«Non si tratta», spiega il Papa, «di quella tolleranza ipocrita che nasconde ambiguità, ma della giustizia mitigata dalla misericordia» di Dio.
di Michele Brambilla
Nella XVI domenica del Tempo ordinario, dice Papa Francesco all’Angelus del 19 luglio, «[…] incontriamo ancora Gesù intento a parlare alla folla in parabole del Regno dei cieli. Mi soffermo soltanto sulla prima, quella della zizzania, attraverso la quale Gesù ci fa conoscere la pazienza di Dio, aprendo il nostro cuore alla speranza».
«Gesù» nella parabola illustrata «racconta che, nel campo in cui è stato seminato il buon grano, spunta anche la zizzania, un termine che riassume tutte le erbe nocive, che infestano il terreno» in cui doveva crescere solo il bene. «I servi allora vanno dal padrone per sapere da dove viene la zizzania, e lui risponde: “Un nemico ha fatto questo!” (Mt 13,28). Perché noi abbiamo seminato buon grano», dicono tra loro. Il Papa ripete: «un nemico, uno che fa concorrenza, è venuto a fare questo». Concorrenza significa che cerca di mettersi in competizione con Dio.
I servi si propongono di sradicare immediatamente la zizzania, ma il Padrone del campo li ferma: «loro vorrebbero andare subito a strappare via la zizzania che sta crescendo; invece il padrone dice di no, perché si rischierebbe di strappare insieme le erbacce – la zizzania – e il grano. Bisogna aspettare il momento della mietitura: solo allora si separeranno e la zizzania sarà bruciata».
Gesù sta chiaramente parlando della vicenda umana (dal peccato originale alla Parusia) e del Giudizio universale. «Si può», infatti, «leggere in questa parabola una visione della storia. Accanto a Dio – il padrone del campo – che sparge sempre e solo semente buona, c’è un avversario, che sparge la zizzania per ostacolare la crescita del grano. Il padrone agisce apertamente, alla luce del sole, e il suo scopo è un buon raccolto; l’altro, l’avversario, invece, approfitta dell’oscurità della notte e opera per invidia, per ostilità, per rovinare tutto», ed è il diavolo. «Il suo intento», avverte il Pontefice, «è quello di intralciare l’opera della salvezza, far sì che il Regno di Dio sia ostacolato da operatori iniqui, seminatori di scandali. Infatti, il buon seme e la zizzania rappresentano non il bene e il male in astratto, ma noi esseri umani, che possiamo seguire Dio oppure il diavolo», le due bandiere di ignaziana memoria. Spetta a noi decidere chi servire.
Il Papa si sofferma sull’atteggiamento dei servi: «l’intenzione dei servi è quella di eliminare subito il male, cioè le persone malvagie, ma il padrone è più saggio, vede più lontano: essi devono sapere attendere, perché la sopportazione delle persecuzioni e delle ostilità fa parte della vocazione cristiana» e una reazione sproporzionata potrebbe suscitare scandalo nei piccoli. Francesco ribadisce che «il male, certo, va rigettato, ma i malvagi sono persone con cui bisogna usare pazienza», affinché si convertano e divengano anche loro buon grano. «Non si tratta», ammonisce, «di quella tolleranza ipocrita che nasconde ambiguità» e va per la maggiore nel XXI secolo, «ma della giustizia mitigata dalla misericordia» di Dio.
«Se Gesù è venuto a cercare i peccatori più che i giusti, a curare i malati prima ancora che i sani (cfr Mt 9,12-13), anche l’azione di noi suoi discepoli», avverte il Papa, «dev’essere rivolta non a sopprimere i malvagi, ma a salvarli».
Lunedì, 20 luglio 2020