Gesù, secondo il Papa, istituisce una vera e propria «pedagogia del recupero», volta a tutelare il bene fondamentale della comunione nelle comunità cristiane.
di Michele Brambilla
«Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 18,15-20)», spiega Papa Francesco affacciandosi per l’Angelus del 6 settembre, «è tratto dal quarto discorso di Gesù nel racconto di Matteo, conosciuto come discorso “comunitario” o “ecclesiale”» perché illustra come dovrebbe essere condotta una comunità cristiana. «Il brano odierno parla», infatti, «della correzione fraterna, e ci invita a riflettere sulla duplice dimensione dell’esistenza cristiana: quella comunitaria, che esige la tutela della comunione, cioè dell’unità della Chiesa, e quella personale, che impone attenzione e rispetto per ogni coscienza individuale».
Il Papa osserva che «per correggere il fratello che ha sbagliato, Gesù suggerisce una pedagogia del recupero», volta ad evitare che i dissapori o i peccati personali scandalizzino e disperdano il gregge. «E questa pedagogia di recupero», prosegue il Santo Padre, «è articolata in tre passaggi. In primo luogo dice: “Ammoniscilo fra te e lui solo” (Mt 18,15), cioè non mettere in piazza il suo peccato. Si tratta di andare dal fratello con discrezione, non per giudicarlo ma per aiutarlo a rendersi conto di quello che ha fatto», senza che il peccato divenga immediatamente di dominio pubblico. Non è facile: «c’è il timore che il fratello o la sorella reagisca male; a volte manca la confidenza sufficiente con lui o con lei… E altri motivi. Ma tutte le volte che noi abbiamo fatto questo, abbiamo sentito che era proprio la strada del Signore».
«Tuttavia, può avvenire che, malgrado le mie buone intenzioni, il primo intervento fallisca. In questo caso è bene non desistere», ma trattare la questione tra persone fidate (il Vangelo, sulla scorta della legge mosaica, ne prescrive 2-3). Neanche questo, però, è garanzia di successo: «in effetti, anche l’amore di due o tre fratelli può essere insufficiente, perché quello o quella sono testardi. In questo caso – aggiunge Gesù –, “dillo alla comunità” (Mt 18,17), cioè alla Chiesa», perché «in alcune situazioni tutta la comunità viene coinvolta. Ci sono cose che non possono lasciare indifferenti gli altri fratelli: occorre un amore più grande per recuperare il fratello. Ma a volte anche questo può non bastare. E dice Gesù: “E se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano” (ibid.)», frase che è stata spesso interpretata come l’istituzione della pena canonica della scomunica. Secondo il Pontefice «questa espressione, in apparenza così sprezzante, in realtà invita a rimettere il fratello nelle mani di Dio: solo il Padre potrà mostrare un amore più grande di quello di tutti i fratelli messi insieme». Le stesse pene canoniche hanno lo scopo di far comprendere al reo il suo errore e indurlo a tornare all’ovile dopo essere passato per l’assoluzione sacramentale.
Ciò che va proprio evitato, secondo il Papa, è quello che chiama «chiacchiericcio»: «il grande chiacchierone è il diavolo, che sempre va dicendo le cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fratelli e non fare comunità. Per favore, fratelli e sorelle, facciamo uno sforzo per non chiacchierare», per non sparlare l’uno dell’altro. Stando alle anticipazioni giornalistiche, la sottolineatura della fratellanza umana sarebbe centrale anche nella nuova enciclica sociale Fratelli tutti, che il Santo Padre intende promulgare ad Assisi il prossimo 3 ottobre sulla tomba di san Francesco d’Assisi (1182-1226).
Lunedì, 7 settembre 2020