I figli della luce devono imitare le strategie con le quali la Rivoluzione mantiene la sua egemonia culturale. In particolare, bisogna creare ambienti in cui si coltivi una sana “amicizia sociale”
di Michele Brambilla
Papa Francesco evidenzia, nel discorso per l’Angelus del 18 settembre, «la parabola che il Vangelo della liturgia odierna ci presenta (cfr Lc 16,1-13)», ovvero quella, per noi “stranissima”, dell’amministratore disonesto. A Gesù serve per denunciare che, purtroppo, «i figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce»: quanto è vero! «Capita cioè che, chi si muove nelle tenebre, secondo certi criteri mondani, sa cavarsela anche in mezzo ai guai, sa essere più furbo degli altri; invece, i discepoli di Gesù, cioè noi, a volte siamo addormentati, oppure siamo ingenui, non sappiamo prendere l’iniziativa per cercare vie d’uscita nelle difficoltà», per non parlare della moltiplicazione delle rivalità interne al mondo cattolico, innescate molto spesso dai cedimenti alla mentalità mondana. «Per esempio, penso ai momenti di crisi personale, sociale, ma anche ecclesiale: a volte ci lasciamo vincere dallo scoraggiamento, o cadiamo nella lamentela e nel vittimismo. Invece – dice Gesù – si potrebbe anche essere scaltri secondo il Vangelo, essere svegli e attenti per discernere la realtà, essere creativi per cercare soluzioni buone, per noi e per gli altri», suggerisce il Papa.
In cosa consiste la furbizia dell’amministratore della parabola? «Egli decide di fare uno sconto a quelli che sono in debito, e così se li fa amici, sperando che possano aiutarlo quando il padrone lo caccerà. Prima accumulava le ricchezze per sé stesso, adesso le usa per farsi degli amici che possano aiutarlo in futuro», osserva il Pontefice. «Ecco allora l’invito di Gesù: non usate i beni di questo mondo solo per voi stessi e per il vostro egoismo, ma servitevene per generare amicizie, per creare relazioni buone, per agire nella carità, per promuovere la fraternità ed esercitare la cura verso i più deboli», insomma per creare un ambiente in cui sia più facile salvarsi eternamente tutti assieme.
Gesù non intendeva di certo incoraggiare la corruzione, che esiste e va condannata, «ma a noi cristiani non è permesso scoraggiarci o, ancora peggio, lasciar correre, restare indifferenti. Al contrario, siamo chiamati ad essere creativi nel fare il bene, con la prudenza e la scaltrezza del Vangelo, usando i beni di questo mondo – non solo quelli materiali, ma tutti i doni che abbiamo ricevuto dal Signore – non per arricchire noi stessi, ma per generare amore fraterno e amicizia sociale». Il Santo Padre ribadisce che «questo è molto importante: con il nostro atteggiamento generare amicizia sociale» di fronte ad un mondo postmoderno che disarticola i legami.
Tra le tante difficoltà che i cristiani incontrano nel mondo c’è il risveglio del conflitto tra Armenia e Azerbaigian: «esprimo la mia spirituale vicinanza alle famiglie delle vittime, ed esorto le parti a rispettare il cessate-il-fuoco, in vista di un accordo di pace», senza dimenticare l’Ucraina.
Un pensiero va anche alla Valle del Misa, flagellata dall’alluvione del 15-16 settembre: «desidero assicurare la mia preghiera per le popolazioni delle Marche colpite da una violenta inondazione. Prego per i defunti e per i loro familiari, per i feriti e per chi ha subito gravi danni. Il Signore dia forza a quelle comunità». Come scrive anche il vescovo di Senigallia, mons. Franco Manenti, nel suo comunicato per la tragedia, è giunto davvero il momento di dimostrare cosa significhi fare fronte unito per il bene.
Lunedì, 19 settembre 2022