Lo disse san Giovanni Paolo II e lo ripete ancora una volta Papa Francesco in questa seconda Pasqua segnata dal Covid-19. Cominciano a riemergere i “mondi” nascosti dalla pandemia
di Michele Brambilla
C’è una frase che può essere considerata la “cifra” del messaggio Urbi et Orbi della Pasqua 2021: «occorre che i poveri di tutti i tipi riprendano a sperare», tratta dal viaggio apostolico di san Giovanni Paolo II ad Haiti (1983). Papa Francesco riprende queste parole del santo predecessore e le contestualizza nello scenario attuale, che vede il mondo ancora piagato dal Covid-19: «Cristo risorto è speranza per quanti soffrono ancora a causa della pandemia, per i malati e per chi ha perso una persona cara. Il Signore dia loro conforto e sostenga le fatiche di medici e infermieri. Tutti, soprattutto le persone più fragili, hanno bisogno di assistenza e hanno diritto di avere accesso alle cure necessarie». Il Pontefice aggiunge: «nello spirito di un “internazionalismo dei vaccini”, esorto pertanto l’intera Comunità internazionale a un impegno condiviso per superare i ritardi nella loro distribuzione e favorirne la condivisione, specialmente con i Paesi più poveri».
Un’altra conseguenza della pandemia è l’acuirsi di un’emergenza educativa già in atto da diversi decenni: «Gesù risorto è speranza pure per tanti giovani che sono stati costretti a trascorrere lunghi periodi senza frequentare la scuola o l’università e condividere il tempo con gli amici. Tutti abbiamo bisogno di vivere relazioni umane reali e non solamente virtuali, specialmente nell’età in cui si forma il carattere e la personalità». «Sono vicino ai giovani di tutto il mondo e, in quest’ora, specialmente a quelli del Myanmar, che si impegnano per la democrazia, facendo sentire pacificamente la propria voce, consapevoli che l’odio può essere dissipato solo dall’amore», sull’esempio dei religiosi cattolici che si stanno battendo al loro fianco.
Un saluto particolare è rivolto al Libano, per un duplice motivo: «ringrazio i Paesi che accolgono con generosità i sofferenti che cercano rifugio, specialmente il Libano e la Giordania, che ospitano moltissimi profughi fuggiti dal conflitto siriano. Il popolo libanese, che sta attraversando un periodo di difficoltà e incertezze, sperimenti la consolazione del Signore risorto e sia sostenuto dalla Comunità internazionale nella propria vocazione ad essere una terra di incontro, convivenza e pluralismo». La crisi libanese viene strettamente correlata dal Pontefice alla Siria e al dramma dello Yemen, ovvero all’intero scacchiere mediorientale. «In questo giorno di festa», dice ancora, «il mio pensiero torna pure all’Iraq, che ho avuto la gioia di visitare il mese scorso, e che prego possa continuare il cammino di pacificazione intrapreso, perché si realizzi il sogno di Dio di una famiglia umana ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli».
Il Pontefice non dimentica neppure il Nagorno-Karabakh: «il Signore, che è la nostra pace, ci aiuti a vincere la mentalità della guerra. Conceda a quanti sono prigionieri nei conflitti, specialmente nell’Ucraina orientale e nel Nagorno-Karabakh, di ritornare sani e salvi alle proprie famiglie, e ispiri i governanti di tutto il mondo a frenare la corsa a nuovi armamenti».
Mentre si intravede la via d’uscita dalla pandemia grazie ai vaccini, riemergono molti scenari dimenticati, in particolare in Africa. Il Papa decide di enumerarli uno ad uno: «la forza del Risorto sostenga le popolazioni africane che vedono il proprio avvenire compromesso da violenze interne e dal terrorismo internazionale, specialmente nel Sahel e in Nigeria, come pure nella regione del Tigray», dove le truppe del presidente Abiy Ahmed Ali hanno compiuto, con la complicità dell’Eritrea, massacri anticristiani che stanno emergendo solo ora, «e di Cabo Delgado», in Mozambico, che rischia di diventare la nuova tana del califfato ISIS. Per tutte queste aree di conflitto Francesco auspica che «continuino gli sforzi per trovare soluzioni pacifiche ai conflitti, nel rispetto dei diritti umani e della sacralità della vita, con un dialogo fraterno e costruttivo in spirito di riconciliazione e di solidarietà fattiva».
La Pasqua consegna a tutto il mondo un messaggio inequivocabile: «oggi riecheggia in ogni parte del mondo l’annuncio della Chiesa: “Gesù, il crocifisso, è risorto, come aveva detto. Alleluia”. L’annuncio di Pasqua non mostra un miraggio, non rivela una formula magica, non indica una via di fuga di fronte alla difficile situazione che stiamo attraversando», ma «di fronte, o meglio, in mezzo a questa realtà complessa, l’annuncio di Pasqua racchiude in poche parole un avvenimento che dona la speranza che non delude: “Gesù, il crocifisso, è risorto”. Non ci parla di angeli o di fantasmi, ma di un uomo, un uomo in carne e ossa, con un volto e un nome: Gesù. Il Vangelo attesta che questo Gesù, crocifisso sotto Ponzio Pilato per aver detto di essere il Cristo, il Figlio di Dio, il terzo giorno è risorto, secondo le Scritture e come Egli stesso aveva predetto ai suoi discepoli», che lo hanno testimoniato fino a versare il proprio sangue.
«I testimoni riferiscono un particolare importante: Gesù risorto porta impresse le piaghe delle mani, dei piedi e del costato. Queste piaghe sono il sigillo perenne del suo amore per noi», che nessuno potrà mai cancellare. Allora «chiunque soffre una dura prova, nel corpo e nello spirito, può trovare rifugio in queste piaghe, ricevere attraverso di esse la grazia della speranza che non delude».
Cristo risorto lo incontriamo soprattutto nei Sacramenti. Il Papa chiede che vengano rimosse progressivamente tutte le limitazioni alla libertà di culto, che in alcuni casi sono state mantenute solo in sfregio alla religione (Francesco non fa nomi, ma in Europa si potrebbero citare Paesi come la Spagna e il Belgio. In Inghilterra le celebrazioni sono consentite, ma la funzione del Venerdì Santo di una cappellania polacca è stata dispersa proditoriamente dalla polizia): «preghiamo che tali limitazioni, come ogni limitazione alla libertà di culto e di religione nel mondo, possano essere rimosse e a ciascuno sia consentito di pregare e lodare Dio liberamente».
Lunedì, 5 aprile 2021