« Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”. E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano” » (Mt 9,14-17).
Dopo il peccato l’uomo non può sfuggire alla legge della penitenza. Che è la legge della Croce. La penitenza è necessaria. Essa è fatta di tre cose: elemosina, preghiera, digiuno. Dobbiamo tenere presenti due verità: 1. Ad ogni tempo liturgico è legata la sua grazia. Qui la grazia è quella della conversione. 2. A questo dono ci dobbiamo disporre, preparandoci ad accoglierlo. Per accoglierlo dobbiamo innanzitutto stimarlo, cioè ritenere di averne bisogno. Non siamo già convertiti! Quindi dobbiamo prendere sul serio il tempo liturgico, obbedendo ai precetti e ai consigli della Chiesa. Cioè facendo veramente penitenza.
Solo vivendo sinceramente e generosamente il tempo liturgico possiamo sperare di riceverne le grazie. Questa penitenza è un itinerario. Nell’anno liturgico si concentra in un determinato periodo (misteriosamente, abbiamo già visto, di 40 giorni). Nella vita individuale nel momento del sacramento che porta questo nome, che è come la cristallizzazione di tutto l’atteggiamento penitenziale con il tocco decisivo di Gesù: la nostra penitenza viene assorbita e trasformata nella sua. Possiamo però anche dire che questo itinerario è tutta la vita dell’uomo. La vita dell’uomo è: — navigazione nell’arca (= Chiesa); — traversata del deserto (= mondo, deserto di Dio, privo dell’acqua = la grazia); — salita del monte (elevazione e fatica, prova). Il termine è la vittoria. Qui troviamo insieme l’ottimismo cristiano e la serietà cristiana. L’ottimismo cristiano non è superficiale e pressapochistico (nella Bibbia non è mai maledetto il peccatore, ma lo stolto. A cui è spesso affiancato il «beffardo»), ma serio e profondo. È fondato sulla partecipazione alla vita di Gesù, quindi alla sua croce e resurrezione.
Dio non lascia mai senza i mezzi necessari. I mezzi della traversata sono fondamentalmente tre: — penitenza (sacramentale); — eucaristia: arca (= tabernacolo a forma di arca, arca dell’alleanza contenente la manna), manna, pane e acqua; — la parola di Dio: «non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca del Signore». Prendiamo sul serio i precetti della Chiesa: digiuno e astinenza il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo. Astinenza tutti i venerdì di quaresima. «Che il mussulmano fra di voi di voi non rida». Il digiuno deve essere fatto con gioia! Se il nostro digiuno ci rende irritabili, nervosi, attaccabrighe, c’è qualcosa che non va. Parliamone allora con sincerità con la nostra guida spirituale (mai fare mortificazione di testa nostra senza il consiglio di una guida), per trovare il modo o la forma giusta con cui digiunare. Pratichiamo l’elemosina, di denaro, ma non solo, anche di tempo, di apostolato, di aiuto fraterno. Preghiamo, soprattutto con la preghiera personale «chiudi la porta e prega […] nel segreto» (Mt 6,6). Le tre pratiche di penitenza quaresimale corrispondono alle tre tentazioni di Gesù e alla triplice concupiscenza: — digiuno, concupiscenza della carne «trasforma queste pietre in pane»; — elemosina, concupiscenza degli occhi «ti darò tutto se, prostrandoti, mi adorerai»; — preghiera, superbia della vita, «buttati giù!». La Quaresima è un cammino penitenziale. Serio, ma non “serioso”, di “mortificazione”, ma non di tristezza, di “impegno” ma non di fatica. Dio ama chi dona con gioia! (2Cor 9,7)