Di Giacomo Gambassi da Avvenire del 03/03/2024
Il nome della chiesa è quasi una provocazione per l’esercito russo che dal febbraio 2022 occupa la zona. Si chiama “Tutti i santi della terra ucraina” e si trova Kalanchak, cittadina del sud dell’Ucraina, che è stata una delle prime a essere invase nella regione di Kherson. Guidava la parrocchia padre Stepan Podolchak, prete della Chiesa ortodossa dell’Ucraina che nel 2018 si è stacca da quella di matrice russa presente nel Paese. Il sacerdote è stato torturato e ucciso dai militari di Putin perché «non aveva accettato di passare al patriarcato di Mosca nonostante le richieste dei servizi di sicurezza russi», ha ricostruito Kiev. Era lo scorso 13 febbraio. «Trascinato fuori dalla canonica a piedi nudi, gli è stato messo un sacchetto in testa». Due giorni dopo «è stato chiesto a sua moglie di identificare il corpo». È morto a poche ore dall’appello dell’eparchia di Kherson al Parlamento ucraino in cui si denunciava la repressione dei fedeli nella parte dell’oblast conquistata dal Cremlino.
Padre Podolchak è uno dei cinque sacerdoti uccisi nei territori strappati all’Ucraina nei due anni di guerra. Aree pari a un quinto del Paese e segnate dalle persecuzioni religiose. Otto sono i preti fatti prigionieri o rapiti, secondo il dossier “La fede sotto le bombe”: fra loro anche i padri redentoristi greco-cattolici Ivan Levytskyi e Bohdan Geleta, in cella dal novembre 2022 dopo essere stati arrestati a Berdyansk, nel segmento occupato dell’oblast di Zaporizhzhia. E trenta sono i ministri costretti a lasciare le località dove svolgevano la loro missione o che «sono stati espulsi con la forza», spiega il report curato da Mission Eurasia, rete evangelica impegnata negli Stati dell’ex Urss. Fra gli ultimi preti cattolici cacciati c’è don Oleksandr Bogomaz che da parroco della Melitopol in mano russa si è trovato ad affrontare blitz in chiesa, a essere sottoposto a interrogatori in caserma, a essere indotto alla delazione.
Tutte le denominazioni religiose sono finite nel mirino russo. A eccezione di una: la Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca. Si assiste a un «odio verso le minoranze di credenti», evidenzia Mission Eurasia, perché «tentano di mantenere la propria identità e non si sottomettono all’ideologia del “mondo russo”». Vale per la Chiesa greco-cattolica accusata non solo di aver «fornito assistenza umanitaria» alla gente ma anche di usare la lingua ucraina nelle celebrazioni. O vale per la comunità musulmana che, fa sapere il muftì Ayder Rustemov, «è sempre più sotto pressione e perseguitata in Crimea». O vale per la Chiesa ortodossa dell’Ucraina che, dichiara il metropolita Epifanij, «aveva oltre 50 comunità attive in Crimea e dopo dieci anni d’occupazione non ce n’è più una».
Secondo Mission Eurasia, si è assistito a un giro di vite in tre fasi. Nei primi mesi di invasione le truppe di Putin hanno «ignorato le comunità religiose». Poi i governanti russi hanno intensificato le «minacce» verso i ministri di culto e i fedeli che «si rifiutavano di collaborare». Dalla fine del 2022 sono scattati i «sequestri degli edifici ecclesiastici», «il divieto di momenti di preghiera», «gli arresti». Una repressione che ha fatto leva sulla legge Yarovaya approvata dalla Duma nel 2016 con cui si può accusare chiunque di estremismo. Compreso il clero. C’è chi è stato incarcerato per «essersi rifiutato di pregare per la vittoria russa»; chi per non avere concesso la parrocchia per i seggi del referendum di annessione; chi per non aver riconosciuto i risultati delle pseudo-elezioni; chi per le false prove fabbricate dagli 007 di Putin.
Di fatto la sola Chiesa “tutelata” e rimasta è quella ortodossa russa. Stando al Centro della resistenza ucraina, sono stati inviati nei territori occupati sacerdoti “distaccati” dal patriarcato di Mosca che «vengono impiegati anche in attività di intelligence». E la Chiesa moscovita ha già istituito 9 nuove diocesi nell’Ucraina “sottratta”, dalla Crimea al Donbass: l’ultima è quella di Skadovsk, nella regione di Kherson. E a tutto il clero della Chiesa ortodossa ucraina – che affonda le sue radici in Russia ma che si dichiara indipendente – è stato imposto di aderire. Senza alcuna protesta dei vertici ecclesiali a Kiev, sostengono i media e le altre comunità religiose.