Da Avvenire on line del 31/07/2021
Con una sentenza che lascia aperti non pochi interrogativi, la Corte Costituzionale ha stabilito che il servizio pre-ruolo svolto nelle scuole paritarie, non sia riconosciuto ai fini della ricostruzione di carriera negli istituti statali. In sostanza, il docente che dalla scuola paritaria entra in ruolo nella statale, “perde” gli anni di anzianità di servizio per quanto riguarda la definizione dello stipendio.
La questione di legittimità costituzionale era stata posta dalla Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, relativamente all’articolo 485 del decreto legislativo 297/1994 che, nel disciplinare la carriera dei docenti, prevede il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, del servizio anteriore alla nomina in ruolo prestato presso le scuole statali o pareggiate. Queste ultime, però, non esistono più, essendo confluite nelle scuole paritarie con l’approvazione della legge 62 del 2000 sulla parità scolastica. Secondo la Consulta, però, «queste due categorie di scuole (pareggiate e paritarie ndr.) non sarebbero comunque sovrapponibili, in considerazione dei differenti requisiti per il reclutamento del personale docente». In ogni caso, il decreto legge 250/2005 riconosce il servizio pre ruolo nelle scuole pareggiate fino all’anno scolastico 2005-2006, mentre lo esclude per gli anni successivi, per il solo fatto che tali scuole hanno perso la loro originaria qualificazione giuridica, pur mantenendo i medesimi requisiti relativi all’organizzazione, all’ordinamento e all’offerta formativa. È qui utile ricordare, infatti, che le scuole paritarie devono per legge garantire agli alunni i medesimi standard qualitativi delle statali, sia sul versante dell’offerta didattica, sia relativamente al valore dei titoli di studio. Secondo la Consulta, inoltre, un trattamento equipollente tra scuole statali e paritarie, «implicherebbe un sistema di reclutamento del corpo docente omogeneo, per assicurare lo stesso livello di preparazione e professionalità».
Detto altrimenti, secondo il giudice delle leggi, la differenza principale tra le due tipologie di scuole consiste nel fatto che nelle statali si accede per concorso, come richiesto dall’articolo 97 della Costituzione, mentre «nelle scuole paritarie, l’assunzione consegue a valutazioni meramente discrezionali del dirigente scolastico, anche a prescindere da pregresse esperienze lavorative e dall’applicazione di criteri di imparzialità nella scelta dei docenti». All’atto pratico, però, anche le cattedre delle scuole statali sono assegnate soltanto per il 50% attraverso le graduatorie di merito dei concorsi, mentre il restante 50% è destinato ai docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. E qui c’è un primo, grosso interrogativo: perché, come prevede il decreto legge 255/2001, il servizio pre-ruolo nelle scuole paritarie è riconosciuto per l’inserimento nelle graduatorie da cui, abbiamo visto, viene “pescato” il 50% del corpo docente, mentre non viene più ritenuto valido una volta assunti in ruolo? Lo stesso decreto del 2001, poi, stabilisce che «i servizi di insegnamento prestati nelle scuole paritarie sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali ». Un rilievo che non è stato tenuto in considerazione dalla Consulta, che pure, nella sentenza del 30 gennaio 2003 con cui respingeva il quesito referendario tendente ad abrogare la legge 62/2000 sulla parità scolastica, scriveva che le scuole paritarie «costituiscono parte integrante» del sistema nazionale d’istruzione» e, con le scuole statali, concorrono «all’espansione della offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita». Evidentemente, per la Consulta, a questo obiettivo non concorrono gli insegnanti delle paritarie. Che si sentono «discriminati» proprio dall’organismo che, invece, dovrebbe garantire la massima parità di trattamento. «Dopo questa sentenza, abbiamo avuto la conferma che, in Italia, la legge non è uguale per tutti», sbotta Filomena Pinca, portavoce del Comitato nazionale per il riconoscimento del servizio pre-ruolo nelle paritarie. «Tutto ciò che la Corte Costituzionale ha scritto per respingere il riconoscimento del servizio preruolo nella scuola paritaria – ricorda la docente – è esattamente ciò che accade anche nella scuola statale, che ricorre a personale non abilitato e addirittura al meccanismo della messa a disposizione con chiamata diretta».
Ora la parola passa alla Commissione Europea e al Parlamento Europeo, presso cui il Comitato ha presentato un ricorso ritenuto «ricevibile» e che, quindi, sarà esaminato per verificare che il nostro Paese non ponga in essere comportamenti discriminatori verso questi lavoratori della scuola.