Il ponte unisce e divide, supera corsi d’acqua e abissi, condensando la paura dell’ignoto e la possibilità di addentrarvisi, e simboleggiando al contempo il passaggio decisivo di ogni esistenza.
di Stefano Chiappalone
«Calano lenti, dal nord e dall’oriente / al Ponte Tremolante della Via dei Franchi», canta Giovanni Lindo Ferretti in Pons tremolans, che poi sarebbe Pontremoli, località della Lunigiana ben nota a molti lettori di questa rubrica. «Passa il tempo, come acqua sotto il ponte / Un’alluvione di tanto in tanto / Un’alluvione di tanto in tanto / Ma il ponte è stabile, io tremolante». Saranno i toni ancestrali e la voce arcaica di Ferretti, ma questi pochi versi proiettano una visione della realtà ben diversa, più affascinante – e non meno rischiosa – dei nostri asettici passaggi in mezzo al traffico, totalmente dimentichi di come, nel corso dei millenni, un’infrastruttura apparentemente banale abbia permesso di varcare confini e superare abissi. Alcuni di essi continuano la loro vita plurisecolare, mostrandosi forse tremolanti ma straordinariamente meno effimeri di certe moderne costruzioni la cui gloria ingegneristica nel giro di pochi decenni si è dissolta in rovinosi e tragici crolli.
Alla nostra ristretta vista dall’interno dell’abitacolo – rispetto al cammino a piedi o a cavallo, la cui maggior fatica è compensata però da una maggiore apertura visiva – si aggiunga pure l’abitudine ai cavalcavia, più che ai ponti. In altre parole, percorriamo un’infrastruttura che a sua volta oltrepassa un’altra infrastruttura, cioè la strada sottostante, invece che un fiume: artificiale su artificiale. Il ponte vero e proprio, alla propria struttura apparentemente pericolante aggiunge un altro pericolo: sotto di esso non passa una strada ma un corso d’acqua che potrebbe persino inghiottire il viandante, in perenne equilibrio tra il timore del mistero (il fiume) e la possibilità di addentrarvisi (il ponte), tra il pericolo sempre in agguato e la capacità di superarlo, sempre che l’opera dell’uomo non venga nuovamente travolta dalla natura.
Il ponte segna confini e li attenua, divide e unisce, permettendo così a quelli “di qua” di incontrare “quelli di là” dall’acqua, magari per litigare faccia a faccia tra un quartiere e quello rivale. L’ultimo sabato di giugno a Pisa, sul Ponte di Mezzo si fronteggiano gli abitanti di Mezzogiorno e Tramontana, che riuniscono rispettivamente i quartieri di qua e di là dall’Arno: è il tradizionale Gioco del Ponte. A Praga il Ponte Carlo unisce la Città Vecchia al quartiere di Malá Strana; decine di statue di santi proteggono quanti lo percorrono, riassumendo nel loro susseguirsi l’identità boema. Ai ponti sono legati eventi storici e richiami simbolici. Nella Città Eterna, molto prima che i fan dello scrittore Federico Moccia lo riempissero di “lucchetti dell’amore”, al Ponte Milvio era legata la storica – e forse anche soprannaturale – vittoria di Costantino (274-337) sul rivale Massenzio (278-312).
Un ponte non è nulla di più né di meno di un passaggio. Ma vi è sottesa l’allusione a un passaggio ben più fatidico del mero pericolo naturale, esemplificato dal Ponte della Spada che compare nel ciclo arturiano. Chretien de Troyes (1135-1190) descrive la prova di Lancillotto che affronta il duplice rischio di annegare, in caso di caduta, e di ferirsi a morte con la lama affilata sulla quale deve superare il fiume. All’incirca nella stessa epoca San Galgano Guidotti da Chiusdino (1148 ca.-1181), in sogno, si trova a seguire l’arcangelo Michele «[…] insino a un fiume, sopra el quale era un ponte el quale era molto longo e senza grandissima fadigha non si poteva passare […]» (Franco Cardini, San Galgano e la spada nella roccia, Cantagalli, Siena 2000, pp. 130-131). Come la rotonda, la spada e altri elementi dell’agiografia galganiana, il ponte, specie se periglioso – spiega lo storico Franco Cardini – ha valenza archetipica: «Il ponte è lo strumento che permette, come il vento divino che ha respinto le acque del Mar Rosso dinanzi agli ebrei di Mosé, di passare le acque senza bagnarsi. D’altra parte, appunto questo suo statuto di “luogo di passaggio” fa del ponte un oggetto, uno strumento e un itinerario “pericolosi”» (ibid., pp. 80-81), e allude niente di meno che al passaggio definitivo, tra il mondo dei vivi e quello dei morti, simboleggiando la vicenda terrena di ogni uomo, ben più «tremolans» di qualsiasi ponte.
Sabato, 21 maggio 2022