« In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti! » (Mt 11,11-15).
Questi versetti sono molto misteriosi. È normale che sia così e questa convinzione ci deve sempre accompagnare e mai abbandonare, perché ciò di cui si parla è il mistero della storia del mondo giunto qui ad uno snodo decisivo. Il tempo di Giovanni il Battista e della venuta di Gesù è “un’epoca di transizione”. Uso questo termine perché ormai ci dovremmo essere abituati, tanto esso è stato usato e anche spesso abusato, rivestendolo di aggettivi assolutamente poco chiari come “postmoderno” o “postcristiano”, denunciando così, con l’ambiguità dei termini, che si sta procedendo come “a tentoni”. Sono epoche di transizione quelle in cui avviene un cambiamento radicale che si riflette a vari livelli: culturale, politico, religioso. Il momento della storia che ha visto incontrarsi le due figure di Giovanni il Battista e di Gesù è, per così dire, il modello, l'”archetipo” dei tempi di transizione nella storia.
Allora non meravigliamoci più che le parole di Gesù, che vogliono gettare un po’ di luce su questo evento siano “difficili”. Che « fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista » ci può apparire perfino scontato, se consideriamo che Giovanni è l’ultimo dei profeti e anche il più grande, perché quello che i profeti avevano solo intravvisto da lontano, lui ora lo vede da contemporaneo. Il versetto che lo accompagna sembra però ridimensionare in modo terribile la grandiosa lode che Gesù ha appena fatto: « ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui ».
Qualunque figlio di Dio, interiormente trasformato dal battesimo viene detto più grande del più grande dei profeti! Io allora sarei più grande di san Giovanni Battista e di conseguenza di Isaia, di Geremia, di Ezechiele, ecc. Il confronto non deve dunque essere interpretato a livello personale, ma a quel livello “tipico” in cui si situa Gesù. La figura gigantesca di Giovanni si pone come a cavallo di questa transizione (la più grande e decisiva della storia, al cui confronto tutte le altre transizioni sono cose da nulla) per cui ha un piede nell’epoca precedente, quella delle pre-figurazioni, di cui i profeti sono esempi ed interpreti e un altro nella nuova, di cui è il primo beneficiario. È – insieme – l’ultimo e il primo. Grande come ultimo, ma incomparabilmente più grande come primo. Intravvede Gesù come un profeta, ma vede Gesù come un figlio del Regno. Se riflettiamo un po’ più attentamente, quello che di primo acchito ci sembrava un incomprensibile paradosso, si rivela ora come uno squarcio nel mistero di ogni passaggio dall’ombra delle figure al mondo luminoso della Verità. Ogni passaggio di questo tipo – storico o personale – è sempre accompagnato da fatiche e dolori, da persecuzioni violente e tentazioni molto subdole, ma con esso si dischiude la Verità della vita e della storia. Per ciascuno di noi è il momento della conversione, che – come ben sappiamo – deve succedere di nuovo in ogni istante della nostra vita.