saggio di ecclesiologia militante del padre Leonardo Boff o. f. m.
L’11 marzo 1985 la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede ha resa pubblica una notificazione, approvata dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, sul volume di padre Leonardo Boff O. F. M. Chiesa: Carisma e Potere. Il documento — che continua l’opera di chiarificazione dottrinale iniziata dalla stessa Congregazione con la Istruzione su alcuni aspetti della «teologia della liberazione» «Libertatis nuntius», del 6 agosto 1984 — è trascritto da L’Osservatore Romano, 20/21-3-1985. Anche il titolo e i sottotitoli sono ripresi dal quotidiano vaticano.
Introduzione
Il 12 febbraio 1982 Leonardo Boff O. F. M. prendeva l’iniziativa di inviare alla Congregazione per la Dottrina della Fede la risposta da lui data alla Commissione arcidiocesana per la Dottrina della Fede di Rio de Janeiro, la quale aveva criticato il suo libro Chiesa: Carisma e Potere (titolo originale: Igreja: Carisma e Poder, ed. Vozes, Petrópolis 1981. Le citazioni del volume nella presente Notificazione si riferiscono alla traduzione italiana: Chiesa: Carisma e Potere, ed. Borla, Roma 1983). Egli dichiarava che quella critica conteneva gravi errori di lettura e di interpretazione.
La congregazione, dopo aver studiato lo scritto nei suoi aspetti dottrinali e pastorali, esponeva all’Autore in una lettera del 15 maggio 1984 alcune riserve, invitandolo ad accoglierle e offrendogli nel contempo la possibilità di un colloquio di chiarimento. Considerata però la influenza che il libro esercitava sui fedeli, la Congregazione informava L. Boff che la lettera sarebbe stata resa pubblica in ogni caso, tenendo eventualmente conto della posizione che egli avrebbe assunto in sede di colloquio.
Il 7 settembre 1984, L. Boff veniva ricevuto dal Cardinale Prefetto della Congregazione, assistito da Mons. Jorge Mejia in qualità di attuario. Contenuto della conversazione erano alcuni problemi ecclesiologici sorti dalla lettura del libro Chiesa: Carisma e Potere e segnalati nella lettera del 15 maggio 1984. Svoltasi in un clima fraterno, la conversazione ha offerto all’Autore l’occasione di esporre i propri chiarimenti, da lui consegnati anche in iscritto. Tutto ciò veniva precisato in un comunicato finale emesso e redatto d’intesa con L. Boff. Alla fine della conversazione, in altra sede, sono stati ricevuti dal Cardinale Prefetto gli Eminentissimi Cardinali Aloisio Lorscheider e Paulo Evaristo Arns che si trovavano a Roma per la circostanza.
La Congregazione ha esaminato, secondo la propria prassi, i chiarimenti orali e scritti forniti da L. Boff e, pur avendo preso atto delle buone intenzioni e delle ripetute attestazioni di fedeltà alla Chiesa e al Magistero da lui espresse, ha tuttavia dovuto rilevare che le riserve sollevate a proposito del volume e segnalate nella lettera, non potevano considerarsi sostanzialmente superate. Ritiene quindi necessario, così come era previsto, rendere ora pubblico, nelle sue parti essenziali, il contenuto dottrinale della suddetta lettera.
