Gli ucraini vivono la Pasqua ortodossa nella desolazione. Il Papa prega che possano essere presto consolati, affinché si odano di più le campane a festa dell’artiglieria
di Michele Brambilla
Il 24 aprile culmina l’Ottava della Pasqua latina. Papa Francesco osserva al Regina Coeli che proprio «oggi, ultimo giorno dell’Ottava di Pasqua, il Vangelo ci racconta la prima e la seconda apparizione del Risorto ai discepoli. Gesù viene a Pasqua, mentre gli Apostoli sono chiusi nel cenacolo, per paura, ma poiché Tommaso, uno dei Dodici, non è presente, otto giorni dopo ritorna (cfr Gv 20,19-29)» e si fa riconoscere dal discepolo, risolvendo i suoi dubbi di fede.
Non bisogna avere paura di essere come san Tommaso, dice il Papa, perché «egli rappresenta tutti noi, che non eravamo presenti nel cenacolo quando il Signore è apparso e non abbiamo avuto altri segni fisici o apparizioni da parte di Lui. Anche noi, come quel discepolo, a volte facciamo fatica», specie nei momenti bui della nostra vita. «Ma non dobbiamo vergognarci di questo», ribadisce il Santo Padre, perché «raccontandoci la storia di Tommaso, infatti, il Vangelo ci dice che il Signore non cerca cristiani perfetti. Il Signore non cerca cristiani perfetti», dato che «l’avventura della fede, come per Tommaso, è fatta di luci e di ombre. Se no, che fede sarebbe? Essa», spiega il Pontefice, appoggiandosi alla dottrina degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), «conosce tempi di consolazione, di slancio e di entusiasmo, ma anche stanchezze, smarrimenti, dubbi e oscurità. Il Vangelo ci mostra la “crisi” di Tommaso per dirci che non dobbiamo temere le crisi della vita e della fede. Le crisi non sono peccato, sono cammino, non dobbiamo temerle» perché la nostra fede ne uscirà rafforzata.
Il mondo attraversa, in questo momento, un periodo di evidente desolazione spirituale. Il Papa coglie la concomitanza con la Pasqua ortodossa per parlare ancora una volta dell’Ucraina, dato che la stragrande maggioranza degli ucraini appartiene alla Chiesa ortodossa nelle sue varie denominazioni. Anche i greco-cattolici seguono il calendario bizantino. «Porgo loro i miei auguri più cari: Cristo è risorto, è risorto veramente! Sia Lui», prega Francesco, «a colmare di speranza le buone attese dei cuori. Sia Lui a donare la pace, oltraggiata dalla barbarie della guerra. Proprio oggi ricorrono due mesi dall’inizio di questa guerra: anziché fermarsi, la guerra si è inasprita. È triste», aggiunge, rimproverando l’indifferenza che ha lasciato cadere ogni appello che era stato lanciato per una “tregua pasquale”, «che in questi giorni, che sono i più santi e solenni per tutti i cristiani, si senta più il fragore mortale delle armi anziché il suono delle campane che annunciano la risurrezione; ed è triste che le armi stiano sempre più prendendo il posto della parola». Allora «rinnovo l’appello a una tregua pasquale, segno minimo e tangibile di una volontà di pace» che il Pontefice auspica anche per il Camerun, dilaniato dai conflitti interni e minacciato dal terrorismo islamico. Il Camerun, proprio il 24 aprile, si consacra alla Madonna presso il santuario nazionale di Marianberg: «eleviamo anche noi la nostra supplica, insieme ai fratelli e alle sorelle del Camerun, affinché Dio, per intercessione della Vergine Maria, conceda presto una pace vera e duratura a questo amato Paese». La Madonna, chiede il Santo Padre, sia davvero «Madre della misericordia» per tutti i popoli della terra. Non è ancora l’istituzione di una festa vera e propria, ma il Papa confida che «a me piace pensarla come Madre della misericordia il lunedì dopo la Domenica della Misericordia». Potrebbe diventare presto un’usanza comune a tutti i cattolici.
Lunedì, 25 aprile 2022