Poche regole per la giovinezza spirituale
di Michele Brambilla
Pochi minuti prima dell’udienza generale del 16 marzo, Papa Francesco saluta, nella navata della basilica di S. Pietro, la scuola paritaria “La zolla” di Milano, presente con tutti i suoi alunni delle elementari e delle medie. Le parole pronunciate dal Pontefice in tale occasione vengono unite, dai media vaticani, al discorso preparato per la generalità dei fedeli.
Ai ragazzi milanesi il Papa dice, infatti: «è importante costruire una comunità educante in cui, insieme ai docenti, i genitori possano essere protagonisti della crescita culturale dei loro figli. E questo è il patto educativo, il dialogo tra genitori e insegnanti. Si dialoga sempre, per il bene dei giovani, dei bambini. Questo patto educativo che si è rotto tante volte, dobbiamo sempre curarlo. Il dialogo e anche il lavoro insieme, come fate voi, genitori e insegnanti. È importante costruire una comunità educante» sostenuta dai valori della condivisione e dell’accoglienza verso ciascuno.
La riflessione del Pontefice nell’Aula Nervi parte, non a caso, dall’episodio biblico del Diluvio universale, causato dal dilagare del peccato, trasformatosi in corruzione profonda dell’essere umano. «Il racconto biblico – con il linguaggio simbolico dell’epoca in cui fu scritto – ci dice una cosa impressionante: Dio fu a tal punto amareggiato per la diffusa malvagità degli uomini, divenuta uno stile normale di vita, che pensò di avere sbagliato a crearli e decise di eliminarli. Una soluzione radicale», commenta il Santo Padre, che chiede ai presenti: «non accade a volte anche a noi – sopraffatti dal senso di impotenza contro il male o demoralizzati dai “profeti di sventura” – di pensare che era meglio non essere nati? Dobbiamo dare credito a certe teorie recenti, che denunciano la specie umana come un danno evolutivo per la vita sul nostro pianeta? Tutto negativo? No», assicura, si tratta di una grave tentazione.
Il mondo occidentale oscilla, infatti, tra il nichilismo e il trans-umanesimo, a cui il Pontefice allude con queste parole: «da un lato, abbiamo l’ottimismo di una giovinezza eterna, acceso dai progressi straordinari della tecnica, che dipinge un futuro pieno di macchine più efficienti e più intelligenti di noi, che cureranno i nostri mali e penseranno per noi le soluzioni migliori per non morire: il mondo del robot. Dall’altra parte, la nostra fantasia appare sempre più concentrata sulla rappresentazione di una catastrofe finale che ci estinguerà. Quello che succede con un’eventuale guerra atomica», paventata da più parti da quando è scoppiata la guerra in Ucraina.
Poiché si sta svolgendo un ciclo di catechesi dedicato alla vecchiaia, il Papa sottolinea che «nel racconto biblico, quando si tratta di mettere in salvo dalla corruzione e dal diluvio la vita della terra, Dio affida l’impresa alla fedeltà del più vecchio di tutti, il “giusto” Noè». Gli anziani salveranno ancora una volta il mondo? In un certo senso si: i nostri “vecchi” custodiscono le radici che non tramontano e possono ricondurci alle autentiche sorgenti della nostra civiltà, così spesso calpestate dalla “gioventù rampante”. La voce dei maiores deve alzarsi a condannare la corruzione, ovvero il peccato elevato a sistema: un compito “profetico”, per il Papa, ineludibile. «E Noè è l’esempio di questa vecchiaia generativa: non è corrotta, è generativa. Noè non fa prediche, non si lamenta, non recrimina, ma si prende cura del futuro della generazione che è in pericolo», denunciando il peccato e salvando i semi della vita sull’arca una volta arrivato il diluvio. Ripete ancora una volta Francesco: «io faccio un appello, oggi, a tutte le persone che hanno una certa età, per non dire vecchi. State attenti: voi avete la responsabilità di denunciare la corruzione umana nella quale si vive e nella quale va avanti questo modo di vivere di relativismo, totalmente relativo, come se tutto fosse lecito. Andiamo avanti. Il mondo ha bisogno, ha necessità di giovani forti, che vadano avanti, e di vecchi saggi. Chiediamo al Signore la grazia della saggezza», vale a dire quella Sapienza che sedeva in trono alle origini dell’universo e che ha posto la sua tenda in Giacobbe (Sir 24,1-8).
Il Santo Padre detta una preghiera per l’Ucraina che sarebbe stata scritta da un vescovo italiano:
«Perdonaci la guerra, Signore.
Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di noi peccatori.
Signore Gesù, nato sotto le bombe di Kiev, abbi pietà di noi.
Signore Gesù, morto in braccio alla mamma in un bunker di Kharkiv, abbi pietà di noi.
Signore Gesù, mandato ventenne al fronte, abbi pietà di noi.
Signore Gesù, che vedi ancora le mani armate all’ombra della tua croce, abbi pietà di noi!
Perdonaci Signore,
perdonaci, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi.
Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte.
Perdonaci, Signore, se continuiamo ad uccidere nostro fratello, perdonaci se continuiamo come Caino a togliere le pietre dal nostro campo per uccidere Abele. Perdonaci, se continuiamo a giustificare con la nostra fatica la crudeltà, se con il nostro dolore legittimiamo l’efferatezza dei nostri gesti.
Perdonaci la guerra, Signore. Perdonaci la guerra, Signore.
Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, ti imploriamo! Ferma la mano di Caino!
Illumina la nostra coscienza,
non sia fatta la nostra volontà,
non abbandonarci al nostro agire!
Fermaci, Signore, fermaci!
E quando avrai fermato la mano di Caino, abbi cura anche di lui. È nostro fratello.
O Signore, poni un freno alla violenza!
Fermaci, Signore!
Amen».
Giovedì, 17 marzo 2022