« Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: “Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti” » (Mt 22,1-14).
A che cosa paragonerò il regno dei cieli? A un invito a nozze. Di che nozze si tratta? Delle nozze del figlio del Re. Qui è il Figlio di Dio che si unisce intimamente alla natura umana e – quindi – per quanto sta a lui, a ciascuno di noi. « In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità […] trovino in lui la loro sorgente e tocchino il loro vertice. Egli è “l’immagine dell’invisibile Dio” (Col. 1, 15). Egli è l’uomo perfetto, che ha restituito ai figli d’Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poichè in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo » (Gaudium et spes, n. 22).
Facciamo attenzione, quando partecipiamo alla Messa, al rito in cui il sacerdote versa una goccia d’acqua nel vino, pronunciando sottovoce queste parole: « L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana ». La reazione peggiore a questa chiamata non è il rifiuto aperto e violento, ma l’indifferenza (« Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari »)… Mostrarsi così superficialmente indifferenti davanti ad una dichiarazione d’amore è quanto di più orribilmente offensivo ci possa essere. In questa parabola ci sarebbero tanti altri elementi da considerare: l’invito che viene rivolto prima di tutto a Israele e poi – ai crocicchi delle strade – anche alle genti, a causa del rifiuto del popolo eletto. Proprio perché gli invitati che erano stati a lungo preparati all’evento se ne sono disinteressati quando l’evento è successo, esso è stato esteso ai personaggi più improbabili: « Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni ». Solo se abbiamo davanti agli occhi l’enormità dell’invito a loro rivolto comprendiamo che cosa sta succedendo e quanto questo ci riguarda. Quante persone che frequentano la Chiesa hanno smesso di stupirsi per la grandezza della chiamata loro rivolta…
Una proposta che non stupisce più di tanto chi è in buona salute e ha qualche soldo in tasca, ma appare come irraggiungibile a chi sta troppo male e quindi si dispera e si ribella. La proposta di Dio: “voglio unirmi a te e fare tutt’uno con te” è tale da sconvolgere chi è troppo povero di meriti e di forze. Sorprende e meraviglia chi è impreparato davanti a un tale sconfinato ed evidentemente immeritato amore. Bisogna perciò indossare la veste nuziale: bisogna cioè lasciarci trasformare in Cristo Gesù… Questa è la vera conversione. Chi rimane fuori di quelli raccattati ai crocicchi, buoni e cattivi? Non sono i cattivi, ma quello che non indossa la veste nuziale. Perché uno solo? Perché posso essere anche solo io…