« Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene » (1Ts 1,1-5).
Questo brano è particolarmente bello e importante per noi, perché ci riporta – con ogni probabilità – agli albori dell’evangelizzazione cristiana. La prima lettera ai Tessalonicesi è ritenuta infatti la prima delle lettere di san Paolo (50-52 d.C.) e di tutta la letteratura cristiana a nostra disposizione. Importante ‘per noi’ perche anche noi ci troviamo in una situazione iniziale.
La Nuova Evangelizzazione è infatti come una ‘ripartenza’, per ricominciare qualcosa che è già avvenuto, ma i cui i effetti si sono esauriti oppure estenuati.
La situazione non è evidentemente ‘uguale’, la storia infatti non si ripete mai in modo identico, ma tuttavia certamente molto simile. Ci troviamo davanti ad una serie di termini “astratti” che vengono posti in successione: fede, carità speranza. Questa successione delinea un percorso spirituale in cui il livello precedente è la causa di quello seguente. La fede “operosa” conduce alla fatica della carità e questa porta alla speranza ferma e sicura. Può stupire trovare una fede seguita dalle opere sotto la penna di san Paolo, ma questo appunto di aiuta a capire il senso del primato della fede. Nelle lettere ai Romani e ai Galati l’Apostolo è tutto preoccupato a stabilire in modo corretto il rapporto che deve intercorrere tra la fede e le opere della Legge.
La nostra salvezza non può essere assicurata da opere fatte da noi. La sproporzione sarebbe troppo grande, anche se queste opere avessero come modello una Legge dettata da Dio. Qui san Paolo fa notare come la fede, se è autentica, porta necessariamente frutto. Il frutto della fede è l’amore, che – se è autentico – è faticoso. « Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità » (Gal 5,6). Intendiamoci: l’amore porta con sé gioia, ma in questo mondo, a causa del peccato e degli agenti del peccato, è necessariamente faticoso. La fatica dell’amore produce speranza. Non però una speranza qualunque: una speranza ferma e sicura. Chi spera con certezza è felice, chi ha una speranza incerta è solo un poveraccio a rischio di disperazione…