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“Pakistan, cristiana di 14 anni rapita e sposata a un islamico”

21 Maggio 2020 - Autore: Alleanza Cattolica

Da Avvenire del 21/05/2020

Ultima di una lunga serie, la 14enne Maira Shahbaz, di famiglia cattolica, è stata rapita il 28 aprile a Faisalabad, da tre individui armati che l’anno prelevata dalla sua abitazione e sono fuggiti sparando alcuni colpi in aria per intimidire i testimoni. L’allarme è stato lanciato dalla madre Nighat, appena dimessa dall’ospedale per il malore che l’aveva colpita dopo essere stata informata del sequestro da due testimoni oculari. Abbandonati dal capofamiglia, la donna e i figli sono rimasti esposti ad abusi e povertà, al punto che Maira è stata costretta ad abbandonare la scuola per trovare un lavoro. Il principale responsabile del sequestro sarebbe il musulmano Mohamad Nakash, già sposato e padre due bambini, che vive non distante dall’abitazione di Maira e fa il barbiere. Come nella vicenda, ancora irrisolta di Huma Younus, il tribunale chiamato a giudicare in prima istanza il caso dopo frettolose indagine della polizia, ha accolto la tesi di Nakash secondo cui lui e la giovane si sarebbero sposati in segreto lo scorso ottobre.

Maira, inoltre – afferma l’uomo – e avrebbe 19 anni, dunque le nozze avrebbero rispettato l’età legale dei 18 anni. Inutile l’impegno della famiglia nel dimostrare, certificato di nascita e di battesimo alla mano nonché documenti scolastici, la minore età della ragazza. Il legale della famiglia, Khalil Tahir Sandhu, già ministro per le Minoranze i Diritti umani del governo del Punjab e collaboratore di Shahbaz Bhatti, assassinato il 2 marzo 2011, ha denciato il contesto di persecuzione in cui è avvenuto il sequestro. «Le persone che fanno tali cose a una bambina come Maira ci trattano non come esseri umani ma come animali», ha detto. Lo stesso avvocato Sandhu ha comunicato che la presenza in aula, il 5 maggio, di una folla favorevole a Nakash avrebbe influenzato il magistrato. Il legale ha confermato l’intenzione di presentare ricorso davanti all’Alta Corte provinciale del Punjab, a Lahore e, se necessario, alla Corte Suprema del Pakistan, che il 31 ottobre 2018 ha definitivamente confermato l’innocenza di Asia Bibi dall’accusa di blasfemia aprendole le porte alla scarcerazione e all’espatrio.

«Supplico che mia figlia ci venga restituita. Ho il terrore di non vederla mai più» è l’appello raccolto dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). «Questi casi, singolarmente considerati, sono già gravissimi, ma ciò che è veramente angosciante è l’esistenza di un sistema perverso. Ogni anno circa mille ragazze e donne cristiane e indù vengono sequestrate con le medesime modalità in Pakistan», ha ribadito Alessandro Monteduro, direttore di Acs.

Come nella vicenda di Huma, il giudice ha creduto alla versione del sequestratore per cui sarebbe stata una libera scelta della giovane, già maggiorenne, ma la madre e il legale non cedono

Foto da articolo

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