«Dico sul serio», aggiunge il Papa, inorridito dai fatti di questa settimana, specialmente in Afghanistan
di Michele Brambilla
«Il Vangelo della liturgia di oggi», spiega Papa Francesco nell’introduzione all’Angelus del 29 agosto, «mostra alcuni scribi e farisei stupiti dall’atteggiamento di Gesù. Sono scandalizzati perché i suoi discepoli prendono cibo senza compiere prima le tradizionali abluzioni rituali». «Anche noi», continua il Papa, «potremmo chiederci: perché Gesù e i suoi discepoli trascurano queste tradizioni? In fondo non sono cose cattive, ma buone abitudini rituali, semplici lavaggi prima di prendere cibo. Perché Gesù non ci bada? Perché per Lui», insiste, «è importante riportare la fede al suo centro. Nel Vangelo lo vediamo continuamente: questo riportare la fede al centro. Ed evitare un rischio, che vale per quegli scribi come per noi: osservare formalità esterne mettendo in secondo piano il cuore della fede. Anche noi tante volte ci “trucchiamo” l’anima. La formalità esterna e non il cuore della fede: questo è un rischio. È il rischio di una religiosità dell’apparenza: apparire per bene fuori, trascurando di purificare il cuore», sede per gli Ebrei di tutte le facoltà umane.
«Infatti, subito dopo, richiama la folla per dire una grande verità: “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro” (Mc 7,15). Invece, è “dal di dentro, dal cuore” (Mc 7,21) che nascono le cose cattive. Queste parole sono rivoluzionarie, perché nella mentalità di allora si pensava che certi cibi o contatti esterni rendessero impuri», ma è così anche oggi, quando la forma prende il posto della sostanza. «Spesso pensiamo che il male provenga soprattutto da fuori: dai comportamenti altrui, da chi pensa male di noi, dalla società. Quante volte incolpiamo gli altri, la società, il mondo, per tutto quello che ci accade! È sempre colpa degli “altri”: è colpa della gente, di chi governa, della sfortuna, e così via. Sembra che i problemi arrivino sempre da fuori. E passiamo il tempo a distribuire colpe», ma così «si diventa arrabbiati, acidi e si tiene Dio lontano dal cuore. Come quelle persone del Vangelo, che si lamentano, si scandalizzano, fanno polemica e non accolgono Gesù. Non si può essere veramente religiosi nella lamentela: la lamentela avvelena, ti porta alla rabbia, al risentimento e alla tristezza, quella del cuore, che chiude le porte a Dio».
La soluzione? «Domandiamo nella preghiera la grazia di non sprecare tempo a inquinare il mondo di lamentele, perché questo non è cristiano. Gesù ci invita piuttosto a guardare la vita e il mondo a partire dal nostro cuore. Se ci guardiamo dentro, troveremo quasi tutto quello che detestiamo fuori. E se, con sincerità, chiederemo a Dio di purificarci il cuore, allora sì che cominceremo a rendere più pulito il mondo».
Un mondo sempre più travagliato: «seguo con grande preoccupazione la situazione in Afghanistan, e partecipo alla sofferenza di quanti piangono per le persone che hanno perso la vita negli attacchi suicidi avvenuti giovedì scorso, e di coloro che cercano aiuto e protezione». Accanto alla solidarietà materiale, il Papa ritiene che si debba ricorrere ad “armi” più profonde: «in momenti storici come questo non possiamo rimanere indifferenti, la storia della Chiesa ce lo insegna. Come cristiani questa situazione ci impegna. Per questo rivolgo un appello, a tutti, a intensificare la preghiera e a praticare il digiuno. Preghiera e digiuno, preghiera e penitenza. Questo è il momento di farlo. Sto parlando sul serio», soggiunge con molta compunzione. Certi demoni si scacciano solo così (Mt 17,21).
Lunedì, 30 agosto 2021