Premessa dottrinale
L’ecclesiologia del libro: Chiesa: Carisma e Potere intende venire incontro con una raccolta di studi e di prospettive ai problemi dell’America Latina e in particolare del Brasile (cf. p. 5). Tale intenzione da una parte esige una attenzione seria e approfondita alle situazioni concrete alle quali il libro si riferisce e dall’altra — per corrispondere realmente al suo scopo — la preoccupazione di inserirsi nel grande compito della Chiesa universale volto a interpretare, sviluppare e applicare, sotto la guida dello Spirito Santo, la comune eredità dell’unico Vangelo affidato dal Signore una volta per sempre alla nostra fedeltà. In tal modo l’unica fede del Vangelo crea ed edifica, attraverso i secoli, la Chiesa cattolica, la quale rimane una nella diversità dei tempi e nella differenza delle situazioni proprie alle molteplici Chiese particolari. La Chiesa universale si realizza e vive nelle Chiese particolari e queste sono Chiesa, proprio rimanendo espressioni e attualizzazioni della Chiesa universale in un determinato tempo e luogo. Così nel crescere e progredire delle Chiese particolari cresce e progredisce la Chiesa universale; mentre nell’attenuazione dell’unità diminuirebbe e decadrebbe anche la Chiesa particolare. Perciò il vero discorso teologico non deve mai accontentarsi solo di interpretare e di animare la realtà di una Chiesa particolare, ma deve piuttosto cercare di penetrare i contenuti del sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa e autenticamente interpretato dal Magistero. La prassi e le esperienze, che sorgono sempre da una determinata e limitata situazione storica, aiutano il teologo e lo obbligano a rendere accessibile il Vangelo nel suo tempo. La prassi tuttavia non sostituisce né produce la verità, ma resta a servizio della verità consegnataci dal Signore. Pertanto il teologo è chiamato a decifrare il linguaggio delle diverse situazioni — i segni dei tempi — e ad aprire questo linguaggio all’intelletto della fede (cf. Enc. Redemptor hominis, n. 19).
Esaminate alla luce dei criteri di un autentico metodo teologico — qui solo brevemente accennati — certe opzioni del libro di L. Boff risultano insostenibili. Senza pretendere di analizzarle tutte, vengono qui evidenziate le opzioni ecclesiologiche che sembrano decisive: la struttura della Chiesa, la concezione del dogma, l’esercizio del potere sacro, il profetismo.
La struttura della Chiesa
L. Boff si colloca, secondo le sue stesse parole, all’interno di un orientamento, nel quale si afferma «che la chiesa come istituzione non stava nel pensiero del Gesù storico, ma e sorta come evoluzione posteriore alla risurrezione, specialmente con il progressivo processo di disescatologizzazione» (p. 129). Conseguentemente la gerarchia è per lui «un risultato» della «ferrea necessità di doversi istituzionalizzare», «una mondanizzazione», nello «stile romano e feudale» (p. 70). Da qui deriva la necessità di un «cambiamento permanente della chiesa» (p. 112); oggi deve emergere una «chiesa nuova» (p. 110 e passim), la quale sarà «una nuova incarnazione delle istituzioni ecclesiali nella società, il cui potere sarà una semplice funzione di servizio» (p. 111).
Nella logica di queste affermazioni si spiega anche la sua interpretazione delle relazioni tra cattolicesimo e protestantesimo: «A noi pare che il cristianesimo romano (cattolicesimo) si distingua per l’affermazione coraggiosa dell’identità sacramentale e il cristianesimo protestante per un’affermazione intrepida della non-identità» (p. 130; cf. pp. 132 ss., 149).
In questa visione entrambe le confessioni sarebbero mediazioni incomplete, appartenenti a un processo dialettico di affermazione e di negazione. In questa dialettica «si mostra che cos’è il cristianesimo. Che cosa sia, non sappiamo. Sappiamo solamente quello che mostra di essere, nel processo storico» (p. 138).
Per giustificare questa concezione relativizzante della Chiesa — che sta a fondamento delle critiche radicali rivolte alla struttura gerarchica della Chiesa cattolica — L. Boff si appella alla Costituzione Lumen gentium (n. 8) del Concilio Vaticano II. Dalla famosa espressione del Concilio «Haec Ecclesia (sc. unica Christi Ecclesia) … subsistit in Ecclesia Catholica», egli ricava una tesi esattamente contraria al significato autentico del testo conciliare, quando afferma: «Di fatto essa (sc. l’unica Chiesa di Cristo) può pure sussistere in altre chiese cristiane» (p. 131). I1 Concilio aveva invece scelto la parola «subsistit» proprio per chiarire che esiste una sola «sussistenza» della vera Chiesa, mentre fuori della sua compagine visibile esistono solo «elementa Ecclesiae» che — essendo elementi della stessa Chiesa — tendono e conducono verso la Chiesa cattolica (LG 8). I1 Decreto sull’ecumenismo esprime la stessa dottrina (UR 3-4), la quale fu di nuovo precisata nella Dichiarazione Mysterium Ecclesiae, n. 1 (AAS LXV [1973], pp. 396- 398).
