« Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno”. Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva » (Mc 8,11-13).
La richiesta del segno dal cielo, cioè di un miracolo tale da togliere ogni possibile dubbio, sta in evidente contrasto con gli episodi appena precedenti: l’esorcismo sulla figlia della donna siro-fenicia, la guarigione del sordomuto e il cibo dato ai cinquemila nel deserto. Dopo aver compiuto così tanti miracoli, uno dopo l’altro, una tale richiesta poteva nascere solo dalla chiusura del cuore davanti a tante opere assolutamente straordinarie di misericordia e di bontà. Questa non disponibilità a credere riproduce l’atteggiamento degli ebrei nel deserto: « Il Signore disse a Mosè: Fino a quando mi tratterà senza rispetto questo popolo? E fino a quando non crederanno in me, dopo tutti i segni che ho compiuto in mezzo a loro? » (Nm 14,11; cfr. 14,22; Dt 29,1-3).
Gli Israeliti hanno contestato Dio e l’hanno messo alla prova (Es 17,2.7). Ora i Farisei fanno lo stesso: vogliono imporre al Signore le loro condizioni di verità. Esigono un miracolo che li costringa a credere, una manifestazione di potere tale da far violenza alla loro volontà. Una tale fede però non sarebbe più fede. Dio non forza a credere, perché la vera fede deve nascere dalla fiducia e dall’amore. Un esempio a noi vicino: ci sono dei “cattolici” che esigono dal magistero della Chiesa un esercizio solenne dell’autorità, in modo tale da condannare quelli che si oppongono escludendoli dalla comunione ecclesiastica. Solo così, dicono, il Magistero è veramente “vincolante”; a questa sola condizione sarebbero disposti ad accettare l’insegnamento della Chiesa. Questo tipo di “obbedienza” e di “fede” è lo stesso che hanno anche i demòni: « Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! » (Gc 2,19). Questa non è la fede che salva, è solo frutto di un “calcolo” a cui è estranea ogni fiducia amorosa nei confronti dell’amore misericordioso del Dio che salva (il significato letterale del nome “Gesù”). Oppure ci sono quelli che ingiungono ai credenti di fornire delle prove inequivocabili della loro fede, il che vuol dire delle prove “scientifiche”, cioè sperimentali, di ciò che va al di là di quello che si può sperimentare… Affermano che la metafisica non ha senso, perché ha senso e significato solo quello che cade sotto i nostri sensi. Il problema è: come provano tutto questo? Come fanno a sapere che, oltre a quello che si vede non c’è nulla? Hanno forse visto tutto quello che c’è da vedere per sapere che è tutto e al di là non c’è niente? Molto semplicemente… lo affermano e basta! Non accettano l’invisibile, perché non lo vogliono accettare. Grazie Signore del dono della fede, e del dono della ragione! Sono due doni che coincidono nella loro sorgente (cfr. Gv 1,9) e tendono allo stesso fine: l’amore di Dio.