Le donne, e le monache in particolare, hanno dato un contributo fondamentale alla bellezza e alla cultura della cristianità nascente, grazie al culto della Vergine Maria, che porta una nuova visione della donna nella società.
di Susanna Manzin
Nel monastero femminile di Saint-Jean ad Arles le monache pregano e studiano. Non c’è differenza tra nobili e plebee, la regola dettata loro da San Cesario (470 – 543) è molto chiara in proposito: tutte devono imparare a leggere e scrivere e ogni mattina devono dedicare due ore alla lettura e allo studio. Sono colte e raffinate, a differenza degli uomini che, come testimoniano le cronache, erano ancora piuttosto rozzi e incivili. Il poeta Venanzio Fortunato (530-607) descrive anche coloro che nella società del tempo occupano posizioni di leadership come «incapaci di capire la differenza tra un rumore rauco e una voce armoniosa, o di distinguere il canto del cigno dal grido dell’oca». Nei banchetti cerca di declamare i suoi versi «mentre il mio uditorio, seduto, con coppe d’acero in mano, faceva brindisi su brindisi e snocciolava mille scemenze». Siamo nel VI secolo, la Gallia è diventata il Regno cattolico dei Franchi grazie alla conversione di Clodoveo (466-511), ma la raffinatezza culturale con tutta evidenza non ha ancora conquistato questi popoli barbari. A conferma del ruolo importante che le donne avevano in quei tempi difficili, ricordiamo che la conversione del Re è stata propiziata dalla moglie, la regina Clotilde, che era devota figlia spirituale di San Remigio di Reims (437-533).
La storia di Venanzio Fortunato è molto interessante: nato in Valdobbiadene, è cresciuto intriso di cultura antica, conosce i classici, la poesia di Virgilio e Ovidio, che coltiva con passione resistendo alla crisi culturale e sociale della sua epoca. Nel 565 rischia la cecità e intraprende un pellegrinaggio fino alla tomba di San Martino a Tour, dove riceve la grazia della guarigione. Rimasto in quelle terre, per vivere compone poesie per ricorrenze, matrimoni, consolazioni per i lutti, così come si usava nelle corti. Ma dai nobili e dai guerrieri di quei castelli non ha alcuna soddisfazione intellettuale. Trova invece un interessante dialogo culturale con i vescovi e con le monache, in particolare con Agnese, badessa del monastero di Sainte-Croix di Poitiers, e con Radegonda, entrata nel medesimo convento dopo la morte del marito Re Clotario I. Venanzio indirizza alle religiose delle poesie cortesi intrise di ammirazione, amore, rispetto. La storica francese Regine Pernoud nel suo libro “La donna al tempo delle cattedrali” (Rizzoli, 1982) fa notare: «quanto questi nuovi sentimenti debbano al culto della Vergine – tanto importante nei primi cinque secoli cristiani – che porta ad una visione inedita della donna, destinata a sbocciare nei tempi feudali. In altri termini in questa abbazia di Sainte-Croix si può vedere un primo abbozzo di quello che sarà nella poesia cortese l’ideale della donna, e nella regina Radegonda la prima di quelle dame che ispirando la poesia hanno influito sul loro tempo e l’hanno intriso di una nuova dolcezza». E’ significativo ricordare a questo proposito anche la sorella di Carlo Magno, Gisella (757-810), badessa del convento di Chelles, nel Nord della Francia, una donna molto colta, che collabora attivamente col dotto Alcuino (735-804), il fondatore della Scuola Palatina, che le ha dedicato alcune sue opere.
Questi monasteri femminili sono centri di cultura dove si coltivano la bellezza, l’armonia, le arti figurative, la letteratura: le monache compongono poesie e racconti che leggono alle compagne e si dedicano anche al teatro, considerato un mezzo di formazione ed educazione. Venanzio Fortunato, divenuto sacerdote e poi vescovo, mette a frutto il suo talento poetico per scrivere canti liturgici e dietro richiesta di Agnese e Radegonda compone il Vexilla Regis prodeunt e il Pange lingua (che sarà di ispirazione a San Tommaso d’Aquino per il suo omonimo componimento), che continuano ad echeggiare nelle nostre chiese e ancora animano le liturgie tradizionali della Chiesa cattolica. Quando le intoniamo durante un’Adorazione eucaristica o il Venerdì Santo, pensiamo anche a quelle donne del VI secolo che nelle loro abbazie studiavano, pregavano e con la loro raffinatezza, grazia ed educazione hanno dato un contributo fondamentale alla bellezza e alla cultura della cristianità nascente.
Sabato, 25 maggio 2024