Il capovolgimento del significato del testo conciliare sulla sussistenza della Chiesa sta alla base del relativismo ecclesiologico di L. Boff sopra delineato, nel quale si sviluppa e si esplicita un profondo fraintendimento della fede cattolica circa la Chiesa di Dio nel mondo.
Dogma e rivelazione
La stessa logica relativizzante si ritrova nella concezione della dottrina e del dogma espressa da L. Boff. L’Autore critica in maniera molto severa «la comprensione “dottrinale” della rivelazione» (p. 73). È vero che L. Boff distingue tra dogmatismo e dogma (cf. p. 147), ammettendo il secondo e rigettando il primo. Tuttavia secondo lui il dogma nella sua formulazione vale solo «per un determinato tempo e per determinate circostanze» (p. 134). «In un secondo momento dello stesso processo dialettico il testo deve poter essere superato, per dare spazio all’altro testo dell’oggi della fede» (p. 135). Il relativismo risultante da tali affermazioni diventa esplicito, quando L. Boff parla di posizioni dottrinali tra loro contraddittorie, contenute nel Nuovo Testamento (cf. p. 135). Conseguentemente «l’atteggiamento veramente cattolico» sarebbe «quello di restare fondamentalmente aperti in tutte le direzioni» (p. 135). Nella prospettiva di L. Boff l’autentica concezione cattolica del dogma cade sotto il verdetto di «dogmatismo»: «Finché durerà questo tipo di comprensione dogmatica e dottrinale della rivelazione e della salvezza di Gesù Cristo si dovrà sempre fare i conti irrimediabilmente con la repressione della libertà del pensiero divergente dentro la Chiesa» (p. 74).
A questo proposito occorre rilevare che il contrario del relativismo non è il verbalismo o l’immobilismo. L’ultimo contenuto della rivelazione è Dio stesso, Padre, Figlio e Spirito Santo, che ci invita alla comunione con lui; tutte le parole si riferiscono alla Parola, o — come dice S. Giovanni della Croce: « … a su Hijo … todo nos lo habló junto y de una vez en esta sola Palabra y no tiene más que hablar» (Subida del Monte Carmelo, II 22, 3). Ma nelle parole sempre analogiche e limitate della Scrittura e della fede autentica della Chiesa, basata sulla Scrittura, si esprime in maniera degna di fede
la verità su Dio e sull’uomo. La permanente necessità di interpretare il linguaggio del passato, lungi dal sacrificare questa verità, la rende piuttosto accessibile e sviluppa la ricchezza dei testi autentici. Camminando sotto la guida del Signore, che è la via e la verità (Gv 14,6), la Chiesa, docente e credente, è sicura che la verità espressa nelle parole della fede non solo non opprime l’uomo, ma lo libera (Gv 8,32) ed è l’unico strumento di vera comunione tra uomini di diverse classi e opinioni, mentre una concezione dialettica e relativistica lo espone a un decisionismo arbitrario.
Già nel passato questa Congregazione ebbe a precisare che il senso delle formule dogmatiche rimane sempre vero e coerente, determinato e irreformabile, benché possa essere ulteriormente chiarito e meglio compreso (cf. Mysterium Ecclesiae, n. 5: AAS LXV [1973], pp. 403- 404).
Il depositum fidei, per continuare nella sua funzione di sale della terra che non perde mai il suo sapore, deve essere fedelmente conservato nella sua purezza, senza scivolare nel senso di un processo dialettico della storia e nella direzione del primato della prassi.
Esercizio del potere sacro
Una «grave patologia» da cui, secondo L. Boff, dovrebbe liberarsi la Chiesa romana, è data dall’esercizio egemonico del potere sacro che, oltre a fare di essa una società asimmetrica, sarebbe stato anche deformato in se stesso.
