Il Bambino Gesù ci insegna la tenacia della fede, la carità del dialogo, la progettualità nel bene
di Michele Brambilla
Il 25 dicembre 2021 Papa Francesco può finalmente affacciarsi dalla loggia centrale della basilica di S. Pietro per impartire la benedizione Urbi et Orbi. Un segno di normalità in un Natale ancora segnato dalla pandemia, come ricorda lo stesso Pontefice.
Risuona per tutti l’annuncio della nascita di Cristo: «la Parola di Dio, che ha creato il mondo e dà senso alla storia e al cammino dell’uomo, si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi. È apparsa come un sussurro, come il mormorio di una brezza leggera, per colmare di stupore il cuore di ogni uomo e donna che si apre al mistero». Precisamente, «il Verbo si è fatto carne per dialogare con noi. Dio non vuole fare un monologo, ma un dialogo. Perché Dio stesso, Padre e Figlio e Spirito Santo, è dialogo, eterna e infinita comunione d’amore e di vita».
Chiede il Santo Padre: «sorelle, fratelli, “che cosa sarebbe il mondo senza il dialogo paziente di tante persone generose che hanno tenuto unite famiglie e comunità?” (Enc. Fratelli tutti, 198). In questo tempo di pandemia ce ne rendiamo conto ancora di più. La nostra capacità di relazioni sociali è messa a dura prova; si rafforza la tendenza a chiudersi, a fare da sé, a rinunciare ad uscire, a incontrarsi, a fare le cose insieme. E anche a livello internazionale c’è il rischio di non voler dialogare, il rischio che la crisi complessa induca a scegliere scorciatoie piuttosto che le strade più lunghe del dialogo». Il Papa cita diverse aree di crisi: «pensiamo al popolo siriano, che vive da oltre un decennio una guerra che ha provocato molte vittime e un numero incalcolabile di profughi. Guardiamo all’Iraq, che fatica ancora a rialzarsi dopo un lungo conflitto. Ascoltiamo il grido dei bambini che si leva dallo Yemen, dove un’immane tragedia, dimenticata da tutti, da anni si sta consumando in silenzio». Il silenzio della comunità internazionale perdura anche sul Libano, di cui Francesco descrive la profondità della crisi, e sul Myanmar, dove il regime militare di ispirazione marxista colpisce duramente le chiese, dove cercano rifugio gli oppositori del regime.
Dopo una breve panoramica dei dolori dell’Africa, sale al cielo la preghiera: «Principe della Pace, assisti l’Etiopia nel ritrovare la via della riconciliazione e della pace attraverso un confronto sincero che metta al primo posto le esigenze della popolazione». Ma il Papa pensa anche alla tragedia dei civili afghani, che non trovano pace dopo più di 40 anni di guerra.
Allargando ulteriormente lo sguardo, si invoca: «Figlio di Dio, conforta le vittime della violenza nei confronti delle donne che dilaga in questo tempo di pandemia. Offri speranza ai bambini e agli adolescenti fatti oggetto di bullismo e di abusi. Da’ consolazione e affetto agli anziani, soprattutto a quelli più soli. Dona serenità e unità alle famiglie, luogo primario dell’educazione e base del tessuto sociale». La pandemia non deve rendere gli uomini più egoisti di prima: «Dio-con-noi, concedi salute ai malati e ispira tutte le persone di buona volontà a trovare le soluzioni più idonee per superare la crisi sanitaria e le sue conseguenze. Rendi i cuori generosi, per far giungere le cure necessarie, specialmente i vaccini, alle popolazioni più bisognose. Ricompensa tutti coloro che mostrano attenzione e dedizione nel prendersi cura dei familiari, degli ammalati e dei più deboli», minacciati soprattutto nel “progredito” Occidente.
Il Papa prende posizione anche di fronte alla guerra culturale che attanaglia gli Stati Uniti e deborda in tutto il mondo anglosassone: «fa’ che prevalgano nei cuori dei popoli del continente americano i valori della solidarietà, della riconciliazione e della pacifica convivenza, attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e il riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutti gli esseri umani», a qualunque gruppo etnico-religioso appartengano.
«Verbo eterno che ti sei fatto carne, rendici premurosi verso la nostra casa comune, anch’essa sofferente per l’incuria con cui spesso la trattiamo, e sprona le autorità politiche a trovare accordi efficaci perché le prossime generazioni possano vivere in un ambiente rispettoso della vita» in ogni sua forma.
«Cari fratelli e sorelle», riassume il Pontefice: «tante sono le difficoltà del nostro tempo, ma più forte è la speranza, perché “un bambino è nato per noi” (Is 9,5). Lui è la Parola di Dio e si è fatto in-fante, capace solo di vagire e bisognoso di tutto. Ha voluto imparare a parlare, come ogni bambino, perché noi imparassimo ad ascoltare Dio, nostro Padre, ad ascoltarci tra noi e a dialogare come fratelli e sorelle. O Cristo, nato per noi, insegnaci a camminare con Te sui sentieri della pace». Oggi, più che mai, c’è bisogno della Speranza che è Gesù.
Lunedì, 27 dicembre 2021