L’ignoranza della Sacra Scrittura, e in particolar modo dell’Antico Testamento, è purtroppo sempre più diffusa, anche tra i cristiani. Così questa grande figura della storia del popolo eletto è forse, oggi, ignota a molti. Non così nel 406 quando, essendo state scoperte le sue reliquie, esse furono trasportate, ci racconta san Gerolamo [347-420], dalla Palestina a Costantinopoli, capitale dell’impero, tra due immense e continue ali di folla. E non così quando Venezia, venuta in loro possesso probabilmente dopo la Quarta crociata, edificò una grande chiesa a lui dedicata. Al lettore, stimolato – speriamo – da queste poche righe, il compito di rileggere il ricchissimo Primo libro di Samuele, con l’inno di ringraziamento della madre Anna per la sua nascita (splendida anticipazione del Magnificat di Maria), la sua precoce chiamata da parte di Dio, la capacità di guidare il popolo d’Israele con scelte sagge ispirate dall’alto in risposta alla sua continua preghiera; così, di fatto, oltre che profeta, Samuele fu anche capo politico e religioso impegnato nel ricondurre la sua gente, ancora una volta nell’idolatria, alla fedeltà al Dio d’Abramo. Ma in seguito, accusandolo di essere ormai troppo vecchio, gli Ebrei gli dissero di farsi da parte reclamando un re, a somiglianza delle altre genti: e fu, con Saul, l’inizio della monarchia. Ma inorgoglitosi Saul per le proprie imprese, cercò di assumere anche il potere religioso. Dio, allora, lo riprovò e chiamò Samuele a consacrare nuovo re il giovane pastorello Davide. «Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato». Pare un’anticipazione del fiat mihi secundum verbum tuum della Vergine a Nazareth. Ed è un magnifico esempio, per noi, di abbandono alla volontà divina.
Cammei di santità. Tra memoria e attesa,
Pacini, Pisa 2005, p. 19