Dando per scontato che l’asse organizzatore di una società coincida con il modo specifico di produzione ad esso proprio ed applicando questo principio alla Chiesa, L. Boff afferma che vi è stato un processo storico di espropriazione dei mezzi di produzione religiosa da parte del clero a danno del popolo cristiano, il quale si sarebbe visto quindi privato della sua capacità di decidere, di insegnare, ecc. (cf. pp. 75, 222 ss., 259-260). Inoltre, dopo aver subito questa espropriazione, il potere sacro sarebbe stato anche gravemente deformato, cadendo così negli stessi difetti del potere profano in termini di dominazione, centralizzazione, trionfalismo (cf. pp. 100, 85, 92 ss.). Per rimediare a questi inconvenienti, viene proposto un nuovo modello di Chiesa, in cui il potere sia concepito senza privilegi teologici, come puro servizio articolato secondo le necessità della comunità (cf. pp. 224, 111).
Non si può impoverire la realtà dei sacramenti e della parola di Dio riconducendola allo schema di «produzione e consumo», riducendo così la comunione della fede a un mero fenomeno sociologico. I sacramenti non sono «materiale simbolico», la loro amministrazione non è produzione, la loro recezione non è consumo. I sacramenti sono doni di Dio, nessuno li «produce», tutti riceviamo in essi la grazia di Dio, i segni dell’amore eterno. Tutto ciò sta oltre ogni produzione, oltre ogni fare e fabbricare umano. L’unica misura corrispondente alla grandezza del dono è la massima fedeltà alla volontà del Signore, secondo la quale verremo giudicati tutti — sacerdoti e laici — essendo tutti «servi inutili» (Lc 17, 10). Certo, il pericolo di abusi esiste sempre; il problema di come possa essere garantito l’accesso di tutti i fedeli alla piena partecipazione alla vita della Chiesa e alla sua fonte, cioè la vita del Signore, si pone sempre. Ma interpretare la realtà dei sacramenti, della gerarchia, della parola e di tutta la vita della Chiesa in termini di produzione e di consumo, di monopolio, espropriazione, conflitto con il blocco egemonico, rottura e occasione per un modo asimmetrico di produzione equivale a sovvertire la realtà religiosa, il che, lungi dal contribuire alla soluzione dei veri problemi, conduce piuttosto alla distruzione del senso autentico dei sacramenti e della parola della fede.
Il profetismo nella Chiesa
Il libro: Chiesa: Carisma e Potere denuncia la gerarchia e le istituzioni della Chiesa (cf. pp. 63-64, 89, 259-260). Come spiegazione e giustificazione di tale atteggiamento rivendica il ruolo dei carismi e in particolare del profetismo (cf. pp. 258-261, 268). La gerarchia avrebbe la semplice funzione di «coordinare», di «favorire l’unità e l’armonia tra i vari servizi», di «mantenere la circolarità e impedire ogni divisione e sovrapposizione», scartando quindi da questa funzione «la subordinazione immediata di tutti ai gerarchi» (cf. p. 270).
Non c’è dubbio che tutto il popolo di Dio partecipa all’ufficio profetico di Cristo (cf. LG 12); Cristo adempie il suo ufficio profetico non solo per mezzo della gerarchia, ma anche per mezzo dei laici (cf. ib. 35). Ma è egualmente chiaro che la denuncia profetica nella Chiesa, per essere legittima, deve sempre rimanere al servizio dell’edificazione della Chiesa stessa. Essa non soltanto deve accettare la gerarchia e le istituzioni, ma anche cooperare positivamente al consolidamento della sua comunione interna; inoltre il criterio supremo per giudicare non solo il suo ordinato esercizio, ma anche la sua genuinità appartiene alla gerarchia (cf. LG 12).
Conclusione
Nel rendere pubblico quanto sopra la Congregazione si sente altresì obbligata a dichiarare che le opzioni di L. Boff qui analizzate sono tali da mettere in pericolo la sana dottrina della fede, che questa stessa Congregazione ha il compito di promuovere e di tutelare.
Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell’Udienza accordata al sottoscritto Prefetto, ha approvato la presente Notificazione, decisa nella riunione ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, 11 marzo 1985.
Joseph Card. Ratzinger
Prefetto
Alberto Bovone
Arcivescovo tit. di Cesarea
di Numidia — Segretario