di Michele Brambilla
La pagina evangelica della XXXII domenica del Tempo ordinario (cfr. Mc 12,38-44) è da leggere in continuità con quella della XXXI (cfr. Mc 12,28-34) e, dice Papa Francesco alla recita dell’Angelus dell’11 novembre, «[…] chiude la serie di insegnamenti impartiti da Gesù nel tempio di Gerusalemme». Gesù prosegue infatti la sua presa di distanza dalla classe sacerdotale ebraica. Dal confronto con essa emerge chiaramente, in felice concomitanza con la solennità di Cristo Re nel calendario ambrosiano, la concezione che Gesù ha del potere e dell’autentica pietà religiosa.
Lo stridore tra lo “stile” degli scribi e quello del Messia è infatti molto evidente. «Lo scriba rappresenta le persone importanti, ricche, influenti» dell’epoca che, come ricorda il Vangelo, amavano mettere in mostra il proprio sfarzo anche quando si recavano a pregare il Signore al Tempio o in sinagoga, dove compivano gesti plateali di devozione. Lo stile di Gesù, che mira alla sostanza, si cela, invece, dietro l’esempio di un’umile vedova. La donna getta furtivamente nel tesoro del Tempio l’unica moneta che possiede mettendovi tutta se stessa, certa che Dio saprà riscattare anche quell’immane sacrificio. Commenta il Pontefice: «fratelli e sorelle, le bilance del Signore sono diverse dalle nostre. Lui pesa diversamente le persone e i loro gesti: Dio non misura la quantità ma la qualità, scruta il cuore, guarda alla purezza delle intenzioni». Per il cristiano non esistono responsabilità e preghiera senza coerenza e apertura caritatevole agli altri.
I re della Cristianità medioevale hanno governato secondo quest’ottica. Non si può dire altrettanto dei sovrani e dei parlamenti che hanno condotto l’Europa alla Prima guerra mondiale (1914-1918). Commemorando quel conflitto immane il Papa cita anzitutto l’opinione che ne ha avuto il suo predecessore di allora. «Ricorre oggi il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, che il mio predecessore Benedetto XV definì “inutile strage”. Per questo oggi, alle 13.30 ora italiana, suoneranno le campane in tutto il mondo, anche quelle della Basilica di San Pietro. La pagina storica del primo conflitto mondiale è per tutti un severo monito a respingere la cultura della guerra e a ricercare ogni mezzo legittimo per porre fine ai conflitti che ancora insanguinano parecchie regioni del mondo».
Pure tra i cristiani stanno aumentando i battibecchi. Ma la forza della preghiera e del Re che vi viene invocato è più grande delle debolezze. «Ecco perché Gesù indica quella vedova povera e generosa come modello di vita cristiana da imitare. Di lei non sappiamo il nome, conosciamo però il suo cuore – la troveremo in Cielo e andremo a salutarla, sicuramente –; ed è quello che conta davanti a Dio. Quando siamo tentati dal desiderio di apparire e di contabilizzare i nostri gesti di altruismo, quando siamo troppo interessati allo sguardo altrui e – permettetemi la parola – quando facciamo “i pavoni”, pensiamo a questa donna. Ci farà bene: ci aiuterà a spogliarci del superfluo per andare a ciò che conta veramente, e a rimanere umili».