Da Avvenire del 06/06/2021
«Oggi sarà un giorno di festa». Lo dicono con gli occhi velati di commozione le consorelle di suor Maria Laura Mainetti mentre mostrano il reliquiario che questo pomeriggio sarà portato all’altare. Nella teca è custodita la pietra con cui Maria Laura fu colpita. Le tracce di sangue sono ben visibili: ricordano cosa significhi “dare la vita” e quanto sia stata grande la sua capacità di invocare il perdono. In tutti questi anni le suore l’hanno conservata, insieme ad altri ciottoli del sentiero dove si consumò la tragica morte. «Ora – affermano – nulla di suor Maria Laura è più nostro, ma appartiene alla Chiesa, al mondo, perché è giusto che tutti ne conoscano la testimonianza». In ogni persona bisognosa e povera vedeva Gesù stesso che la chiamava. Sono le parole di monsignor Ambrogio Balatti, arciprete di Chiavenna dal 1994 al 2016. Fu l’ultimo a parlare con suor Maria Laura, la sera del 6 giugno 2000. La religiosa, anche nei giorni precedenti, lo aveva informato della richiesta di aiuto che una giovane le aveva rivolto. «Conoscendola, in coscienza, da religiosa e da cristiana, la suora non poteva tirarsi indietro – dice il sacerdote – . Perciò da parte mia, prima ancora di sapere chi l’avesse uccisa, mi venne spontaneo pensare che suor Laura era una martire della carità: uscita per fare del bene, è stata ingiustamente e inspiegabilmente uccisa. Quando si seppe come e perché era stata uccisa, il pensiero del martirio divenne ancor più evidente».
Anche il vescovo di Como dell’epoca, Alessandro Maggiolini, «sorpreso dalla fede e dalla forza d’animo con cui suor Maria Laura aveva affrontato la morte fino a perdonare coloro che la stavano uccidendo – ricorda Balatti –, condivise il pensiero del martirio, commentando: “Non si può morire come è morta suor Maria Laura se non si è preparati: il martirio non si improvvisa”. E chiese alle Figlie della Croce, consorelle di suor Laura, di rivederne tutto il percorso umano, spirituale e religioso, consultando i suoi scritti, le riflessioni, i ricordi e raccogliendo le testimonianze di coloro che la conoscevano». Ed è proprio dai diari e dalle memorie condivise che sono emersi i tratti di santità oggi consegnati alla Chiesa e al mondo.
Una vita non facile quella di Teresina Elsa Mainetti (questo il nome prima della consacrazione religiosa). Ultima di dieci figli, la mamma morì di setticemia a 31 anni, dodici giorni dopo averla data alla luce. Nei primi mesi di vita fu affidata alla sorella più grande e poi alla nonna, che la portò con sé in Val Tartano (località di cui i genitori di Teresina erano originari) in una gerla di vimini, percorrendo una mu-lattiera che si inerpicava fino a quota 1500 metri. «Teresina – ricordano i familiari – è sempre stata sorridente, serena. La sua – dice il nipote Stefano – era una ferma tenerezza: sapeva consigliarti con tutto il bene possibile». In che cosa risiede la grandezza di suor Maria Laura? «Decisamente nell’amore – risponde suor Beniamina Mariani, consorella, amica e religiosa incaricata da subito di raccogliere scritti e testimonianze –. Noi l’abbiamo vista pregare in silenzio o stare in adorazione prolungata di fronte all’Eucaristia. Sappiamo del suo ardore per la Parola di Dio e per il carisma della nostra famiglia religiosa. Davanti alla Croce si trasformava: si sentiva amata da Dio e questo stesso amore lo donava a tutti. Era semplice, discreta. Non pensava di fare qualcosa di straordinario. Sentiva che la meraviglia della sua vita risiedeva nell’amore di cui si sentiva avvolta. Per lei lo straordinario era quello che riceveva da Dio, non quello che faceva». Oggi c’è un’eredità di accogliere. «Mi piace leggere i suoi scritti – confida suor Susana Felice, superiora generale delle Figlie della Croce – perché traspare tutto il lavoro interiore per una conversione quotidiana, per essere coerente al Vangelo». E i giovani? «Restano stupiti dal fatto che abbia perdonato – dice il vicario di Chiavenna, don Lorenzo Pertusini – è un gesto di amore “eccedente” che li mette in discussione». «La beatificazione – afferma l’arciprete di Chiavenna, monsignor Andrea Caelli – ci consegna questo messaggio: siamo voluti, amati, perdonati».
«Suor Maria Laura è la figura che ogni giovane, magari un po’ esuberante, vorrebbe al suo fianco»: è il pensiero di una donna, oggi adulta, che ha conosciuto suor Maria Laura. La suora prosegue la sua opera di ascolto e accoglienza dall’altare, nella collegiata di San Lorenzo, dove da due anni è stata tumulata. Il registro delle visite è pieno di saluti e preghiere, sulla balaustra la candela è accesa e i fiori sempre freschi. «Di suor Maria Laura – chiosa la postulatrice Francesca Consolini – colpisce la capacità di dono; questo suo volersi donare all’altro senza misura; come diceva lei, essere “mangiata”, essere Eucaristia per l’altro, darsi senza misura vedendo Gesù nell’altro, anche nel fratello importuno. Solo in quest’ottica di amore si comprende il suo martirio».