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Il pensiero del giorno: Lc 12,13-21

23 Ottobre 2017 - Autore: Don Piero Cantoni

« Uno della folla gli disse: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”.  Poi disse loro una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio” » (Lc 12,13-21).
Lo spavaldo dice: “non ho paura della morte, perché finché ci sono io la morte non c’è e quando la morte verrà io non ci sarò più”. La morte così non la vedo mai in faccia e non può farmi paura. Non è vero! Vivere è «essere per la morte» (Martin Heidegger): la morte – dopo il peccato – è una dimensione del nostro umano esistere. Essa ci accompagna fin da subito: ogni uomo, appena nato, è già pronto per morire. Con la malattia e la nostra umana debolezza manifesta in mille modi il suo potere e si compirà in un momento che non sappiamo… È la mia morte.
La morte ci appare sempre come morte degli altri. Ma un giorno sarà la mia. Anzi è già la mia… La morte intesa così, come morte degli altri, morte spettacolo, oggi non dà fastidio. Anzi c’è persino un interesse morboso per questo tipo di morte. Ma la morte seria, la mia morte, quella deve essere rimossa. Se in un bar uno racconta un film con tanti morti, niente di male… ma se incomincia a dire: sapete, tutti dobbiamo morire… Allora è di cattivo gusto. Quando? Non si sa. Gesù usa un immagine molto vivida: quella del ladro.
I ladri non si presentano su appuntamento… « Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate » (Lc 12,39-40). La venuta del Signore si compie improvvisa soprattutto quando l’uomo si bea in una sciocca sicurezza: « Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto [cioè: stupido!], questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita ». «Come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore. E quando si dirà: “Pace e sicurezza”, allora d’improvviso li colpirà la rovina» (1 Tess 5,2-3). Cfr. Mt 25,1-13; 2 Pt 3,10; Ap 3,3; 16,15.
Tutta la nostra vita si svolge alla luce di un giudizio che incombe. C’è però una grande differenza fra il tempo prima e il “tempo” dopo la morte. Prima abbiamo ancora la possibilità di chiedere umilmente perdono e di accogliere così la misericordia infinita di Dio, dopo non sarà più possibile. « Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo! » (Mt 5,25). Alla nostra morte, subito, saremo immersi nella luce di Dio che metterà in mostra quelle che realmente siamo. Nulla può rimanere nascosto al suo sguardo e nulla resterà impunito di ciò che non è stato perdonato al tribunale della misericordia.

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