« E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” » (Mc 1,12-15).
Gesù si è appena fatto battezzare da Giovanni con « un battesimo di conversione per il perdono dei peccati » (v. 4). Si è cioè fatto interamente solidale con gli uomini peccatori ed immediatamente lo Spirito, che è sceso su di lui, lo spinge verso le conseguenze di questa sua decisione, che lo condurranno fino alla croce. Adamo ed Eva erano stati scacciati dal giardino (cfr. Gn 3,24) e Gesù è sospinto nel deserto che circonda il Mar Morto dove rimarrà quaranta giorni, il periodo della prova di Israele (quarant’anni).
Gesù rivive la prova di Israele nel deserto, ma come un figlio obbediente che rimane fedele in tutto e per tutto. Il deserto è descritto nella Bibbia come il regno delle forze del male, simbolizzate dagli animali da preda che vi pullulano (Lv 16,10; Is 35,7-9; Ez 34,25) e anche, paradossalmente, come il luogo in cui, separati dal chiasso e dalle insidie del mondo, si può godere di una intimità speciale con il Signore. Nel deserto Gesù affronta la stessa decisione che fu quella di Adamo ed Eva nel giardino (Gen 3,1-6) e del popolo di Israele nel deserto, diversamente da loro (Es 15,25; 16,4) scaccia ogni tentazione e rimane fermo nel suo proposito di obbedire al Padre. Gesù entra deliberatamente nel territorio del Diavolo per incominciare la sua battaglia con lui. Vuole combattere, ma non lo fa con la sua mano destra divina, con il fulmine della sua Luce terna. Tiene legata la destra e combatte solo con la sinistra armata della sua debolezza di uomo (così commenta san Lorenzo da Brindisi).
« La dottrina sul peccato originale – connessa strettamente con quella della Redenzione operata da Cristo – offre uno sguardo di lucido discernimento sulla situazione dell’uomo e del suo agire nel mondo. In conseguenza del peccato dei progenitori, il diavolo ha acquisito un certo dominio sull’uomo, benché questi rimanga libero. Il peccato originale comporta “la schiavitù sotto il dominio di colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo” [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1510-1516]. Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 25] e dei costumi.
Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli uomini conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa, che può essere definita con l’espressione di san Giovanni: “il peccato del mondo” (Gv 1,29). Con questa espressione viene anche significata l’influenza negativa esercitata sulle persone dalle situazioni comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei peccati degli uomini [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16]. La drammatica condizione del mondo che “giace” tutto “sotto il potere del maligno” (1Gv 5,19), [Cf 1Pt 5,8] fa della vita dell’uomo una lotta: “Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 37] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 407-409)