di Michele Brambilla
Come la settimana precedente per il viaggio a Panama in occasione della Gionata Mondiale della Gioventù, anche mercoledì 6 febbraio l’Udienza generale del mercoledì ha tirato le somme del viaggio apostolico appena svoltosi dal 3 al 5 febbraio: «Nei giorni scorsi ho compiuto un breve Viaggio Apostolico negli Emirati Arabi Uniti. Un viaggio breve ma molto importante che […] ha scritto una nuova pagina nella storia del dialogo tra Cristianesimo e Islam e nell’impegno di promuovere la pace nel mondo sulla base della fratellanza umana», se non altro perché ha permesso la celebrazione della prima Messa pubblica all’aperto nella penisola arabica dal secolo VII, e per giunta una Messa papale.
«Per la prima volta un Papa si è recato», ha rimarcato il Pontefice, «nella penisola arabica. E la Provvidenza ha voluto che sia stato un Papa di nome Francesco, 800 anni dopo la visita di san Francesco di Assisi (1182-1226) al sultano al-Malik al-Kamil (1180-1238)» durante la V Crociata (1218-21). Il Santo padre ha quindi aggiunto: «Ho pensato spesso a san Francesco durante questo viaggio: mi aiutava a tenere nel cuore il Vangelo, l’amore di Gesù Cristo, mentre vivevo i vari momenti della visita; nel mio cuore c’era il Vangelo di Cristo, la preghiera al Padre per tutti i suoi figli, specialmente per i più poveri, per le vittime delle ingiustizie, delle guerre, della miseria…; la preghiera perché il dialogo tra il Cristianesimo e l’Islam sia fattore decisivo per la pace nel mondo di oggi», segnato in molti luoghi dalla presenza di un feroce terrorismo islamico.
I ringraziamenti vanno certamente al «[…] Principe Ereditario, il Presidente, il Vice Presidente e tutte le Autorità degli Emirati Arabi Uniti, che mi hanno accolto con grande cortesia» e lo hanno invitato a prendere parte al congresso interreligioso che si stava tenendo ad Abu Dhabi, dove il 2019 è l’Anno della Tolleranza. «Viva riconoscenza esprimo», però, anche «al Vescovo Paul Hinder, Vicario Apostolico dell’Arabia del Sud, che ha preparato e organizzato l’evento per la comunità cattolica, e il mio “grazie” si estende con affetto ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici che animano la presenza cristiana in quella terra». Il Papa è stato particolarmente grato di aver «[…] avuto l’opportunità di salutare il primo sacerdote – novantenne – che era andato lì a fondare tante comunità. É sulla sedia a rotelle, cieco, ma il sorriso non cade dalle sue labbra, il sorriso di aver servito il Signore e di aver fatto tanto bene. Ho salutato anche un altro sacerdote novantenne – ma questo camminava e continua a lavorare. Bravo!».
È di questi sacerdoti instancabili e di questi apostoli altrettanto coraggiosi che la Chiesa ha bisogno oggi, a ogni latitudine. La Chiesa giovane di Abu Dhabi è un modello per tutte le diocesi cattoliche del mondo non soltanto dal punto di vista del dialogo interreligioso (che Papa Francesco vuole ruoti attorno ai «[…] valori comuni: la vita, la famiglia, il senso religioso, l’onore per gli anziani, l’educazione dei giovani», condivisi da tutti gli uomini perché iscritti nella legge naturale), ma soprattutto perché è cosciente di essere una delle «[…] “sorprese” di Dio». Chi mai infatti si sarebbe aspettato di veder sorgere a così poca distanza dalla Mecca, città categoricamente vietata agli “infedeli”, una comunità cattolica tanto dinamica? Il Papa ne ripete ancora, stupito, i numeri: «Erano moltissimi! Dicono che tra quanti erano dentro lo stadio, che ha capacità per 40 mila, e quanti erano davanti agli schermi fuori dello stadio, si arrivava a 150 mila!».