di Michele Brambilla
Affacciandosi per l’Angelus di domenica 14 giugno, Papa Francesco ricorda anzitutto che «oggi, in Italia e in altre Nazioni, si celebra la solennità del Corpo e Sangue di Cristo, il Corpus Domini». Prendendo spunto dalla liturgia del giorno, il Papa spiega che «nella seconda Lettura della liturgia odierna, san Paolo risveglia la nostra fede in questo mistero di comunione (cfr 1Cor 10,16-17). Egli», infatti, «sottolinea due effetti del calice condiviso e del pane spezzato: l’effetto mistico e l’effetto comunitario».
Per quanto riguarda l’effetto mistico, «[…] l’Apostolo afferma: “Il calice della benedizione che noi benediciamo non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo?” (1Cor 10, 16). Queste parole esprimono l’effetto mistico o possiamo dire l’effetto spirituale dell’Eucaristia: esso riguarda l’unione con Cristo, che nel pane e nel vino si offre per la salvezza di tutti». L’effetto comunitario si radica in questa volontà di Gesù di donarsi a ogni uomo: «Gesù è presente nel sacramento dell’Eucaristia per essere il nostro nutrimento, per essere assimilato e diventare in noi quella forza rinnovatrice che ridona energia e ridona voglia di rimettersi in cammino, dopo ogni sosta o dopo ogni caduta. Ma questo richiede il nostro assenso, la nostra disponibilità a lasciar trasformare noi stessi, il nostro modo di pensare e di agire». Solo in questo modo i cristiani possono portare frutto secondo la nota similitudine evangelica della vite e dei tralci (cfr Gv 15, 5).
C’è, infatti, il rischio che la nostra “pianta” sia “malata”, come aveva ammonito il Pontefice nell’omelia pronunciata la mattina in San Pietro, durante la Messa: «il Signore sa che il male e i peccati non sono la nostra identità; sono malattie, infezioni. E viene a curarle con l’Eucaristia, che contiene gli anticorpi per la nostra memoria malata di negatività. Con Gesù possiamo immunizzarci dalla tristezza. Sempre avremo davanti agli occhi le nostre cadute, le fatiche, i problemi a casa e al lavoro, i sogni non realizzati. Ma il loro peso non ci schiaccerà perché, più in profondità, c’è Gesù che ci incoraggia col suo amore». Cristo guarisce soprattutto la memoria che abbiamo di noi stessi: «è essenziale ricordare il bene ricevuto: senza farne memoria diventiamo estranei a noi stessi, “passanti” dell’esistenza; senza memoria ci sradichiamo dal terreno che ci nutre e ci lasciamo portare via come foglie dal vento. Fare memoria invece è riannodarsi ai legami più forti, è sentirsi parte di una storia, è respirare con un popolo».
«Siamo», quindi, «comunità, nutriti dal corpo e dal sangue di Cristo. La comunione al corpo di Cristo», torna a dire ancora Francesco ai fedeli dell’Angelus, «è segno efficace di unità, di comunione, di condivisione. Non si può partecipare all’Eucaristia senza impegnarsi in una fraternità vicendevole, che sia sincera. Ma il Signore sa bene che le nostre sole forze umane non bastano per questo». Come ripete il Santo Padre, «è la Chiesa che fa l’Eucaristia» in quanto celebrazione liturgica, «ma è più fondamentale che l’Eucaristia fa la Chiesa, e le permette di essere la sua missione, prima ancora di compierla». La spinta missionaria viene proprio dal SS. Sacramento, che ci riempie della grazia traboccante del Risorto: «questo è il mistero della comunione, dell’Eucaristia: ricevere Gesù perché ci trasformi da dentro e ricevere Gesù perché faccia di noi l’unità e non la divisione».
Lunedì, 15 giugno 2020