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“Ogni giorno è un Family Day”

9 Maggio 2018 - Autore: Marco Invernizzi

Quel sussulto democratico e cristiano che la Chiesa non ha saputo far fruttare

Il 18 aprile 1948 segna un nuovo inizio per la storia d’Italia, con la grande vittoria elettorale della Democrazia cristiana e la sconfitta del fronte socialcomunista. L’Italia esce definitivamente dal periodo fascista ma anche dall’epoca risorgimentale, dominata dal liberalismo nazionalista della Destra storica fino al 1876 e poi dalla Sinistra al governo.

In realtà non si trattò della vittoria di un partito, ma dello scontro fra due concezioni del mondo, fra due antropologie che facevano riferimento al cristianesimo e all’amore per le libertà da una parte, e al marxismo nelle sue diverse declinazioni, socialista e comunista, dall’altra. La Dc era allora un partito di notabili che non avrebbe avuto quasi il 50 per cento dei voti senza l’apporto dei Comitati civici fondati tre mesi prima da Luigi Gedda (1902-2000), il medico a quel tempo vicepresidente dell’Azione cattolica, che portarono al partito di Alcide De Gasperi (1881-1954) quasi cinque milioni di voti in più rispetto alle elezioni per l’Assemblea costituente del 1946.

Consumismo e divisioni

La vittoria elettorale venne presto dimenticata e sostanzialmente mai celebrata, neppure dai vincitori democristiani. Eppure essa segnò l’identikit dell’Italia, la sua appartenenza all’Occidente, il suo legame profondo con la Chiesa cattolica. Quest’ultima divenne il punto di riferimento per la maggioranza degli italiani, con i suoi parroci, con i militanti laici dell’Azione cattolica, con la sua capacità di superare il conflitto ideologico che aveva segnato la guerra civile, soprattutto nel nord del paese, tra le due minoranze di fascisti e antifascisti, mentre il resto della popolazione apparteneva a quella “zona grigia” di cui parla Renzo De Felice (1929-1996) nei suoi studi sul fascismo.

Ma le cose non andarono nella direzione auspicata dalla Chiesa. Già il 25 marzo 1960 i vescovi italiani denunciarono la penetrazione del laicismo nella cultura e nel costume con una importante Lettera dell’Episcopato, mentre il boom economico divenne presto una forma di consumismo che favorirà il materialismo pratico e l’affievolirsi della vita
religiosa. Già negli anni Cinquanta due gravi crisi avevano diviso l’Azione cattolica coni “casi” provocati dall’abbandono di Carlo Carretto (1910-1988) e Mario Vittorio Rossi (1925-1976), già leader dei giovani cattolici. Intanto i Comitati civici venivano “silenziati” dalla Dc, per la quale si profilava lo spostamento a sinistra, che si concretizzò coni governi di centrosinistra nei primi anni Sessanta.

I cristiani avevano avuto un sussulto in Europa dopo la tragedia della Seconda Guerra mondiale, andando a governare i principali paesi, come la Germania e la Francia, oltre all’Italia (Konrad Adenauer, 1876-1967; Robert Schuman, 1886-1963; De Gasperi). Ma il sussulto si spense presto e non riuscì a rievangelizzare e rivitalizzare la cristianità
occidentale, che ritornò a spegnersi avviandosi verso una lenta agonia.

La devastazione dei giovani

Venne così il 1968, che fece esplodere questo lavorio sul corpo sociale prodotto dai principali centri culturali del paese, tutti occupati dalle diverse sinistre operanti, azionisti, radicali, socialisti e comunisti. L’impatto fu devastante sul mondo giovanile: metà dei militanti di Gioventù studentesca, un’associazione cattolica dalla quale sarebbe nata Comunione e Liberazione, come racconta il suo fondatore don Luigi Giussani
(1922-2005), passarono ai movimenti extraparlamentari della sinistra. Ma la vera devastazione non avvenne sul piano politico, bensì su quello culturale e del costume, complice soprattutto una rivoluzione sessuale che separò l’amore dal matrimonio, dalla procreazione, dalla donazione di sé per sempre, dalla distinzione e dalla complementarietà dei ruoli maschile e femminile.

Fu questo aspetto del Sessantotto che prevalse e penetrò dentro il corpo sociale italiano, sradicando un’intera generazione dalle proprie radici cristiane.
Torneremo a parlarne.

 

Marco Invernizzi

Da Tempi del 09/05/2018. Foto da Wikipedia

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Info Marco Invernizzi

Marco Invernizzi nasce a Milano nel 1952. Nel 1977 si laurea in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi su Il periodico "Fede e Ragione" nell'ambito della storia del Movimento Cattolico italiano dal 1919 al 1929, relatore il professor Luigi Prosdocimi. Dopo gli studi universitari continua ad approfondire, in modo non puramente intellettualistico - dal 1972 milita in Alleanza Cattolica, della quale è stato responsabile per la Lombardia e per il Veneto fino al 2016-, le vicende del movimento cattolico in Italia. Ha pubblicato, fra l'altro, L'Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici(Cristianità, Piacenza 1993); La Chiesa, la politica, il potere attraverso i secoli (contributo a Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, a cura di Franco Cardini, Piemme, Casale Monferrato 1994); e, con altri, I Papi del nostro secolo, parte prima Da Leone XIII a Pio XII (Italica Libri/Editoriale del Drago, Milano 1991); e Guida introduttiva alla storia della Chiesa cattolica (Mimep-Docete, Pessano [Milano]). Collabora a Cristianità e ad altre riviste e quotidiani. Dal 1989 conduce a Radio Maria la trasmissione settimanale La voce del Magistero. Nella linea di quanto già edito si pone Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell'Opera dei Congressi all'inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), un'opera di sintesi in cui viene ripercorsa la storia del movimento cattolico, con particolare attenzione alle sue espressioni politiche, dalla Breccia di Porta Pia alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Dal 28 maggio 2016 è Reggente Generale di Alleanza Cattolica.

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