La paternità putativa di san Giuseppe non è una diminutio, ma ci ricorda la bellezza di essere padri, anche quando il figlio non è nostro. Nuovo appello del Papa contro l’inverno demografico
di Michele Brambilla
«Oggi», dice Papa Francesco all’inizio dell’udienza del 5 gennaio, Vigilia dell’Epifania, «mediteremo su San Giuseppe come padre di Gesù. Gli Evangelisti Matteo e Luca lo presentano come padre putativo di Gesù e non come padre biologico. Matteo lo precisa, evitando la formula “generò”, usata nella genealogia per tutti gli antenati di Gesù», dato che nel suo caso si utilizza l’espressione: «sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù detto il Cristo» (Mt 1,16) per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe è quindi solo il padre adottivo o putativo (dal verbo latino “puto”, che significa “ritenere”), ma questo non ne sminuisce il ruolo fondamentale nella biografia del Messia. «Per comprendere la paternità putativa o legale di Giuseppe», spiega il Papa, «occorre tener presente che anticamente in Oriente era molto frequente, più di quanto non sia ai nostri giorni, l’istituto dell’adozione. Si pensi al caso comune presso Israele del “levirato”», in base al quale il cognato prendeva la moglie del fratello defunto (Dt 25,5-6).
Quello della Sacra Famiglia, però, non fu un caso di levirato: san Giuseppe era chiamato a fare le veci, sulla terra, dello stesso Dio Padre! «Come padre ufficiale di Gesù, Giuseppe esercita il diritto di imporre il nome al figlio, riconoscendolo giuridicamente», e così accade, «ma soprattutto dare il nome a qualcuno o a qualcosa significava affermare la propria autorità su ciò che veniva denominato, come fece Adamo quando conferì un nome a tutti gli animali (cfr Gn 2,19-20)». Giuseppe doveva necessariamente essere più umile, rovesciando anche in questo modo l’esempio negativo di orgoglio e sensualità dato dai Progenitori del genere umano. «Questo particolare aspetto della figura di Giuseppe», osserva il Pontefice, «ci permette oggi di fare una riflessione sulla paternità e sulla maternità. E questo credo che sia molto importante: pensare alla paternità, oggi. Perché noi viviamo un’epoca di notoria orfanezza. È curioso: la nostra civiltà è un po’ orfana, e si sente, questa orfanezza», figlia del rifiuto pervicace dell’autorità nella religione, nella famiglia e nella società civile.
Il Santo Padre ricorda che «non basta mettere al mondo un figlio per dire di esserne anche padri o madri», bisogna amarlo con tutto se stessi e guidarlo alla scoperta della sua vocazione. Il rifiuto della paternità nel mondo contemporaneo si registra anche in merito alle adozioni: «penso in modo particolare a tutti coloro che si aprono ad accogliere la vita attraverso la via dell’adozione, che è un atteggiamento così generoso e bello. Giuseppe ci mostra che questo tipo di legame non è secondario, non è un ripiego. Questo tipo di scelta è tra le forme più alte di amore e di paternità e maternità. Quanti bambini nel mondo aspettano che qualcuno si prenda cura di loro! E quanti coniugi desiderano essere padri e madri ma non riescono per motivi biologici; o, pur avendo già dei figli, vogliono condividere l’affetto familiare con chi ne è rimasto privo».
L’adozione ha come premessa necessaria la procreazione: si accoglie un bambino esistente! Il Santo Padre confida che «l’altro giorno, parlavo sull’inverno demografico che c’è oggi: la gente non vuole avere figli, o soltanto uno e niente di più. E tante coppie non hanno figli perché non vogliono o ne hanno soltanto uno perché non ne vogliono altri, ma hanno due cani, due gatti … Eh sì, cani e gatti occupano il posto dei figli. Sì, fa ridere, capisco, ma è la realtà. E questo rinnegare la paternità e la maternità ci sminuisce, ci toglie umanità. E così la civiltà diviene più vecchia e senza umanità, perché si perde la ricchezza della paternità e della maternità. E», aggiunge con una punta di sorprendente patriottismo, «soffre la Patria, che non ha figli e – come diceva uno un po’ umoristicamente – “e adesso chi pagherà le tasse per la mia pensione, che non ci sono figli? Chi si farà carico di me?”: rideva, ma è la verità. Io chiedo a san Giuseppe la grazia di svegliare le coscienze e pensare a questo: ad avere figli», perché, recita la liturgia del Matrimonio sacramentale, «con disegno mirabile ha disposto, o Padre, che la nascita di nuove creature allieti l’umana famiglia e la loro rinascita in Cristo edifichi la tua Chiesa» (Messale Ambrosiano, prefazio dello schema I della Messa rituale “Per gli sposi”).
Il Papa insiste: «è vero, c’è la paternità spirituale per chi si consacra a Dio e la maternità spirituale; ma chi vive nel mondo e si sposa, deve pensare ad avere figli, a dare la vita, perché saranno loro che gli chiuderanno gli occhi, che penseranno al suo futuro. E anche, se non potete avere figli, pensate all’adozione. È un rischio, sì», bisogna riconoscere, «ma più rischioso è non averne. Più rischioso è negare la paternità, negare la maternità, sia la reale sia la spirituale. Un uomo e una donna che volontariamente non sviluppano il senso della paternità e della maternità, mancano qualcosa di principale, di importante. Pensate a questo, per favore». Per incoraggiare racconta la vicenda di un medico che, con sua moglie, ha deciso di adottare un bambino. Sulle prime si è lasciato condizionare dai tanti timori pseudo-umanitari con cui si giustifica anche l’aborto, ma poi ha incrociato lo sguardo dell’adottando e, di fronte alla realtà di un piccolo d’uomo in carne ed ossa, lo ha subito accolto in famiglia.
Pertanto, «prego perché nessuno si senta privo di un legame di amore paterno. E coloro che sono ammalati di orfanezza vadano avanti senza questo sentimento così brutto. Possa san Giuseppe esercitare la sua protezione e il suo aiuto sugli orfani; e interceda per le coppie che desiderano avere un figlio. Per questo preghiamo insieme:
San Giuseppe,
tu che hai amato Gesù con amore di padre,
sii vicino a tanti bambini che non hanno famiglia
e desiderano un papà e una mamma.
Sostieni i coniugi che non riescono ad avere figli,
aiutali a scoprire, attraverso questa sofferenza, un progetto più grande.
Fa’ che a nessuno manchi una casa, un legame,
una persona che si prenda cura di lui o di lei;
e guarisci l’egoismo di chi si chiude alla vita,
perché spalanchi il cuore all’amore».
Giovedi, 6 gennaio 2022