Due celebri artisti dipingono la Natività con un dettaglio apparentemente fuori posto: un crocifisso. Ma l’anacronismo è solo apparente. Betlemme e Gerusalemme in fondo sono vicinissime, nel tempo, nello spazio, e nell’esistenza umana.
di Stefano Chiappalone
Che cattivo gusto, Lorenzo Lotto (1480-1557) e Roger van der Weyden (1399-1464)! Il veneto e il fiammingo sono entrambi autori di raffigurazioni della Natività in cui compare un dettaglio apparentemente fuori posto: un crocifisso appeso alle pareti!
Parliamo dell’Adorazione del Bambino di Lotto e del pannello centrale (l’Adorazione dei Magi) del Trittico di Santa Colomba di van der Weyden. Non a caso le due opere finiscono spesso nel mirino dei creatori di meme con l’ironica scritta: «Spoiler». Costoro finiscono, inconsapevolmente, per aver ragione.
Ora non è che due artisti di chiara fama come Lotto e van der Weyden fossero così maldestri da dipingere un crocifisso simile a quelli presenti nelle case senza ricordare che, essendo appena nato, non poteva essere al contempo appena morto. Un imperdonabile anacronismo oltre che un’indelicatezza pari soltanto a quella di chi gode a rovinare i festeggiamenti altrui.
Al contrario, i due artisti volevano ricordarci proprio che si tratta della stessa Persona. Discorso così scontato da passare sovente inosservato, specie in tempi di desemantizzazione delle feste ridotte a periodi di vacanza prive di specifici connotati religiosi. E non solo è la stessa Persona, ma pure i due eventi sono così collegati da essere il primo (la Natività) in funzione del secondo (la Crocifissione, che naturalmente a sua volta è funzionale alla Risurrezione).
Se nel caso di Lotto e van der Weyden lo “spoiler” è esplicito, la storia dell’arte è disseminata di raffigurazioni del Bambino che includono accenni alla Passione: elementi il cui colore rosso rinvia al Sangue, come il corallo che pende dal collo del neonato dormiente nella Pala di Brera di Piero della Francesca (1412-1492); a quell’altro esempio di “cattivo gusto” che è la Madonna del Belvedere di Raffaello Sanzio (1483-1520), dove il piccolo Battista porge al divino cuginetto nientemeno che una crocetta, strumento del futuro martirio.
In fondo i padri della Chiesa riconoscevano un’identità tra i teli del sepolcro e le fasce del presepio, che si riscontra già nelle analoghe espressioni usate dall’evangelista Luca per la prima deposizione (quella del Bambino nella mangiatoia) e per la seconda deposizione (quella del Crocifisso nella tomba): «et pannis eum involvit et reclinavit eum in praesepio» (2,7); «et depositum involvit sindone et posuit eum in monumento» (23,53). E cos’altro è la mirra (uno dei tre doni recati dai Magi) se non un presagio della sepoltura?
Insomma, va a finire che prima o poi ci si accorga dell’identità tra il Protagonista dell’evento lieto e di quello tragico. Curiosamente in luogo pubblico si tollerano molti più presepi che crocifissi: in fin dei conti il “pupo” fa tenerezza finché non ci si accorge che è lo stesso che attenta alla laïcité (ma non lo avevamo riconosciuto, come accade quando vediamo le foto di conoscenti da bambini). Ed era stato sempre lui, appena nato, ad attentare al regno di Erode. Ora, da qualche anno, si denatalizza il Natale eliminando la Natività da auguri e recite scolastiche e iniziando in qualche caso a bandire i presepi.
Se ne accorse anche qualcun altro ben presto e poi ripetutamente nel corso della storia, come ricorda il calendario liturgico che è intriso di sangue proprio nei giorni successivi al Natale. Si comincia il 26 dicembre con Stefano il Protomartire, cioè il primo a versare il sangue per Cristo (il primo dopo la Redenzione, poiché il cugino Giovanni Battista ci aveva già rimesso la testa da un pezzo); neanche due giorni e il 28 si ricordano i Santi Innocenti, cioè proprio i bambini uccisi da Erode che sperava di far fuori anzitempo anche Cristo; e il 29 ricorre la memoria di San Thomas Becket, vescovo e… martire, ucciso nel 1170, uno tra le miriadi di miriadi che in duemila anni ci hanno (umanamente) rimesso. Insomma, un Natale di sangue!
Tutte implicazioni da tener presenti ogni volta che ci si commuove davanti al presepio. Del resto, Betlemme e Gerusalemme distano appena una trentina d’anni e meno di 10 km. Una distanza minima separa la culla e il Calvario. Anche nell’esistenza umana.
Sabato, 24 dicembre 2022