Dopo la “legalizzazione” dell’aborto
RESISTENZA & REAZIONE
Consummatum est. Ciò che è stato da lungo tempo preparato e per lungo tempo voluto, è divenuto una tragica realtà: l’aborto, la possibilità di procurare l’aborto, a certe condizioni, è oggi contemplata dall’ordinamento giuridico italiano; e le condizioni sono comparse sulla Gazzetta Ufficiale.
L’illecito per eccellenza nei rapporti tra uomo e uomo, cioè l’uccisione dell’innocente più debole da parte di qualcuno più forte, è stato dichiarato «legale». E l’uomo naturale, l’uomo comune, quello, almeno, dotato di un residuo buon senso, scopre – non può non scoprire – che «lecito» e «legale» non sono termini equivalenti, fungibili. Si tratta di una sorta di illuminazione, di una scoperta «storica» che, se adeguatamente coltivata, può essere gravida di eccezionali conseguenze, prima culturali, poi sociali, e quindi politiche : come ogni conquista morale.
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La «legalizzazione» dell’omicidio ha visto colpita, professionalmente, la categoria dei medici, che sta reagendo bene e che rivela come lo spessore della resistenza civile alla barbarie abbia ancora – o abbia già – una consistenza non trascurabile, e quindi degna della massima considerazione. I medici, infatti – e con essi il personale infermieristico – si fanno contare, compilando volontariamente e quasi di proprio pugno le liste con cui saranno proscritti dalla pendente riforma sanitaria, in base alle quali saranno degradati nel futuro servizio sanitario nazionale. Come si vede, il coraggio non manca, ed è coraggio reale, non costruito dagli strumenti di comunicazione sociale: pochi uomini – decisi e qualificati – possono mettere in difficoltà lo Stato totalitario, ostacolando e facendo almeno parzialmente fallire la realizzazione dei suoi empi propositi.
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Mentre alla categoria dei medici la «legalizzazione» dell’aborto presenta – prima che ad altri – gravissimi problemi di coscienza e drammatiche alternative, la soluzione corretta, anche se rischiosa, di tali problemi e di tali alternative viene loro ricordata con rigore, puntualità e precisione dalle massime istanze della Chiesa italiana e di quella universale.
Non possiamo non prenderne atto con soddisfazione; non possiamo non plaudire al rigore, alla puntualità e alla precisione dell’intervento della autorità ecclesiastica; ma non possiamo neppure omettere di porci una serie di interrogativi, che vanno dall’ovvio all’angosciante. Per esempio, come mai tanta straordinaria precisione verso il medico – schiacciato tra il ricatto e la pressione statalistica e il gravame della coscienza – e, al contrario, tanta genericità e delicatezza verso il politico? Come non osservare che, in ultima analisi, il medico si trova a fronteggiare le conseguenze concrete di premesse, di cause legislative e quindi politiche che gli sfuggono in quanto medico, e sulle quali ha la incidenza di un cittadino qualsiasi, quella del voto? Come mai questo aggancio sicuro all’ultimo anello di una catena, la cui preparazione è avvenuta sotto gli occhi di tutti, senza richiami altrettanto puntuali? Di fronte al giusto richiamo alla scomunica, come non chiedersi se non esistono sanzioni canoniche, o almeno qualifiche morali, per chi ha firmato la legge? Perché ricordare la condanna per chi commette una colpa – non più un reato -, tenendo un determinato comportamento, e tacere di chi ha trasformato il reato in norma, o almeno in fattispecie non punibile? Come respingere il sospetto – carico di ulteriori complicazioni – che un medico cattolico sia un uomo qualunque, e un politico sedicente cristiano sia qualcosa di più? E ancora, più semplicemente: un intervento così preciso dell’autorità ecclesiastica sui politici, non avrebbe salvato tante vite e risparmiato tanti traumi?
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L’11 e il 12 giugno gli italiani sono stati chiamati a esprimere la loro volontà in due consultazioni referendarie promosse per abrogare la legge sul finanziamento pubblico dei partiti e quella sull’ordine pubblico, la cosiddetta legge Reale.
Il fronte della non-abrogazione, guidato dal governo rosso Andreotti-Berlinguer, ha vinto. Ma quale vittoria! Le indicazioni dei partiti sono state nella grande parte – o, almeno, per una grande parte – disattese, e l’elettorato intenzionato a respingere le sollecitazioni dei potenti ha rivelato una consistenza certo superiore a ogni previsione, anche se le difficoltà da superare per votare sì non erano poche, prima fra tutte la squalificazione, a diverso titolo, delle forze partitiche che hanno promosso o si sono schierate per la abrogazione delle leggi in questione.
Ma, evidentemente, l’italiano ha fatto buon viso a cattivo gioco e ha badato alla sostanza. Non ha creduto che l’alternativa fosse tra la coppia Andreotti-Berlinguer e la coppia Pannella-Pinto, tra la corte degli intrighi e dei tiranni e quella «dei miracoli» e degli emarginati «ufficiali», e quindi non ha perso l’occasione per tentare di liberarsi almeno da due catene delle tante che ostacolano la sua libertà e mortificano la sua responsabilità. La mossa non è riuscita, ma il gesto rimane, da interpretare e da ricordare: l’elettorato ha espresso un significativo dissenso dalla classe politica – da tutta la classe politica -, con punte, alla periferia, degne della massima attenzione, soprattutto da parte di chi non è digiuno della storia del Risorgimento.
Resistenza, dunque, e reazione promettenti sono tratti del panorama politico-sociale italiano di questi giorni. Ma resistenza e reazione sono, nel corpo sociale, i corrispondenti della buona disposizione e della buona intenzione sul piano individuale: non bastano! Devono infatti essere confermate da sani intendimenti e trasformate in volontà; e i sani intendimenti possono nascere solamente da buona dottrina. Per questo, ai cattolici italiani che resistono e reagiscono offriamo – per una loro sempre migliore qualificazione – un documento di eccezionale attualità: la lettera pastorale su La regalità di nostro Signore Gesù Cristo di S. E. Rev.ma mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos, in Brasile, e teologo nato in tutto il mondo per la sua straordinaria profondità ed erudizione. Pastore vigile e lottatore instancabile contro gli errori che minacciano il suo gregge, mons. Mayer ricorda la dottrina sociale della Chiesa su moltissimi argomenti di particolare attualità nel nostro paese. Per esempio, di quale tipo devono essere, secondo la dottrina cattolica, le relazioni tra la Chiesa e lo Stato? Quale ne è il punto focale? Cosa dicono i Padri della Chiesa, i Dottori e i Pontefici a proposito delle relazioni tra il potere spirituale e quello temporale? Quali responsabilità hanno, l’una verso l’altra, le due istituzioni? Quali i fedeli, nei confronti di entrambe? Quali conseguenze comportano l’indifferentismo e la neutralità dello Stato nei riguardi della religione cattolica, l’unica vera, e delle false confessioni religiose? Il laicismo della società attuale non costituisce forse uno dei fattori più importanti di disgregazione della civiltà contemporanea, cioè di quanto rimane della civiltà cristiana?
La chiave interpretativa di questa scottante tematica – e non vi è chi non ne veda i puntuali riferimenti alla condizione della nostra nazione – si trova nella dottrina della regalità effettiva di nostro Signore Gesù Cristo su tutto l’universo spirituale e materiale. Tutte le armoniche disuguaglianze che Dio ama e desidera esistano nella creazione, per riflettervi la sua immagine, formano come una immensa piramide, al cui vertice si trova il capolavoro di Dio, la più perfetta delle creature, Maria santissima: e al di sopra di lei sta il Verbo di Dio Incarnato, nostro Signore Gesù Cristo, re dell’universo.
Quanti sono gli uomini di Chiesa disposti a proclamare tale dottrina con la dovuta chiarezza e fermezza? Quali e quanti sono i cattolici pronti a battersi per la sua realizzazione anche storica?
Ogni resistenza, come dicevamo, è buona disposizione, ogni reazione è buona intenzione. Ai ben disposti e ai bene intenzionati offriamo l’unica dottrina che li può confermare e che può dare vigore e consistenza ai loro desideri, perché, con sacrifici e con l’aiuto del Signore, li traducano in consolanti realtà anche storiche.